Era il settembre 2018, quando un certo Pathfinder Kingmaker vedeva la luce su PC sotto una luna non perfettamente favorevole: il gioco era decisamente poco ottimizzato dal punto di vista tecnico, caricamenti lunghissimi e bug a profusione ne minavano la fruibilità, ciò rendeva l’esperienza poco divertente, a tratti frustrante. Tuttavia, sotto la coltre fuligginosa da “prodotto incompleto” appena descritta, il titolo nascondeva un’anima da vero campione, un gioco di ruolo realizzato con passione e competenza, se si guardano gli aspetti ruolistici era capace di un’offerta senza eguali nel panorama videoludico degli ultimi anni e che grazie alle successive patch – e una comunità di appassionati produttori di mod – si è riuscito a rendere parzialmente onore a un gioco finalmente più appetibile e, dunque, meritevole di acquisto. Purtroppo la frittata era fatta, un lancio negativo spesso significa una sorte segnata sotto il profilo commerciale, anche se si parla di giochi dalle indubbie qualità.
Nonostante ciò i ragazzi di Owlcat Games hanno continuato con coraggio a credere nella bontà del proprio progetto, lavorando su una Definitive Edition che oggi esce su PS4 (la versione da noi provata) e Xbox One, tentando il riscatto morale della loro creatura, mentre le novità che questa edizione offre sono disponibili -gratuitamente – anche per i possessori della versione PC attraverso il download di un corposo aggiornamento.

Vediamo insieme se il lavoro di conversione su console ha raggiunto un livello tale da rendere giustizia a ciò che si nasconde da sempre sotto il cofano di Pathfinder Kingmaker

Prendi carta e penna che ti microcaratterizzo il personaggio

L’incipit è deliziosamente classico e ben si confà all’atmosfera che il gioco vuol palesemente ricreare. Alcuni avventurieri sono stati convocati nella sala di un nobile che ha promesso un castello e una contea a chiunque liberi le sue terre rubate da un re furfante. Il problema dei banditi rende tutto più complicato ma presto ci si renderà conto che la vicenda è molto più complessa di come ci è stata presentata. Nulla di epocale ma che riesce a sostenere il ritmo del gioco in modo eccellente. Il tono del racconto poi è altamente variegato, si passa da momenti seriosi ad altri decisamente più leggeri senza mai scadere nel banale, ciò grazie a una caratterizzazione dei comprimari di buona fattura.
Il vostro alter ego sarà ovviamente più “anonimo” poichè il frutto di una decisione ponderata e nata da zero, come nelle migliori tradizioni ruolistiche: dovrete sceglierne attentamente razza, classe, talenti e punti caratteristiche, esattamente come avete fatto nelle più classiche partite al Dungeons & Dragons, questa volta seguendo un sistema di regole e personalizzazione legato all’omonimo set Pathfinder, molto simile alla versione 3.5 del celebre gioco di ruolo cartaceo, solo molto più spinto in termini di microcaratterizzazione dei personaggi. C’è da dire che è un sistema talmente profondo – talvolta troppo – che salire di livello con l’intero party di sei personaggi significherà perdere più di qualche minuto a fare calcoli e meditare modifiche che potrebbero avere conseguenze nefaste per l’intera partita. Per i meno pazienti e i meno audaci c’è la possibilità di intervenire sul livello di automatismo di certi meccanismi – come appunto l’attribuzione di punti al passaggio di livello del party – in grado di trasformare l’esperienza in qualcosa di più accessibile.
La struttura della narrazione è anch’essa di impronta fortemente classica, presentando un susseguirsi di atti in cui sarete chiamati a decidere come affrontare ciò che accade nel mondo di gioco e, contemporaneamente, scegliere come gestire la vostra personale parte di regno, momento che fonde magistralmente una componente marcatamente gestionale con l’anima di stampo ruolistico della struttura ludica, senza mai snaturare quest’ultima.

Tecnicamente si difende bene, il motore Unity è stato sfruttato a dovere esteticamente parlando, nonostante si tratti di un genere di giochi che non necessita di grandi sforzi tecnici per essere goduto pienamente. I fondali sono davvero gradevoli, gli effetti fanno il loro dovere, la leggibilità della mappa è sempre ottima, mentre superlativo è lo stile artistico dei ritratti dei personaggi. E se a tutto questo aggiungiamo che il vostro vagare per le lande del gioco è accompagnato anche da un commento sonoro di buona fattura che, pur non risultando un capolavoro, riesce a scandire coerentemente i ritmi emotivi delle vicende narrate, il risultato che ne scaturisce è che Pathfinder Kingmaker: Definitive Edition, come già sostenuto per la versione base di due anni fa, è un titolo dalle indubbie qualità, capace di farsi apprezzare senza problemi da tutti gli appassionati di giochi di ruolo che vogliono avvicinarsi a un gioco che non fa altro che rimanere volontariamente e in modo sapiente nel solco della tradizione.

Scansatevi. Ora è il mio turno!

Il passaggio dalla versione liscia di Pathfinder Kingmaker a questa Definitive Edition è foriero di una lunga lista di novità, alcune delle quali di grande interesse.
La più corposa è sicuramente l’introduzione di una modalità a turni che muta l’intera esperienza di gioco di ruolo isometrico in modo sensibile: laddove il feeling del gioco liscio era molto vicino a quanto offerto dai titoli BioWare della fine degli anni ’90 (Baldur’s Gate, Icewind Dale), il sistema dei turni ricorda maggiormente gli ultimi titoli della serie Divinity. Sia chiaro, un sistema non esclude l’altro visto che sarà possibile switchare istantaneamente dall’una all’altra modalità con la semplice pressione di un tasto. In particolare la modalità a turni è decisamente una trovata riuscita, quasi il vero colpo di genio della produzione, poiché riesce a rallentare i ritmi di gioco mitigando la necessità di un controllo più preciso su console. Sì, perché spostare il puntatore con le levette del joypad non è affatto comodo, così come non lo è l’utilizzo dell’interfaccia, palesemente nata e pensata per PC e poco adattata all’ecosistema console e la sua modalità di controllo.

Anche sotto il profilo dell’ottimizzazione è stato fatto se non proprio un ottimo lavoro, uno sicuramente migliore di quello che ha interessato la versione liscia. Gli eterni caricamenti tra una schermata e l’altra sono stati ridotti sensibilmente, anche se non del tutto scomparsi; permangono però alcuni piccoli problemi nelle meccaniche di gioco (ad esempio se uno dei vostri personaggi possiede l’abilità di un doppio attacco e il primo va a segno uccidendo un avversario, il secondo non è utilizzabile su un altro nemico costringendovi a sprecare un tiro terminando forzatamente il vostro turno) ma non inficiano più di tanto l’esperienza, molto più fluida di quanto ricordavamo.
Altra graditissima novità di questa Definitive Edition è che essa contiene all’interno anche Varnhold’s Lot e Beneath the Stolen Lands, i due DLC a pagamento usciti su PC, aumentando in modo esponenziale il monte ore necessario al completamento.

Purtroppo è da segnalare l’assenza di una localizzazione in Italiano, sia per quanto riguarda il doppiaggio – più che discreto quello in lingua inglese – che per quanto riguarda le numerose linee di testo. È pur sempre un gioco di ruolo isometrico, leggere e capire cosa si sta facendo e che direzione sta prendendo la narrazione è parte integrante del divertimento, e proprio per questo è un aspetto decisivo di cui tener conto se sentite di non masticare la lingua di Albione come si deve.

Concludendo…

Si potrebbe dire che Pathfinder Kingmaker: Definitive Edition sia ciò che sarebbe dovuto essere la versione liscia nel giorno della sua uscita poiché, sostanzialmente, il gioco rimane identico in ogni sua parte, nel bene e nel male riuscendo al contempo nel mitigare quella serie di difetti con i quali i ragazzi di Owlcat Games non avevano fatto ancora i conti.
Le novità formali sono invece tante, di vario peso, e rendono il tutto assai più godibile: l’introduzione di una modalità a turni che riesce a limitare l’impatto negativo che la poca precisione del puntatore porta con sè; un’ottimizzazione del motore di gioco sensibilmente migliorata pur risultando ancora perfettibile in qualche suo aspetto, tra tutti la lunghezza dei caricamenti; calibrazione migliorata delle classi e una direzione artistica semplice ma efficace.
Sbirciando il voto vi domanderete cos’è che, nonostante tutta questa sequela di pregi, non gli ha permesso di raggiungere l’eccellenza.
Beh, valutando questa Definitive Edition per console è innegabile che la poca precisione del sistema di controllo, la macchinosità dei menù e qualche imprecisione nell’applicazione delle regole di gioco siano dei punti che spostano pericolosamente il voto verso il basso un voto che sarebbe stato decisamente più alto se avesse tenuto conto del solo impianto ludico, della profondità del suo aspetto ruolistico, del suo sistema di regole, della trama e della caratterizzazione dei personaggi.

CI PIACE
  • Gusto squisitamente classico
  • Profondità delle regole di Pathfinder
  • Possibilità di switchare modalità a turni e in tempo reale
NON CI PIACE
  • Controllo macchinoso e poco preciso
  • Caricamenti ridotti ma ancora lunghi
  • Assenza di localizzazione in italiano
Conclusioni

Pathfinder Kingmaker Definitive Edition è un gioco gradevole sotto tanti punti di vista, squisitamente classico e decisamente profondo. Purtroppo il sistema di controllo non è stato adattato perfettamente al joypad delle console, benché si tratti di un problema mitigato da una furba introduzione della modalità a turni.

7.7Cyberludus.com

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Studente di "Archeologia e Culture Antiche" all'università di Salerno, passa il suo tempo interessandosi di tante, troppe cose. Nulla però è in confronto della sua passione per i videogiochi, quasi insana. Predilige il gioco su PC, il retrogaming, gli RPG e gli strategici, ma non disdegna tutto il resto, ad esclusione dei simulatori di guida che evita neanche fossero debiti.

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