Ikaruga, ovvero una perla unica in un genere saturo e in abbandono da qualche anno. Il capolavoro Treasure, uscito nel 2001 su Dreamcast e in seguito su Gamecube, resta in assoluto uno dei titoli più originali dal punto di vista del design apparsi negli ultimi anni, e non solo…
Semplicistico, minimalista e apocalittico
Soli contro tutti, una condizione che gli appassionati di shootem’up (ovvero sparatutto a scorrimento, sia verticale che orizzontale) conoscono molto bene. Ma, rispetto a molti altri titoli del genere, Ikaruga ha qualcosa di diverso, che lo rende unico e speciale. A cominciare dall’estetica, elegante e ricercata sin dal menu (che non nasconde l’originale da sala giochi), per finire ad una perfezione visiva senza paragoni in-game. Eh si, perché una volta avviato il gioco noteremo un trionfo del colore bianco, simile a quello che colorava gli interni di 2001:Odissea nello spazio. I creatori del gigantesco Radiant Silvergun, uscito a metà anni 90’ su Sega Saturn, forniscono, con questo seguito spirituale, un nuovo modo di guardare l’intera categoria, rendendo altri sparattutto verticali troppo vecchi se non addirittura del tutto inutili. La nostra navicella ci condurrà, attraverso cinque livelli, in un viaggio apocalittico per salvare il nostro pianeta di origine…
Colori e strutture
Le strutture che fanno da fondale a Ikaruga sono il massimo del “futurismo minimalista”, ricordando molto da vicino gli apocalittici scenari di molto fantascienza, vicino quasi al cyberpunk. I colori sono piuttosto freddi, almeno nella maggior parte dei casi con molto colore bianco e azzurro, per esempio, nel primo livello. L’unico che in parte sfugge ai colori freddi è il secondo livello che sembra quasi ambientato sotto terra. La parte “teorica” del gioco comincia dall’impostazione dello sparo, infatti la nostra navicella è bianca solo in partenza… Il nostro colore, quasi come se si prendesse parte a uno strano conflitto basato sul “bianco e nero”, sarà infatti una sorta di scudo. I nemici si divideranno, aldilà del mero aspetto estetico, in orde di “bianchi” e “neri”, colori che rispecchieranno sia la “corazza” che i loro proiettili. Infatti se un nemico bianco tenterà di colpirci quando avremo l’assetto bianco, i loro colpi non solo non ci scalfiranno ma andranno a incrementare un’enorme barra laterale a destra dello schermo che, una volta carica, ci permetterà di lanciare un colpo fortemente distruttivo. Se il nemico dovesse essere nero non c’è motivo di aver paura, basterà utilizzare il tasto B per diventare neri a nostra volta, ovviamente (anche se è un rischio) se attaccheremo con il coloro opposto a quello dei nemici questi cadranno molto più facilmente che col loro colore. Anche gli scontri con i boss di fine livello funzionano con questo meccanismo ma in più ci saranno alcune mosse da compiere… Eh si, perché a Ikaruga, come si dovrebbe gia’ aver intuito, sparare dritto al nemico, spesso, si rivela piuttosto inutile.
Logica, difficoltà omicida e il fascino della cooperazione
In alcuni aree dei livelli saremo costretti a eseguire movimenti particolari, cambiare spesso colore, azionare strani meccanismi…e in generale avere molta lucidità e una grande logica nello scegliere le nostre azioni d’attacco. Ikaruga non è un shootem’up “spara e fuggi”, è l’esatto opposto: il giocatore sarà chiamato a essere sempre attivo e, soprattutto, ad avere grande forza di abnegazione. Già, perché il capolavoro Treasure è un gioco senza mezzi termini con una difficoltà elevatissima (che dovrebbe bilanciare i soli 5 livelli) che spesso sfocia nel frustrante e che rischia di mandare al tappeto, anche dopo pochissime sessioni, il giocatore più coriaceo e navigato. Al livello Easy terminare il gioco sarà un’impresa impossibile per una larga fascia di utenti, che se da un alto aumenta il fascino del titolo, dall’altro emargina una grande fetta di giocatori che avranno molta più probabilità di lanciare il Dreamcast fuori dalla finestra piuttosto che terminare anche solo tre livelli. Ma, del resto, Ikaruga è così, prendere o lasciare; una struttura ludica dalla bellezza inconcepibile, godibile solo a patto di essere davvero coraggiosi e perseveranti, oltre che hardcore gamers puri. Altro elemento che non fa altro che aumentarne il fascino è ovviamente la modalità cooperativa, che aguzzerà l’ingegno dei più abili, unendo azioni combinate per poter abbattere i boss. Ma i credit a disposizione non aumenteranno anche per l’altro giocatore…ma saranno condivisi, in altre parole dobbiamo dividere le nostre “vite”, rendendo decisamente più arduo il compito di arrivare fino in fondo, come se ce ne fosse ulteriormente bisogno.
Un gioiello unico
Aldilà di ogni discussione personale e di stile, il titolo Treasure tira fuori il meglio dalla macchina Sega, regalandoci un motore grafico fluidissimo e delle costruzioni poligonali dalla grande complessità e bellezza visiva. La colonna sonora semplicemente eccellente, con un’aria apocalittica e allo stesso tempo “raggiante” che pervaderà le nostre azioni. Inutile dire che la giocabilità, più che di alto livello, si può tranquillamente definire perfetta, senza alcun tipo di critica rimovibile, dotata tra l’altro di una profondità impareggiabile.
Concludendo…
Bello, bellissimo. Difficile, difficilissimo. Un gioco che, per molti, rappresenterà un incubo, con una difficoltà insormontabile e una logica eccessiva, mentre per altri rappresenterà la summa assoluta del genere, con un tasso di sfida incredibile e un carisma inarrivabile. Un trionfo di estetica visiva e di programmazione, un titolo irripetibile, tra i migliori in assoluto presenti nella soft-teca della bianca console nipponica. Il consiglio è comunque quello di provarlo, anche solo per vedere tante magnificenza ludica. Capolavoro indiscutibile.