Michael Mumbauer, fondatore del Visual Arts Service Group nel 2007, ha reclutato un gruppo di circa 30 sviluppatori, per formare una nuova unità di sviluppo all’interno di Sony. L’idea era quella di espandere alcuni dei franchise di maggior successo dell’azienda e il team ha iniziato a lavorare a un remake del capolavoro del 2013 The Last of Us per PlayStation 5. Sony non ha mai riconosciuto completamente l’esistenza di questo team e sembra che non abbia mai dato loro i finanziamenti e il supporto necessari. Lo studio non ha mai nemmeno avuto un nome ufficiale. Il team è stato successivamente coinvolto per aiutare a finire The Last of Us: Part II, e poi il remake è stato infine assorbito da Naughty Dog, dove lo sviluppo sembra che stia continuando. Un eventuale remake quindi rientra in una perfetta strategia da parte di Sony che intende, a ridosso del rilascio della serie TV dedicata al primo capitolo del gioco (di cui abbiamo parlato in questa news), spremere ancora di più questo noto franchise e, sopratttutto, adattarlo alle potenzialità di PS5, ben oltre quelle di PS3 o PS4. Molti, tra cui Mumbauer, hanno lasciato completamente l’azienda. Mumbauer ha rifiutato di commentare e altri dipendenti hanno chiesto di non essere nominati per discutere di informazioni private. Un rappresentante di Sony ha rifiutato di commentare o fornire interviste. Il fallimento del team evidenzia la complessa gerarchia dello sviluppo di videogiochi e, in particolare, l’approccio conservatore di Sony alla creazione di giochi per PlayStation 5.