L’annuncio bagna-mutande di Rockstar Games
Dinanzi a un annuncio di tale portata, è tempo per me di raccogliere i pensieri e riordinarli nella capoccia. C’è gente che dice “come fate a fare tutto ‘sto casino per un’immagine su Twitter?” E come non potremmo? Penso io… ed ecco perché: Rockstar, nel corso degli anni, è diventata sinonimo di garanzia oltre che di intrattenimento di qualità. GTA San Andreas e Vice City erano epici, sia chiaro, ma con l’avvento di PS3 e Xbox 360 le produzioni degli Houser sono passate, semplicemente, a un livello superiore… e non parlo solo di grafica.
Una grande nave mercantile approda a Liberty City e segna l’inizio di uno dei videogiochi più belli della scorsa generazione: l’epopea amara di Nico Bellic e del cugino Roman, è stata la prima narrazione completa di uno spaccato della società americana, di quella realtà dei bassifondi che si cerca di nascondere e dimenticare, senza mai riuscirci del tutto. Stiamo parlando di un upgrade grafico e soprattutto “fisico” non indifferente. Una ricostruzione magistrale di una New York fittizia, che andava a sposarsi perfettamente con le coinvolgenti missioni di gioco: quartieri di tutti i tipi, sparatorie e feeling delle armi allo stato dell’arte, sistema collisioni dei veicoli rimasto insuperato (anche dai più blasonati simulatori di guida) e una trama a tratti commovente. E questo è soltanto l’inizio.
Il vecchio West secondo Rockstar
Tre parole: Red Dead Redemption. Ricordare questo gioco ed elencarne i pregi è qualcosa di complicatissimo. John Marston è un ex fuorilegge che, braccato dal governo, è costretto a intraprendere un viaggio che lo porterà a uccidere i suoi ex compagni di scorribande, razzie e rapine. La sua famiglia è in pericolo e l’uomo arriva fino in Messico pur di raggiungere il suo obiettivo. Rockstar non si accontenta di creare ambientazioni favolose e credibili, non si accontenta di dotare i cavalli di muscolatura “reale”, né di inscenare sparatorie degne del miglior film western, no: Rockstar riesce a narrare una drammatica vicenda che si svolge durante uno dei periodi chiave della storia americana. Il passaggio dal selvaggio west alla “civilizzazione” è assolutamente ravvisabile nella città di Blackwater, con le prime macchine che si apprestano a sostituire i cavalli e le strade che rendono, le polverose cittadine dell’epoca, un lontano ricordo. Dall’altra parte, invece, c’è il west che non vuol saperne di accettare il crepuscolo. Crepuscolo che arriverà, inesorabilmente, anche per John Marston.
Due titoli, due capolavori indimenticabili, rispettivamente 98 e 95 su Metacritic. Il successo della compagnia è alle stelle e le sterili critiche di governi e telegiornali disinformati non scalfiscono minimamente l’immagine di queste meraviglie videoludiche.
Siamo nel 2011 ed è tempo di noir per il partner di Take Two: è tempo per il neonato Team Bondi di rilasciare L.A. Noire. Il gioco può essere considerato, a livello di recensioni, il meno convincente di Rockstar. Di che stiamo parlando? Di un 89. Quando Rockstar “floppa”, i suoi giochi riescono a totalizzare punteggi assolutamente in linea con quelli di grandi successi di altre software house. Prendete la cura riposta in sparatorie, danni alle auto e muscolatura degli equini e spostatela nel motion capturing. Cole Phelps, a volte, aveva delle espressioni un po’ troppo caricate, è vero, ma stiamo parlando di una vera e propria meraviglia tecnica per l’epoca. L’eroe dannato che raggiunge il successo per poi cadere nel baratro di un’esistenza maledetta, a causa anche di quei poteri forti che non è riuscito, pur sforzandosi, a sconfiggere. Un’esperienza noir degna del miglior cinema d’autore, minata solamente da alcune imperfezioni nel gameplay e da una certa ripetitività, specialmente nelle sue fasi finali. Tutti sappiamo che è molto difficile, per un nuovo arrivato, prendere il timone di una serie videoludica o cinematografica blasonata. JJ Abrams ha confezionato un ottimo episodio 7 di Star Wars ma c’è riuscito anche perché non ha voluto rischiare, proponendo tutti gli elementi classici della serie nel suo film. Anche il recente Gears of War 4 è un ottimo titolo e, anche in questa occasione, i The Coalition hanno preferito non “contagiare” il leggendario sparatutto con la loro personalità, optando per un titolo solido e ben ancorato ai suoi punti cardine. Che cosa fa, invece, Rockstar Vancouver con Max Payne 3? Riesce a far coincidere la presa in gestione totale della serie che, ricordiamo essere stata concepita da Remedy, con un viaggio di cambiamento interiore per il tormentato Max Payne. I fan storici della serie non sono tutti con Rockstar, che anzi si espone a critiche e insulti: Max decide di trasferirsi in Brasile, abbandonando la fredda Brooklyn che gli ha portato via troppe cose. Una spirale di morte e intrighi che lo porterà, ingrassato e rasato a zero, sulle tracce di un grosso scandalo politico che include anche bande delle favelas (magistralmente riprodotte), polizia e l’elite brasiliana. Il gameplay di questo titolo si rivela semplicemente stellare con un Euphoria, mai utilizzato a questi livelli, che garantisce alcune tra le sparatorie più coinvolgenti della storia dei videogiochi.
Presente e futuro
Con GTA V, rilasciato su Xbox 360 e PS3 il 17 settembre 2013, Rockstar riesce a unire con perizia tutte le migliori feature presenti nei suoi precedenti giochi, per creare qualcosa di semplicemente unico. Los Santos, di CJiana memoria, fa da sfondo alla storia dell’improbabile trio formato da Michael “de Santa” Townley, Trevor Philips e Franklin Clinton. Grand Theft Auto V rappresenta, assieme a The Last of Us, il canto del cigno della scorsa generazione di console. Una produzione da 265 milioni di dollari, che fa impallidire anche i 237 milioni di dollari utilizzati da Cameron per girare Avatar, garantisce al titolo la posizione tra le migliori esperienze videoludiche di sempre: nel 2010, in Red Dead Redemption, la muscolatura del cavallo “funzionava davvero” e, appena tre anni dopo, le ciabatte da piscina facevano il caratteristico “flap”, in GTA V. Senza dilungarmi sul character switch dinamico, sull’enorme varietà di missioni, ambientazioni, easter egg, armi, sulla longevità, sul multiplayer, voglio soltanto limitarmi a dire che Rockstar riesce (per adesso sempre) nella durissima impresa di rendere i suoi giochi, incarnazioni fisiche e tangibili della parola “coinvolgimento”: tutto è al suo posto nei suoi videogiochi, tutto è come dovrebbe essere e tutto ciò che il giocatore sogna di fare in altri titoli, indovinate un po’, nei giochi di Rockstar diventa realtà. Ecco perché quando sento “come fate a fare tutto ‘sto casino per un’immagine su Twitter”, mi viene il nervoso.