Arriviamo un po’ in ritardo rispetto ad altre testate, ma abbiamo voluto prenderci tutto il tempo necessario per offrire un’analisi che fosse all’altezza del tanto discusso remake di Silent Hill 2. Fin dall’annuncio, accompagnato da trailer che lasciavano trapelare più dubbi che certezze, abbiamo nutrito riserve sulla bontà del progetto affidato a Bloober Team. La scelta di Konami di delegare il rifacimento di un titolo così iconico nell’ambito dei survival horror a uno studio il cui curriculum è, per essere generosi, discutibile – con titoli come i mediocri Blair Witch e The Medium, oltre alla qualità altalenante della serie Layers of Fear – non ha certo lasciato ben sperare noi videogiocatori.
Le perplessità sono aumentate con la visione dei primi trailer, che sembravano tradire lo spirito originale del gioco, propendendo per una direzione stilistica che sembrava incapace di cogliere la delicata essenza dell’opera. Lo stile visivo appariva distaccato dalle atmosfere inquietanti e sottilmente angoscianti dei capitoli originali, più incline a un orrore patinato che rischiava di compromettere l’esperienza emotiva e immersiva.

Eppure, in modo quasi paradossale, il gioco è arrivato sul mercato con discrezione, come una figura spettrale che emerge dalla nebbia di Silent Hill, accompagnato da una corposa ondata di consensi, specialmente da parte del pubblico. Ciò ha contribuito ad accendere ulteriormente la nostra curiosità e ci ha spinto a voler esaminare ogni dettaglio, con la dovuta attenzione.

Abbiamo quindi affrontato il viaggio tra le strade della cittadina immersa nella perenne foschia del Lago Toluca, esplorando ogni vicolo, ogni ombra, ogni sussurro che riecheggia nel buio. L’obiettivo? Scoprire se Bloober Team sia riuscita nell’ardua impresa di onorare l’eredità di un capolavoro del genere o se i nostri timori iniziali fossero giustificati. Ora, dopo aver completato questa esperienza, siamo pronti a raccontarvi quanto fitte e oscure siano state le nebbie che ci hanno accompagnato.

In my restless dreams I see that town

Parlare della trama di Silent Hill 2 non è mai semplice. Questo capitolo si distingue per l’uso magistrale di simbolismi e metafore che permeano ogni aspetto della narrazione, senza mai cadere nella trappola di inutili spiegazioni che potrebbero svilire l’esperienza del giocatore. La potenza narrativa risiede proprio nella sua capacità di far emergere il non detto, lasciando che i silenzi e le sfumature parlino tanto quanto i dialoghi.
Ed è forse proprio questo uno degli elementi più affascinanti di Silent Hill 2: la sua volontà di sfidare il giocatore, spingendolo a interrogarsi sui significati profondi dietro ogni incontro, ogni ombra, ogni suono che riecheggia nella cittadina avvolta nella nebbia. Prima che la serie intraprendesse una strada più didascalica, cercando di fornire spiegazioni razionali – per quanto assurde – alle sue inquietanti creature e scenari, Silent Hill 2 restava fedele a un approccio più criptico e volutamente ambiguo.

Il remake targato Bloober Team si potrebbe definire, per alcuni versi, poco coraggioso, ma è proprio in questa apparente mancanza di audacia che abbiamo riconosciuto una virtù: il rispetto – quasi reverenziale – verso l’opera originale. Il team polacco ha scelto di mantenere intatta la struttura narrativa, evitando aggiunte superflue che avrebbero potuto distorcere l’intento originario. Anche in questa nuova versione, il giocatore indosserà i panni di James Sunderland, un uomo tormentato che riceve una lettera dalla moglie, Mary, invitandolo a raggiungerla nel loro “posto speciale”, a Silent Hill. Nulla di strano, se non fosse per il piccolo particolare che Mary è morta da oltre tre anni.

Il protagonista, James Sunderland, giunge a Silent Hill dopo aver ricevuto una lettera dalla moglie defunta, Mary.

La premessa, apparentemente semplice, si rivela presto il punto di partenza per un viaggio psicologico tra senso di colpa, rimpianto e dolore, dove la città di Silent Hill diventa lo specchio distorto della mente di James. Bloober Team, pur con le sue limitazioni, ha scelto di non tradire questo percorso, restituendo al giocatore quel senso di angoscia e di mistero che ha reso Silent Hill 2 un capolavoro senza tempo.

L’evoluzione tecnologica ha permesso a Bloober di lavorare su un impianto registico ben diverso da quello sperimentato da Konami su PlayStation 2. Del resto, sono passate ben tre generazioni di console e il gap tecnico è senza dubbio significativo. Il team polacco ha sfruttato le potenzialità della tecnologia moderna per arricchire l’esperienza con cutscene dall’alto impatto emotivo, coadiuvate dall’inconfondibile colonna sonora di Akira Yamaoka, che ritorna con la sua capacità di fondere suoni disturbanti e melodie malinconiche in un mix perfetto.

Le circa 16-20 ore necessarie per completare l’avventura offrono un equilibrio tra narrativa e gameplay che raramente scade nella ripetitività. Il ritmo è stato sapientemente calibrato per mantenere il giocatore incollato allo schermo, alternando momenti di esplorazione soffocante a sequenze d’azione tese e a enigmi ambientali rielaborati per sfruttare la nuova telecamera, di cui parleremo più avanti. Questo equilibrio rende la longevità del titolo un punto di forza, con un’attenzione ai dettagli che ripaga la curiosità del giocatore e incentiva l’immersione completa nell’incubo psicologico di James.

Capcom docet

È innegabile che Bloober Team abbia preso ispirazione dai recenti remake di Capcom dedicati a Resident Evil 2, 3 e 4, soprattutto per quanto riguarda il gameplay e la gestione della telecamera. Abbandonando la visuale fissa che caratterizzava l’originale per PlayStation 2, il remake di Silent Hill 2 adotta una prospettiva in terza persona, con la telecamera posizionata alle spalle di James. Sulla carta, tale scelta dovrebbe migliorare la gestione della telecamera durante gli scontri, ma a conti fatti si rivela talvolta problematica per via di un controllo non proprio agevole negli spazi più angusti (ovvero tutti gli interni presenti nel gioco). Questi spazi risultano abbastanza difficoltosi da gestire, specialmente nelle sequenze in cui saremo tenuti ad affrontare più nemici contemporaneamente.

L’influenza dei recenti remake di Resident Evil è palese, peccato che la componente action non sia altrettanto curata.

Gli scenari in cui ci muoveremo sono opprimenti e claustrofobici, amplificando la tensione e la sensazione di isolamento. Le strade della città di Silent Hill sono rappresentate con una cura maniacale, restituendo una desolazione resa ancora più inquietante dalla fitta nebbia che avvolge ogni angolo, nascondendo minacce sconosciute pronte a emergere senza preavviso. Questa nebbia non è solo un espediente visivo, ma un elemento che amplifica la paura dell’ignoto, mantenendo il giocatore costantemente sul filo del rasoio.

Le mappe, che si sbloccano progressivamente durante l’avventura, sono strumenti essenziali per orientarsi nei meandri della città. James prende appunti su di esse, annotando la presenza di enigmi irrisolti, porte chiuse e luoghi di interesse a cui tornare successivamente, una funzione vitale per chi vuole esplorare ogni segreto del gioco. La gestione di queste risorse è intuitiva e contribuisce a un gameplay stratificato e coinvolgente.
L’arsenale iniziale comprende il bastone chiodato, che non solo permette di difendersi dalle creature grottesche che popolano Silent Hill, ma consente anche di rompere vetri di automobili per cercare oggetti curativi o altri materiali utili. La varietà di nemici, pur non essendo vastissima, obbliga il giocatore a imparare i pattern d’attacco e a gestire con attenzione i movimenti difensivi. Il rinnovato sistema di controllo permette al giocatore di gestire, con precisione, sia le schivate che gli attacchi, che siano all’arma bianca o da fuoco, sebbene il comparto animazioni soffra talvolta di una certa rigidità. La radio di James, fedele compagna dell’orrore, emette un suono disturbante ogni volta che una creatura è vicina, costringendo il giocatore a mantenere alta la guardia e ad agire con cautela per sopravvivere in questo incubo avvolto nella nebbia.

Esplorazione, puzzle ed enigmi saranno alla base della nostra avventura tra i terrori di Silent Hill.

Il gioco mette a disposizione anche diverse bocche da fuoco, come pistole e fucili, ma la scarsa esperienza militare di James si riflette in una mira imprecisa che rende necessario attendere che il reticolo di puntamento si rimpicciolisca per avere una maggiore precisione. Tuttavia, Silent Hill 2 è ben lontano dal voler essere un puro shooter in terza persona. A differenza di Resident Evil 4, dove l’azione è predominante, qui la componente esplorativa ha un ruolo centrale, spesso arricchita da puzzle ed enigmi. Questi ultimi, pur non essendo mai eccessivamente complessi, sono progettati in modo intelligente e sfruttano l’ambientazione e la possibilità di muovere liberamente la telecamera per individuare elementi chiave e oggetti utili per proseguire nell’avventura.

Sul fronte combattimento ed enigmi, gli sviluppatori hanno optato per una difficoltà scalabile, con la possibilità di aumentare o diminuire la complessità degli scontri con i nemici e degli enigmi stessi. Durante la nostra esperienza, completata a difficoltà normale, abbiamo trovato un buon equilibrio tra combattimenti e puzzle ambientali. Anche se i combattimenti non si sono mai rivelati particolarmente ardui, a eccezione di rare boss fight che ci hanno messo a dura prova svuotando le nostre scorte mediche, ci siamo trovati bloccati in alcune sezioni di gioco in cerca di indizi per avanzare. Spesso questi indizi erano nascosti tra documenti e fogli disseminati negli scenari, costringendoci a esplorare con attenzione ogni angolo per proseguire.

Un comparto tecnico ambizioso ma imperfetto

Per completezza, l’analisi di questo remake non poteva che passare dalla disamina del comparto audiovisivo. Sfruttando l’Unreal Engine 5, Bloober Team ha potuto spingere sul fronte tecnico, proponendo ambientazioni curate e fedeli all’originale. Il totale controllo della telecamera da parte del giocatore permette di godere di dettagli che nella versione originale erano impensabili. Abbiamo apprezzato la ricchezza poligonale delle ambientazioni, dalle strade desolate di Silent Hill agli interni claustrofobici come l’ospedale, fino alle versioni distorte e decadenti dell’Otherworld. Quest’ultimo si manifesta in diversi momenti dell’avventura, trasformando le ambientazioni con colori arrugginiti e metallici, rendendole ancora più soffocanti e angoscianti.

Il rifacimento dei setting è artisticamente eccellente e rispettoso del materiale originale. I modelli dei personaggi, invece, hanno subito le modifiche più evidenti: i volti, che nell’originale erano resi innaturali da una combinazione di scelte artistiche e limiti tecnologici, ora sono più dettagliati per enfatizzare le espressioni facciali nelle cutscene. Questi miglioramenti contribuiscono a rendere più intensa la recitazione dei personaggi e del protagonista, James. Le musiche, firmate dal maestro Akira Yamaoka, sono ancora una volta di altissimo livello e immergono il giocatore nelle cupe atmosfere di Silent Hill con maestria.

L’Unreal Engine 5 mostra una attenta gestione delle luci e ombre delle ambientazioni, peccato solo che l’ottimizzazione generale del titolo non sia ottimale su PC e PS5.

Tuttavia, il comparto tecnico non è privo di problemi. Sia su PC che su PS5, il gioco soffre di cali di frame rate significativi, anche nelle sequenze al chiuso, e di fenomeni di ghosting. La risoluzione, soprattutto su console, scende drasticamente per mantenere stabile il frame rate, che, purtroppo, nemmeno in modalità performance riesce a raggiungere i 60 fps. Sebbene ci teniamo sempre a consigliare la modalità performance nelle produzioni PS5 che lo consentono, i diversi tagli che il gioco attua al comparto grafico per garantire una fluidità superiore applicano tagli all’illuminazione (riflessi, ombre e illuminazione globale) e alcuni effetti di post-elaborazione come la nebbia volumetrica. Tutto questo è particolarmente percepibile negli interni situati in grandi aree dove è presente una grande quantità di luce indiretta. Proprio per questo, per una volta, ci teniamo forse a consigliare la modalità dedicata alla risoluzione, visto che amplifica notevolmente la mole di effetti e dettagli mantenendo comunque un frame rate di 30 fps, più che accettabile in un titolo dai ritmi non particolarmente elevati come questo. Nonostante i miglioramenti apportati con gli aggiornamenti post-lancio, ci auguriamo ulteriori ottimizzazioni in futuro per risolvere queste criticità.

Concludendo…

Il remake di Silent Hill 2 rappresenta un ritorno atteso e impegnativo per Bloober Team, che riesce a riproporre l’atmosfera inquietante e l’intensità narrativa dell’originale con una veste grafica moderna e un gameplay rinnovato. Nonostante le influenze evidenti dei recenti successi di Capcom, il titolo riesce a mantenere una sua identità, fatta di esplorazione, tensione psicologica e dettagli ambientali curati. Tuttavia, le problematiche tecniche e alcuni aspetti del sistema di controllo limitano l’esperienza complessiva, impedendole di raggiungere l’eccellenza. Questo remake si conferma comunque un omaggio rispettoso e appassionato per i fan della serie e un’occasione per i nuovi giocatori di scoprire uno dei capolavori del genere survival horror. Il ritorno di un nome importante come quello di Silent Hill sulle nostre console casalinghe è importantissimo e lancia un segnale importante a tutti i videogiocatori rimasti a bocca asciutta dal compianto Silent Hills di Hideo Kojima che ora “sopravvive” solo grazie a quella tech demo, PT, che ha fatto scuola a tantissime produzioni horror indipendenti.

CI PIACE
  • Un remake che riesce a mantenere intatte le atmosfere del titolo originale
  • Lato artistico e sound design il gioco rasenta l’eccellenza
  • Ottimo ritmo di gioco dall’inizio alla fine
  • Palese l’influenza dei recenti remake di Resident Evil…
NON CI PIACE
  • …ma con un feedback, pad alla mano, di gran lunga inferiore
  • Sistema di controllo spesso legnoso che si traduce in un combat system non ottimale
  • Svariati problemi tecnici e di ottimizzazione, anche su console
Conclusioni

Nonostante i timori iniziali, Bloober Team ha dimostrato di essere all’altezza del compito assegnato. Il remake di Silent Hill 2 riesce a trasporre, con estremo rispetto, le atmosfere e la narrativa dell’opera originale. Sebbene alcune sfumature siano andate perse nei vari passaggi generazionali, il risultato finale è comunque soddisfacente. Le imperfezioni tecniche si fanno sentire, anche se non in modo eccessivo, dato che la componente action rimane in secondo piano rispetto ai più recenti remake di Capcom. Tuttavia, in alcuni casi, una maggiore cura nella gestione degli scontri con le mostruosità della nebbiosa cittadina sarebbe stata apprezzata.

È impossibile, comunque, non consigliare l’acquisto a tutti gli appassionati del genere survival horror: nonostante gli anni trascorsi, il gioco riesce ancora a distinguersi dagli altri esponenti del genere.

8.8Cyberludus.com

Articolo precedenteUnknown 9: Awakening – Recensione dell’action con Anya Chalotra
Prossimo articoloHorizon Zero Dawn Remastered – Un ritorno gradito
Nerd purosangue classe 1992, si avvicina al mondo dei videogiochi grazie al SEGA Master System di sua madre. Destreggiandosi tra Alex Kidd e Sonic the Hedgehog, comincia a farsi una importante cultura videoludica a base di platform e beat ‘em up. Fedele seguace della “master race”, consuma giochi di ruolo dalla mattina alla sera, anche se la sua saga preferita rimane Grand Theft Auto degli inarrivabili Rockstar Games, che fin dal primo capitolo lo ha aiutato a diventare la brutta persona che imparerete a conoscere.

E tu che ne pensi? Facci conoscere la tua opinione!