Starfield è una tappa storica per il gaming. Non solo rappresenta la prima IP originale per Bethesda, in oltre venticinque anni di storia, ma, in qualche modo, simboleggia il “riscatto” della divisione gaming di Microsoft, in uno dei suoi più difficili periodi. Sì, perché nonostante il susseguirsi infinito di acquisizioni, di annunci e di promesse, quello che è emerso, nell’ultimo periodo, è soltanto la difficoltà di Xbox Game Studios nel saper gestire i propri studios: ne è un esempio lampante il caso Redfall, titolo dalle ottime premesse, coadiuvate dal curriculum eccelso del team al lavoro sul gioco, Arkhane, crollato inesorabilmente in fase di rilascio, presentato in uno stato a dir poco pessimo, sia in termini di performance che di meccaniche vere e proprie.
Proprio per questo, Starfield, è diventato un titolo così importante per Xbox e Microsoft in generale. Una di quelle IP che, volente o nolente, potrebbero essere in grado di farti vendere più console o, sicuramente, aumentare il numero di abbonati a Game Pass, il servizio di punta che, proprio con l’uscita di Starfield, sta diventando quasi imprescindibile per ogni giocatore PC e Xbox, intenzionato ad accaparrarsi le ultime uscite fin dal giorno uno.
E per giocatori cresciuti a pane e Skyrim, Starfield potrebbe in qualche modo rappresentare quel sogno proibito di milioni di videogiocatori, che sicuramente non vedranno l’ora di perdersi nell’infinito mondo di gioco messo in piedi da Bethesda.
Dopo aver spolpato a fondo il titolo, fin dalla sua fase a rilascio anticipato, possiamo quindi fornirvi il nostro responso finale su Starfield, titolo per certi aspetti controverso ma dotato di una qualità innegabile che, storicamente, ha sempre contraddistinto le produzioni Bethesda.
Senza perderci in ulteriori chiacchiere andiamo ad analizzare il titolo…
Un nuovo universo
Bethesda è sempre stata maestra nel creare introduzioni al mondo di gioco efficaci ma, soprattutto, immersive. Starfield non è da meno.
Inizieremo l’avventura con conoscenza dell’universo di gioco pari a zero, nei panni di un minatore dipendente della Argos Extractors, con la visuale “vincolata” alla prima persona. Quella che sembra essere una semplice e tradizionale giornata al lavoro, innescherà una serie di eventi atti a portare alla luce misteri nell’universo.
Dopo una serie di estrazioni, ci verrà infatti richiesto di estrarre una particolare lastra metallica da una cava in profondità. Entrando a contatto con il materiale, avvertiremo immediatamente una strana visione, dal contenuto confuso che, irrimediabilmente, ci farà perdere i sensi. Riaperti gli occhi, avremo fin da subito modo di entrare nel più classico degli editor del personaggio che, oltre alle svariate personalizzazioni estetiche (e qui, il salto generazionale operato da Bethesda è davvero evidente), avremo modo di scegliere un cosiddetto Background (una sorta di “classe” iniziale, assolutamente non vincolante in termini di progressione) che ha lo scopo, principalmente, di fornire tre abilità iniziali, con le quali iniziare il nostro personaggio. Scelto il background, ci butteremo nella scelta dei tre tratti: i tratti sono, sostanzialmente, delle peculiarità del nostro personaggio, che non si occupano di fornire, in senso stretto, bonus statistici, ma caratteristiche che possono, più o meno, modificare alcuni aspetti della nostra avventura – ad esempio, il tratto “Cose da figli” renderà vivi e vegeti i nostri genitori nel mondo di gioco, che potremo incontrare di persona e ritrovarceli di mezzo in alcune situazioni, oppure “Eroe venerato”, chiaro rimando a The Elder Scrolls IV: Oblivion, che porta il fastidiosissimo fan adorante (doppiato dallo stesso attore del già citato Oblivion) nella Galassia di Starfield, pronto ad essere reclutato nella nostra ciurma spaziale. Molti dei tratti disponibili evidenziano una tra le più grandi mancanze di questo prologo: l’assenza di una spiegazione sullo stato “politico” del mondo di gioco – nei primi minuti verremo infatti travolti da una gargantuesca quantità di nomi e termini che, almeno all’inizio, non ci verranno spiegati, rendendo difficolta la comprensione di alcuni tratti. Ecco, in questo caso, almeno una panoramica iniziale sulle principali fazioni di Starfield avrebbe, sicuramente, giovato alla causa.
Dopo aver completato la creazione del personaggio, noi e i nostri colleghi minatori porteremo il manufatto misterioso, con cui siamo venuti a contatto, a Barrett, committente del contratto, particolarmente interessato alla reazione che il materiale ha avuto con noi – e della rispettiva visione. Senza perdersi ulteriormente in chiacchiere, Barrett si presenterà a noi come membro di Constellation, organizzazione che, nel mondo di Starfield, si occupa di portare alla luce i “misteri dell’Universo”. Barrett ci chiederà di trasportare il manufatto alla sede di Constellation, nella città di New Atlantis, con lo scopo di portare agli occhi degli altri membri dell’organizzazione, la testimonianza della visione.
Tra più di un incontro ravvicinato con la Flotta Cremisi, i “pirati” del mondo di Starfield, raggiungeremo la più grande cittadina del mondo di gioco creato da Bethesda, New Atlantis, dove potremo finalmente raggiungere la sede di Constellation.
Da questo punto in poi si dipanano gli eventi principali e secondari di Starfield, e non passerà molto tempo prima di iniziare a perderci nella mole contenutistica offerta da Bethesda stessa. Come al solito, lato longevità, non ci vorranno più di una ventina di ore per portare a termine la quest line principale ma non mancherà di aumentare il contatore sensibilmente, non appena verremo a contatto con tutti i contenuti collaterali che il titolo ha da offrire.
Un gioco Bethesda nel bene e nel male
Starfield è, nel bene e nel male, un titolo con la tipica impostazione dei giochi Bethesda. Seppur il setting spaziale sia un bel cambiamento rispetto alle atmosfere post nucleari di Fallout o quelle fantasy di The Elder Scrolls, l’anima dei titoli Bethesda arde violentemente: dall’esplorazione in prima persona (con la ovvia possibilità di switchare ad una telecamera in terza), dialoghi a scelta multipla, ramificazioni di quest line di fazioni e, soprattutto, l’estrema libertà nell’affrontare, nel nostro ordine, tutti i contenuti che la produzione ha da offrire – Starfield ha tutto questo, con i suoi pregi e i suoi difetti, che non mancheremo di analizzare più avanti.
Partiamo da quella che, probabilmente, è sia una tra le più interessanti caratteristiche del titolo sia una tra le più grandi occasioni sprecate: l’esplorazione spaziale. Starfield, come da premesse, permette ai videogiocatori di prendere “controllo diretto” di un’astronave, guidandola nelle sole orbite dei pianeti e utilizzarla come “ponte” per il viaggio rapidi verso la superficie dei pianeti. Quella che si avverte, spesso, è la mancanza di una navigazione “seamless” (scorrevole) che risulta costretta e spezzata da frequenti schermate di caricamento, visibilmente ancorate ad una vecchia generazione che ancora fatica a morire.
Il sistema alla base è più facilmente assimilabile ad un Fallout rispetto che ad un Elder Scrolls. Il titolo offre un’esplorazione libera del mondo di gioco, in prima persona, con la possibilità di interagire con una quantità inimmaginabile di elementi dello scenario, tra porte, oggetti posizionati su arredamenti, casse, e nemici abbattuti. A ciò si aggiunge il laser minerario, conosciuto nelle prime fasi dell’avventura, utilizzabile per “estrarre” minerali dalla superficie dei pianeti (tramite lo scanner, integrato nell’interfaccia in-game, potremo analizzare le risorse che ogni pianeta ha da offrire), che ci permetterà di ottenere risorse riutilizzabili per la costruzione degli avamposti.
La componente di shooting, preponderante nelle fasi action, mostra visibili miglioramenti alla formula applicata da Bethesda ai più recenti Fallout 4 e Fallout 76, mostrando una risposta delle bocche da fuoco molto più responsiva e realistica, oltre che una varietà di armamentario davvero ottima, che spazia da fucili a laser, armi da taglio, fucili di precisione, pistole e mitragliatori. Analogamente a quanto fattibile con Fallout, anche in Starfield sarà possibile personalizzare il nostro armamentario presso speciali banconi da lavoro, in modo da adattare, anche le armi più potenti, alle nostre esigenze, magari aumentando la gittata o anche solo applicando un silenziatore.
L’esplorazione libera del mondo di gioco è coadiuvata da un sistema di dialoghi studiato molto più sapientemente rispetto alle ultime produzioni Bethesda: richiamando una gestione più simile a quella di Oblivion, in Starfield avremo occasione di dialogare a fondo con una pletora incredibilmente vasta di NPC, in grado di assegnare compiti più o meno gravosi. La scrittura generale, seppur altalenante in alcuni task secondari, è senza dubbio migliorata, rispetto a quella di Fallout 4 dove, spesso, si avvertiva una certa frettolosità nel voler portare a compimento alcune scelte narrative. I dialoghi sono molto più complessi e appaganti e il voice acting (in lingua inglese) di alcuni personaggi, migliora sensibilmente la resa generale degli stessi. Un sistema di persuasione è stato altresì integrato e ci permetterà, se disponibile durante un dialogo, di intraprendere vere e proprie sfide dialettiche dove dovremo scegliere la risposta giusta da dare al momento ideale, per persuadere con successo un NPC o addirittura un nemico.
Il completamento di quest, principali e non, oltre che l’abbattimento di nemici (senza contare le sfide di lockpicking e le prove di persuasione), faranno guadagnare punti esperienza al nostro personaggio che, sommati, ci consentiranno di avanzare di livello. In questo caso sarà possibile andare a spendere punti in quello che è forse uno tra gli skill tree più complessi mai ideati da Bethesda: non basterà infatti “acquistare” un perk nelle diverse categorie disponibili – che si dividono in fisico, sociale, combattimento, scienza e tecnologia – ma sarà necessario, per avanzare di livello nella stessa abilità, completare una sfida specifica. Un esempio? Avanzare di grado nel perk “Sicurezza” (utile per scassinare porte o casse chiuse a chiave) richiederà, oltre all’acquisto di un punto abilità, anche di scassinare un numero definito di serrature, per rendere l’avanzamento di livello per quell’abilità specifica ancora più complesso e appagante.
Le possibilità di personalizzazione di Starfield passano da diversi aspetti del gioco, dalla customizzazione, complessa ed appagante, del nostro mezzo spaziale (con la possibilità di ottenerne di nuovi durante le nostre scorribande spaziali), fino ad arrivare alla fondazione e costruzione di avamposti in pianeti da noi scelti – in questo caso, sarà ideale piazzare strutture di estrazione su pianeti ricchi di risorse, in modo da sfruttare appieno le possibilità.
Atterrando su un pianeta, la proceduralità del sistema di gioco si paleserà in tutta la sua “prepotenza”, generando sì biomi diversi con la propria flora e fauna, ma anche punti di interesse che, nel corso delle ore di gioco, tendono a ripetersi un po’ in termini di pattern. Si sente la mancanza di un mondo di gioco più circoscritto e visibile in termini di limiti, pregno però di contenuti unici e diversi da loro: il fascino di entrare in un dungeon ed incorrere in esperienze di gioco uniche e variegate è, forse, l’aspetto che ci è mancato di più in un titolo come Starfield.
Nonostante i limiti nell’esplorazione, la nave resta un mezzo incredibilmente complesso e abbiamo apprezzato la cura dei dettagli riposta da Bethesda nel regalare un sistema di controllo immediato ma anche attento alle piccole finezze. Muoversi nell’orbita dei pianeti ci permetterà di interfacciarsi con altre navi, dialogare con il loro equipaggio, attraccare alle aeronavi più grandi e addirittura abbordare con attacchi di pirateria mirati. Il sistema di combattimento ci costringe a dosare con accuratezza i livelli di ogni elemento della nave, lasciando energia a quello che ci serve per sfruttare appieno ogni singolo cannone. Sebbene sia consigliabile affidarsi ad un controller, abbiamo trovato i comandi mouse e tastiera abbastanza gestibili, anche durante la navigazione, che appare fluida nei movimenti e nelle rotazioni della telecamera.
Un Creation Engine “nuovo” ma fino ad un certo punto
I miglioramenti tecnici all’engine di gioco sono evidenti, è palese, ma Starfield soffre comunque di “brutture” frutto di un motore forse ancora troppo ancorato al passato. La resa visiva di paesaggi, città e pianeti è senza dubbio inattaccabile, grazie ad una varietà delle stesse davvero eccellente: passare dalle claustrofobiche atmosfere marziane di Cydonia per poi arrivare agli spettacoli di luci e colori di Neon City, fa sicuramente il suo gran effetto, dimostrando l’abilità di Bethesda nel saper diversificare a dovere strutture, cittadini e atmosfere. Anche i biomi dei vari pianeti paiono senza dubbio vari al punto giusto, dimostrando la “forza” della proceduralità dell’engine, nonostante le già citate strutture e attività ripetitive riscontrate dopo diverse ore di gameplay.
Le animazioni risultano forse ancora troppo impastate e a questo non viene in aiuto l’arretratezza generale dell’IA, sia dei nemici sia dei compagni che, dal canto loro, sembrano avere questa naturale tendenza nell’incastrarsi tra noi e l’interlocutore di turno, durante i dialoghi.
Il gioco è una bomba di poligoni ed elementi su schermo ed è anche apprezzabile la fisica alla base di ogni elemento dello scenario, talmente realistica dall’aver spinto, folli giocatori, ad accumulare patate in una stanza dell’aeronave per poi osservarne il comportamento, perfettamente naturale, una volta aperto il portellone.
Starfield, su PC, è un titolo dai requisiti piuttosto elevati. Nonostante le recenti dichiarazioni, non proprio felici, da parte dello stesso Todd Howard, in merito alla necessità di aggiornare l’hardware delle nostre macchine, abbiamo comunque notato una forte pesantezza dell’engine, che mostra tutta la sua mancanza di ottimizzazione in alcune fasi di gioco, in particolare durante l’esplorazione libera di megalopoli come New Atlantis. Folle, inoltre, la volontà di Bethesda di lasciare l’esclusività ad AMD e al suo FSR in questa fase di lancio, lasciando il DLSS nelle mani di esperti modder (c’è comunque da dire che, a breve, verrà integrata ufficialmente all’interno del gioco, senza “aiuti esterni).
Il gioco, come dicevamo, si appoggia ad un ottimo doppiaggio in lingua inglese, supportato da testi completi in italiano e ad una soundtrack di spessore, composta dal maestro Inon Zur.
Concludendo…
Starfield è un’opera enorme. Forse la più ambiziosa della storia di Bethesda. Il titolo presenta una mole di contenuti soverchiante e, più volte, siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla scrittura generale del titolo. L’esplorazione soffre di alti e bassi, ma abbiamo comunque apprezzato l’enorme libertà data al giocatore nell’intraprendere il proprio cammino da “cittadino della Galassia”, tra proprietà acquistabili, relazioni con i diversi personaggi del mondo di gioco, fazioni e molto altro.
Insomma, Starfield a pochi giorni dal lancio è un titolo che fa e continuerà, in futuro, a far discutere di sé, sia negativamente che positivamente. Dal canto nostro, non possiamo che apprezzare il lavoro svolto da Bethesda che, per la prima volta, è riuscita a lanciare un titolo con una pulizia generale quasi certosina, spigolosa in alcuni aspetti del gameplay ma divertente dall’inizio alla fine.
Considerata la presenza, dal day one, sul catalogo Game Pass, non possiamo che consigliare a chiunque in possesso di una Xbox Series S o X (o anche solo di una buona connessione ad internet, per sfruttare il servizio in Cloud Gaming) – e di un PC da gaming – di buttarsi a capofitto in questa esperienza di gioco.
Configurazione di prova:
Monitor: AOC CU34G2X/BK
Scheda video: GeForce RTX 3080 Ti
Processore: Ryzen 7 5800X
RAM: 16 GB DDR4