Abbiamo già discusso dell’importanza che Dead Space ha ricoperto nel panorama videoludico, rappresentando di fatto uno dei capisaldi del genere survival horror. Nella prima parte di questo editoriale ci siamo districati tra le varie opere cinematografiche che hanno avuto il ruolo di fonte d’ispirazione in fase di sviluppo del titolo. Adesso è il momento di analizzare la stagnate situazione della serie, giunta (sembrerebbe) ad un triste capolinea.
Vedremo mai un ipotetico Dead Space 4?
Il primo Dead Space è stato un successo clamoroso, un’opera capace di portare il survival horror nello spazio più profondo. Purtroppo non possiamo dire la stessa cosa parlando del franchise in generale, rappresentato da tre capitoli principali e qualche spin-off di poco conto. Se possiamo classificare come un’inutile spreco di tempo e denaro questi ultimi, lo stesso non si può dire per i due sequel canonici. Dead Space 2 e Dead Space 3 furono titoli molto discussi, seppur di qualità, e fu proprio il flop dell’ultimo capitolo a decretare il fallimento della serie.
Ad oggi, le possibilità di mettere le mani su un nuovo Dead Space sono pressoché nulle. Sognare, tuttavia, non costa nulla e, se dopo quasi vent’anni abbiamo potuto mettere le mani su un nuovo Half-Life, nulla ci impedisce di sperare in un ritorno di Isaac Clarke e degli spaventosi necromorfi.
Dead Space ha smarrito la retta via
L’abbiamo asserito a più riprese: il primo Dead Space è da considerarsi un titolo epocale, un’opera in grado di lasciare il segno nell’industria. Il gioco, uscito nel 2008 e sviluppato dai ragazzi di Visceral Games, narrava le disavventure di Isaac Clarke, un umile ingegnere costretto a fuggire da un’astronave infestata da aberranti mostruosità. Il titolo fu un vero successo di critica e pubblico e riuscì a piazzare la bellezza di oltre due milioni di copie nel giro di un anno e vincere diversi premi. Le carte in regola per trovarsi di fronte alla nuova IP di riferimento in ambito survival horror c’erano tutte, ecco perché le successive iterazioni del franchise debuttarono sul mercato con tutti gli occhi puntati addosso.
Nonostante qualche sparuta critica, anche il secondo capitolo si impose come un vero e proprio instant cult. Il titolo, uscito nel 2011, migliorava diversi aspetti del capitolo originale risultando più vario e meglio rifinito nelle meccaniche di gioco. Forse mancava qualcosa a livello di sceneggiatura, il che portò ad una trama probabilmente meno affascinante e coinvolgente rispetto a quanto vissuto pochi anni prima a bordo dell’Ishimura.
I veri problemi, tuttavia, si ebbero con Dead Space 3, uscito nel 2013…
Il fallimento di Dead Space 3
Ad oggi non ci sono molte ragioni per sperare in un ritorno di Dead Space. Bisogna infatti ricordare che in un’intervista con CVG (adesso introvabile), l’ex presidente di Electronic Arts Frank Gibeau dichiarò: “Fondamentalmente, se non si raggiungono circa cinque milioni di copie vendute, non ha molto senso continuare ad investire in una IP come Dead Space”.
Purtroppo, Dead Space 3 non ha ottenuto i risultati di vendita desiderati dai piani alti di EA. Ad una settimana dal lancio, il secondo capitolo piazzò quasi due milioni di copie, fondamentalmente il doppio rispetto al gioco originale. Di contro, Dead Space 3 si è fermato ad appena 605.000 unità. Numeri discreti che portarono il titolo ad ergersi come il più venduto di febbraio 2013 ma che non accontentarono minimamente Electronic Arts, che sperava di veder diventare il terzo capitolo come il titolo più venduto del franchise. Questo fallimento contribuì a tutta una serie di rogne che investirono la compagnia nel 2013, rendendo economicamente ingiustificabile anche il solo pensare ad una nuova iterazione di Dead Space.
I motivi di questo flop furono molteplici ma cerchiamo di andare con ordine. EA mise in atto una campagna di marketing semplicemente disastrosa ed impose a Visceral Games delle scelte di game design che stonavano totalmente con lo spirito della serie. Aberranti microtransazioni e una modalità co-op dannatamente forzata e mal implementata fecero finire il titolo sotto l’occhio del ciclone, attirando critiche ed astio ben prima della sua uscita. Pur non raggiungendo i livelli dei due predecessori, il terzo capitolo era comunque un buon prodotto capace di presentare diversi momenti terrorizzanti ed un’ambientazione inedita potenzialmente molto affascinante. Purtroppo, oltre alle scellerate politiche di EA ad affossare il titolo ci pensarono un comparto narrativo tristemente dimenticabile, qualche sequenza action di troppo che andava a far scemare le sensazioni di angoscia e sgomento a cui eravamo stati abituati ed un paio di nuove meccaniche di gioco, come la schivata o l’utilizzo di coperture, che rinnegavano l’anima originale della serie.
Secondo l’aggregatore di recensioni Metacritic, il primi due Dead Space si sono attestati su punteggi tra l’85 ed il 90 su 100.
Dead Space 3, invece, ha ottenuto solo un 78/100 cumulativo dalla critica. Un risultato certamente dignitoso ma che segna un grande passo indietro rispetto ai giochi precedenti. La critica ha elogiato il comparto tecnico dell’avventura ma non ha apprezzato la natura più action del gioco e la nuova ambientazione, il pianeta ghiacciato Tau Volantis, che poteva certamente essere sfruttato meglio. Dead Space 3 ha innegabilmente mostrato come il franchise fosse in una fase di stallo, bisognoso di una pausa per ritrovare la propria identità.
Purtroppo questa “pausa” non è mai finita. Dead Space 3 fu un fallimento, decretando di fatto la morte del franchise.
La chiusura di Visceral Games
Dead Space è stato sviluppato dai talentuosi ragazzi di Visceral Games, uno studio che in precedenza aveva lavorato a tie-in relativi alle licenze de Il Signore degli Anelli e di 007. Dead Space ha rappresentato il salto di qualità per Visceral, essendo di fatto la prima IP originale realizzata dalla software house. Sfortunatamente, dopo il successo ottenuto nel 2008 con il survival horror ambientato nello spazio, molti dei creatori principali del gioco sono passati ad altri studi. Ciò ha lasciato Visceral Games impreparata a gestire le esigenze di un franchise tripla A. Il team, tra l’altro, non si è concentrato soltanto su Dead Space nel corso degli anni ma ha lavorato anche ad altri progetti nel frattempo. Parliamo dell’apprezzabile Dante’s Inferno, divertente action game in stile Devil May Cry basato sulla Divina Commedia; e Battlefield: Hardline, dimenticabile spin-off della nota serie di fps bellici. EA ha chiuso Visceral Games nel 2017, dopo diversi progetti ritenuti come fallimenti, fermando tra l’altro lo sviluppo del discusso gioco open world ambientato nell’universo di Star Wars, titolo che purtroppo non ha mai visto la luce. È certamente un peccato per i fan di Star Wars ma è anche peggio per chiunque desideri il ritorno di Dead Space. Difficilmente un nuovo studio potrà mettere la passione e l’impegno del team che ha creato l’opera originale.
La triste fine di Visceral ha di fatto spedito nell’oblio il franchise di Dead Space.
L’horror videoludico è profondamente cambiato
Dead Space ha certamente diverse peculiarità ludiche, come l’iconico sistema di smembramento degli arti o le suggestive fasi a gravità zero ma è innegabile che il capolavoro di Visceral sia un survival horror figlio della sua epoca. Un mondo inquietante e suggestivo ispirato ai blockbuster di Hollywood, una generale linearità di fondo, tanti nemici e poche risorse, sangue come se piovesse, qualche jump-scare e tanta esplorazione utile al reperimento di preziose risorse.
I videogames horror, tuttavia, sono profondamente cambiati rispetto al 2008, anno in cui il primo Dead Space irruppe nelle nostre case. Nel 2010, i ragazzi di Frictional Games stupirono con lo splendido Amnesia: The Dark Descent, un horror viscerale in cui non si combatteva ma l’unico modo di sopravvivere ai nemici era fuggire o nascondersi. Questa idea di far impersonare al giocatore un protagonista “indifeso” prese piede nel corso degli anni e culminò nel 2013 con il rilascio di Outlast. Nel 2014, tale poetica di gioco venne sublimata con il memorabile e dannato “trailer giocabile” di Silent Hills realizzato da Hideo Kojima e Guillermo del Toro: PT lasciò un segno nell’industria, spaventando milioni di videogiocatori grazie a scene inquietanti ed estremamente coinvolgenti e settando nuovi standard nel panorama dell’orrore videoludico.
Anche una big del settore come Capcom ha dovuto riconoscere la nuova tendenza dei giochi horror (prima persona, meno azione, nemici non affrontabili) e con Resident Evil 7 ha portato lo storico franchise horror verso nuove strade, rispettando comunque le origini e lo stile della saga. Di esempi recenti potremmo farne a bizzeffe ma il concetto di fondo è che l’horror videoludico odierno è meno fisico e più psicologico, una poetica in cui è sinceramente difficoltoso immaginare un nuovo Dead Space.
Reboot, remake o sequel?
Partiamo dal presupposto che la storia di Isaac, tra alti e bassi, può tranquillamente definirsi conclusa. A ciò aggiungiamo che sono ormai passati quasi dieci anni dal rilascio del terzo capitolo e capiamo benissimo che, ad oggi, l’idea di continuare la serie con un sequel non è poi molto sensata. Un reboot in stile God of War sarebbe proprio l’ideale, d’altronde l’ultimo DLC di Dead Space 3 termina con (spoiler alert) un’invasione del pianeta Terra. Questa potrebbe essere un’ottima premessa narrativa per una inedita trilogia con un nuovo personaggio ed una nuova ambientazione.
A questo punto siamo molto combattuti: meglio rassegnarsi all’idea che Dead Space è morto e non tornerà più o sperare che il franchise possa in qualche modo risorgere dalle sue ceneri dandoci nuovamente la possibilità di smembrare putridi necromorfi? A questo interrogativo non esiste una risposta giusta, il nostro sogno è ovviamente quello di un ritorno di Dead Space ma, se mai ciò dovesse accadere, le cose andrebbero fatte in grande, con le giuste motivazioni e l’adeguato spirito creativo. Se si deve proseguire sulla scia di Dead Space 3, ripetendo nuovamente gli stessi disastrosi errori, è forse preferibile lasciar riposare in pace il buon Isaac e la splendida serie di Dead Space, un’opera che prima di ogni cosa merita religioso rispetto.