Ci sono personaggi e saghe ancorati in modo indissolubile alla loro epoca, e riproporli dopo molto tempo potrebbe apparire anacronistico. E Max Payne è uno di quei personaggi, fortemente identificato in un contesto ludico ormai scomparso. Due giochi che hanno sicuramente dato il loro contributo allo sviluppo dell’industria videoludica, tra pionieristiche commistioni cinematografiche (sia narrative che visive) e con un approccio strettamente ludico altrettanto innovativo, ma con un’atmosfera caratterizzata fortemente in un periodo storico ben delineato. In altre parole ci trovavamo di fronte a due prodotti in cui i postumi anni ’90 sono ancora evidenti (non necessariamente un male, anzi) e il rischio di essere fuori tempo, nel 2012, è sicuramente reale. Se poi si legge che dietro il timone non sono più i celebri ragazzi finalndesi di Remedy Entertainment , impegnati ad inizio sviluppo con il solo parzialmente compreso Alan Wake, è lecito che i dubbi sulla qualità di questo sequel possano aumentare. Eppure, che ci crediate o meno, Max Payne 3 è uno di quei prodotti destinati a far parte del gruppo di “eccezioni che confermano la regola” non scritta dei sequel…

Di nuovo in azione

Ritroveremo Max in Brasile, appesantito dal peso degli anni e da uno stile di vita tutt’altro che regolare. Non è più tempo per gli eroi e Max ha scelto di provare a cambiare la propria vita, passando da poliziotto a guardia del corpo. Un lavoro cui farà piuttosto fatica ad abituarsi, in una terra così profondamente diversa dalla sua. Tanto per restare in sintonia con la sua storica fortuna, le cose non andranno molto bene per la famiglia Branco, costringendo il nostro eroe ad abbandonare il sogno di una pensione dorata, e a ritornare così al centro dell’azione. La trama è davvero avvincente, oltre che lunga, articolata e arricchita da alcuni flashback, e inchioderà letteralmente il giocatore alla poltrona fino alla conclusione, senza dare mai motivazioni valide per spegnere la console.

 

 

Bullet (time) in the head

I primi due Max Payne avevano introdotto in modo massiccio l’uso del Bullet time in un videogame. Se, ai più, il tutto è parso un riferimento al celebre Matrix dei fratelli Wachowski, questa impostazione è un riferimento cristallino al cinema d’azione di John Woo , peraltro ivi citato molte volte (in modo più o meno diretto). Il terzo capitolo non fa eccezione, anche se alcuni aspetti sono stati rivisti e adattati ai videogiochi moderni. La vera novità è data dall’introduzione di un sistema di coperture, ormai aspetto obbligatorio in tutti gli sparatutto in terza persona moderni, che consente non solo di proteggersi ma anche di sporgersi per prendere la mira o anche solo sparare alla cieca. Il sistema si comporta decisamente bene, con solo qualche rarissima imprecisione dovuta a oggetti che intralciano la copertura stessa, ostacolando l’arma da fuoco. Lo shootdodge, ovvero l’insieme di proverbiali tuffi al rallentatore, è “separato” dal Bullet time, che può essere usato in qualsiasi momento (purchè la barra del tempo sia almeno parzialmente caricata). Una volta tuffato, Max resterà a terra e dovremo gestire la situazione con attenzione: è consigliabile usare lo shootdodge in prossimità di ripari o in alternativa continuare la sparatoria da terra. Inoltre dovremo stare bene attenti all’ambiente circostante, in quanto un tuffo vicino a un muro o altri ostali si risolverà in una brutta caduta, con effetto sorpresa svanito e vulnerabilità nei confronti dei nemici. Sparisce invece il salto, oramai inutile in un gameplay moderno. Torneranno gli antidolorifi, in grado di rialzare di farci recuperare salute, e qualora dovessimo averne alcuni inutilizzati, se venissimo colpiti mortalmente non moriremo ma avremo una ultima chance. Questa possibilità ci consentirà di vendicarci nei confronti di chi ci ha sparato, nel’arco di tempo in cui Max cadrà verso il terreno. Se dovessimo riuscire a colpirlo in questa azione al rallentatore, non solo non perderemo la vita ma la nostra barra della salute si ricaricherà come se avessimo preso l’antidolorifico. E’ comunque buona pratica utilizzare l’antidolorifico oltre una certa soglia di danno (da tre quinti della barra in poi), in quanto l’Ultima chance potrebbe non andare a buon fine (se non abbiamo colpi nel caricatore non potremo ricaricare, oppure contro un nemico lontano dal nostro raggio di fuoco). Se dovessimo restare impantanati in un punto molto difficile, niente paura, dopo alcuni tentativi il gioco ci “regalerà” antidolorifici e munizioni in più, in modo da evitare momenti di frustrazione anche nei momenti più impegnativi della storia. Potremo scegliere diversi tipi di mirino: automatico, semi-automatico o manuale. Nel primo caso il puntatore seguirà il nemico più vicino in modo totalmente guidato, utile per un principiante o per chi è poco avvezzo ai giochi d’azione, mentre manuale lascierà l’intera incombenza della mira al giocatore. La via di mezzo ci segnalerà la posizione del nemico più vicino ma non lo seguirà nei suoi movimenti, aiutandoci a rintracciarlo qualora nascosto da ostacoli o fuori dal nostro campo visivo. Il mirino manuale è quello che meglio si rifà alla filosofia della saga, ma ad ogni modo anche il mirino semi-automatico si comporta discretamente bene. Nel complesso Max Payne 3 cambia le regole del gioco in maniera più sostanziale di quello che può sembrare a un primo sguardo. A differenza del ritmo della narrazione, perennemente a rotta di collo, il ritmo di gioco risulta invece più riflessivo, scoraggiando azioni suicide e suggerendo invece un saggio uso delle coperture. Il Bullet time resta molto utilizzato, in quanto efficacissimo anche usato in situazioni di copertura. Nel complesso, più che snaturato, si potrebbe dire che Max Payne si adatta semplicemente ai gameplay moderni, pur senza perdere minimamente il carisma e la struttura originaria, semmai arricchendo quest’ultima di elementi nuovi per la serie.

Aspetto tecnico e stile

Dal punto di vista tecnico, Max Payne 3 si piazza certamente tra i migliori prodotti multipiattaforma in assoluto dell’intera generazione. Una cura monumentale in praticamente qualsiasi aspetto, dagli ambienti agli oggetti, toccando vette notevolissime nella modellazione dei personaggi e dei volti. Le animazioni risultano a volte addirittura sorprendenti, tra cui le cadute dei nemici uccisi o quando Max ricaricherà una pistola dovendo passare sottobraccio. Avremo moltissimi elementi su schermo, ma nella versione Xbox 360 il frame rate s’è dimostrato assolutamente granitico. Diverso il discorso per la versione PS3, che ha mostrato il fianco a qualche leggero calo di frame rate, ma comunque senza intaccare mai la giocabilità. Nonostante le perplessità sull’ambientazione brasiliana, l’atmosfera, pur diversa dai primi due capitoli della serie e comunque intatta nei capitoli flashback, nei fatti si dimostra azzeccata e vincente. Del resto, siamo pronti a scommetterci, molti di coloro che si sono lamentati del cambio d’atmosfera si sarebbero lamentati anche se il gioco avesse mantenuto le radici statunitensi, accusando Rockstar di immobilismo e di optare per scelte comode. Invece Max Payne 3 spiazza, avvolge e riesce a essere un titolo di grande rilievo anche dal punto di vista della caratterizzazione e dello stile. L’unico vero punto debole sul lato visivo è dato dai sottotitoli italiani, il cui formato minuscolo rende la lettura a volte molto difficoltosa. Il sonoro risulta in splendida forma, grazie ad alcuni temi davvero apprezzabili e, soprattutto, a un doppiaggio inglese semplicemente sontuoso. Max Payne perde la grande voce di Giorgio Melazzi, cui i giocatori italiani sono affezionati da oltre un decennio, ma James McCaffrey, storica voce originale di Max, non è assolutamente da meno.

Longevità in singolo e multiplayer

La campagna, che di per sé brilla per una qualità e costanza della sceneggiatura di rara bellezza, eccelle dal punto della vista della durata, decisamente più alta degli standard odierni. Per completare la storia ci vorranno all’incirca una decina di ore, che potranno aumentare o diminuire (di poco) in base alla difficoltà di gioco che sceglieremo. E’ bene dire che già dalla difficoltà Normale (la seconda più semplice tra le cinque disponibili), il gioco si mostra giù piuttosto impegnativo, quindi la sfida per gli hardcore gamer non mancherà di certo. Ad aumentare notevolmente il monte ore a disposizione ci pensa la interessante, e inedita, modalità multiplayer online. La struttura apparentemente tradizionale, con livelli incrementati in base all’esperienza di ogni partita e modalità di gioco tutto sommato classiche, porta con sé alcune variazioni. In primis il Bullet time è stato implementato con successo, in secondo luogo le modalità di gioco Hardcore verranno sbloccate in base alle nostre statistiche (uccisioni in primis), in modo da far scrematura tra gli utenti e incentivare gli stessi a non abbandonare il gioco. Da sottolineare la modalità Payne Killer, anch’essa da sbloccare, dove i giocatori coopereranno per uccidere Max. Il giocatore che ucciderà Payne lo sostituirà al successivo respawn. Potremo anche personalizzare il nostro personaggio, basandoci sui modelli preesistenti o sbloccare gustose skin (tra le quali anche il primo volto di Max Payne!). La qualità della connessione è ottima, così come la rapidità del matchmaking, garantendo una giocabilità in rete di pregevole fattura e senza lag. E’ possibile rigiocare la modalità principale sia sottoforma di Time Trial, con un tempo assegnato per concludere ogni livello, e Arcade, in cui saremo premiati con un punteggio in base al nostro stile.

Apocalypse Max

Max Payne proprio come Benjamin Willard , solo in una stanza d’albergo, completamente ubriaco, a fissare le pale del ventilatore da soffitto tramutarsi in elicottero, proprio come nell’affresco vietnamita di Francis Ford Coppola. E questa è solo una delle citazioni a Apocalypse Now presenti in Max Payne 3 , ma nel gioco sono presenti anche altri episodi simili tra i due personaggi (basti ricordare la sequenza in cui Max si taglia con un bicchiere per la rabbia, simile alla rabbia con cui Willard rompe lo specchio all’inizio di Apocalypse, e entrambi si procurano un taglio alla mano). Anche dal punto di vista caratteriale i due hanno molte cose in comune. Entrambi si muovono preferibilmente da soli nella loro missione e in un paese di cui non capiscono minimamente la lingua: mostrano tutti e due una notevole profondità di pensiero, percebile grazie alla voce fuori campo, che dimostra anche lo spessore dei personaggi. Max è ormai un personaggio disilluso, esattamente come Willard, a differenza del secondo episodio, dove pensava di poter ancora cambiare la sua vita, tornando in polizia e vendicandosi. Sia Max che Willard non nascondono una certa dipendena dall’alcol: entrambi vengono trovati ubriachi nella loro stanza d’albergo, Max lavora se possibile accanto a un bar, e Willard in una sequenza (poi rimossa dal montaggio Redux) arriva addirittura a sostuituire l’acqua della sua borraccia con del Martini. Per Max il viaggio in Brasile sarà veramente una sorta di Apolicasse, e le sfumature/somiglianze con il personaggio interpretato da Martin Sheen sono un’ulteriore dimostrazione del grande lavoro di caratterizzazione svolto da Rockstar. E’ davvero notevole il lavoro di scrittura nella crescita del personaggio di Max Payne, con carattere e la psicologia ampliati in modo considerevole, il tutto impreziosito da riferimenti al grande cinema. La degna chiusura di un prodotto con i controfiocchi.

Concludendo…

Nonostante l’indubbia inflazione di termini superlativi nel panorama videoludico odierno, Max Payne 3 è un vero capolavoro. Max Payne è tornato in grande forma, nonostante i chili di troppo e il volto stanco: il tempo non ha diminuito il fascino noir, nemmeno attenuato dall’ambientazione brasiliana. Un gameplay virtualmente perfetto, che unisce la classsicità dei primi capitoli alle regole dei TPS di oggi, una delle trame più avvincenti e riuscite degli ultimi tempi, che peraltro vanta la durata incredibile di oltre dieci ore, e una delle realizzazioni tecniche più convincenti in assoluto su console (specialmente se si considera le produzioni multipiattaforma) fanno di Max Payne 3 un gioco da avere assolutamente. Consigliatissimo praticamente senza riserva alcuna, naturalmente in particolare ai fan dei primi due episodi.

AGGIORNAMENTO: Considerazioni PC – A cura di Angelo Bruno

I benefici delle Dx11

Aggiorniamo la recensione di Max Payne 3 per dedicare due sezioni alla versione PC relative al comparto grafico del titolo Rockstar Games. Max Payne 3 è uno dei pochi titoli che non solo supportano le DirectX 11 ma, un po’ come in Batman Arkham City, fanno sentire in maniera tangibile la loro presenza in termini di qualità e quantità dei dettagli grafici. I benefici dell’attivare la libreria DX11 ha due ripercussioni sul gioco: qualità grafica migliorata globalmente e possibilità di usufruire di altri tre filtri grafici quali MSAA, occlusione ambientale e tassellatura; anche giocando con DX9 è immancabile il leggerissimo ma efficiente filtro anti-aliasing di Nvidia, FXAA. Analizzando subito il discorso aliasing, ovvero il fastidioso effetto gradinatura sugli elementi dello scenario, Rockstar ha accontentato tutti con i due filtri dedicati al problema . Chi non dispone di un computer di ultima generazione con scheda grafica recente potrà attivare il filtro FXAA lasciando disattivato o a livelli bassi il dispendiosissimo MSAA: quest’ultimo può essere spinto fino ad 8x ed arriva a consumare quasi l’intera memoria di una scheda grafica da 2Gb, senza contare che la ram video che rimane dovrebbe servire anche per il resto. Inutile dire che i pesantissimi filtri portano ad una pulizia totale delle texture, eliminando le imperfezioni sui contorni dei modelli poligonali e degli oggetti presenti all’interno delle location, ma basta dare uno sguardo ad una qualsiasi immagine in-game di Max Payne 3 per notare subito l’elevato numero di dettagli ed ecco spiegato il perché dell’incredibile dispendio di memoria che MSAA porta più che mai con sé. Il filtro FXAA è attivabile tranquillamente fino alla massima elaborazione dell’immagine e svolge il lavoro dell’MSAA in maniera simile ma più leggera: ne consegue che l’uso della memoria è ridotto, ma la qualità finale delle texture in-game è comunque inferiore, anche se si parla di dettagli. Come sempre la vince il compromesso, ovvero smanettare coi valori nel menu grafico e, aiutandosi con un software che mostra gli FPS in tempo reale, trovare la combinazione vincente per ottenere la maggior pulizia sacrificando pochi fotogrammi. Il consiglio, però, è quello di fissare il filtro FXAA al massimo livello poiché porta con sé benefici evidenti e non pesanti, per poi giocare con l’MSAA per aggiungere qualità supplementare all’immagine. Per concludere il discorso relativo alla scalettatura dell’immagine, le opzioni grafiche di Max Payne 3 supportano il filtro anisotropico, ovvero elaborazione dell’immagine per ridurre o eliminare l’effetto gradinatura su superfici non piane. Anche l’attivazione di questo filtro prescinde dalle DX11, e può essere facilmente portato a 16x senza troppi problemi da qualsiasi sistema hardware di configurazione dual core. L’abilitazione delle DX11 porta con sé anche la tecnica della tassellatura, ovvero la suddivisione di un modello poligonale in più pezzi per poi dare a ciascuno di essi uno spostamento sulla mappa di base, che cattura le informazioni globali della texture e restituisce l’immagine perfezionata rispetto al modello di partenza. Con questa tecnica i poligoni possono venire “spezzettati” in tanti sotto-poligoni, i quali vengono memorizzati come “sfalsati” rispetto al poligono base; vengono poi applicati filtri come illuminazione, ombre e altro. Il risultato è una definizione simile all’uso di poligoni molto piccoli, ma con minore complessità di calcolo perché i sotto-poligoni non sono indipendenti. La notizia è che la tassellatura in Max Payne 3 non è evidentissima, e pur settandone l’uso al massimo consentito non si avvertono le differenze tra le scene di intermezzo senza questa rielaborazione dell’immagine. La tassellatura nel gioco riguarda i volti, poiché le texture usate per le location sono talmente ordinarie da rendere inutile l’utilizzo della tecnica. Vista la pochezza dei benefici, anche l’impatto alle prestazioni non preoccupa: il consiglio è quello di usufruire al massimo dell’opzione grafica, purchè la fluidità non scenda troppo.

Concludiamo il tour delle avanzate opzioni grafiche di Max Payne 3 combinate con le DirectX 11 parlando dell’occlusione ambientale, ovvero la tecnica di computer grafica che calcola il giusto impatto dell’illuminazione sugli oggetti tramite filtri di attenuazione della luce e verifica dell’angolo di incidenza. L’occlusione ambientale può essere disattivata oppure settata in SSAO – Screen Space Ambient Occlusion – o HDAO – High Definition Ambient Occlusion. Come suggerito dai nomi delle due tecniche, l’HDAO è l’evoluzione della SSAO, ed è un peccato che quest’ultima non sia utilizzabile anche con le DX9 come invece hanno permesso altri titoli. Non vi è molta differenza tra le opzioni dell’occlusione ambientale, se non la quantità di luce visibile sui corpi in movimento, in particolare riguardanti il dinamismo delle sfumature. Per apprezzare appieno i settaggi dell’illuminazione è sufficiente confrontare la versione PC con quelle console.

Indispensabili patch

La nota dolente della versione Pc è rappresentata dalle solite imperfezioni che quasi ogni gioco porta con sé: si va da piccoli problemi relativi ai driver delle schede grafiche a qualcosa di più complesso e simile a bug. Molti ragazzi della comunità – Rockstar Games Social Club, iscrizione come al solito necessaria – che hanno acquistato il gioco, hanno dovuto fare i conti con crash misteriosi dovuti a chissà quale problema tecnico non dipeso dall’utente in prima persona. Si legge per la rete di incompatibilità dei driver – c’è chi ha risolto aggiornandoli, chi mettendo versioni meno recenti – a crash misteriosi durante il gioco e difficili da risolvere. Purtroppo l’utenza si divide in questi casi, e i più fortunati che hanno potuto continuare l’avventura del grande Max hanno risolto il crash smanettando tra le impostazioni grafiche o reinstallando il gioco. Nonostante i fix che fin dal dayone hanno contraddistinto il titolo su Pc, attualmente sono in molti ad aspettare nuove patch, col gioco lasciato sullo scaffale o, peggio, rivenduto.

Console vs PC: giustifichiamo i 29 gigabyte

Non potevamo esimerci dal fare un breve confronto tra la versione Pc e quella console: i numeri non mentono, e per bocca degli sviluppatori l’incredibile peso del gioco – circa 29 gigabyte – è dovuto sia alla dimensione delle texture che alle mancate decompressioni. Le texture sono quattro volte più grandi rispetto a quelle su Playstation 3 ed Xbox 360, e il tutto su console si traduce in maggior sfocatura – dunque perdita di definizione dei modelli poligonali ed ambientali, per via del limite imposto di 720p – e peggior illuminazione: un limite che nella versione PC non esiste. La differenza nei fermo-immagine è evidentissima anche all’occhio meno abituato: si tratta, nei casi più visibili, di maggiori ombreggiature della versione console che vanno a coprire dettagli del viso, dei vestiti o degli oggetti. In situazioni più caotiche, in cui entrano in gioco effetti particellari ad esempio, il dettaglio si perde in parte e va ad appiattirsi col classico “effetto pastoso” che porta con sé la sfocatura (un pezzo d’immagine coi colori appiattiti va ad invadere i contorni degli altri pezzi): su Pc il risultato è ben diverso ed ogni scintilla o schizzo d’acqua è ben definita. Il discorso si manifesta anche in secondo piano, ovvero sugli elementi dello scenario per i quali le cinematics prevedono la sfocatura voluta per far risaltare i protagonisti: l'”effetto pastoso” descritto prima su console è ben più evidente, e addirittura si mischiano le sfumature di alcune texture andando a modificarne i lineamenti. Il difetto è assolutamente nullo su PC.

Confronto importante è anche quello relativo al calcolo dell’illuminazione, evidente anche prendendo in esame il gioco in running con DirectX 9: su console, a vantaggio di colori apparentemente più forti che coprono la mancanza di alcuni dettagli, risultano più evidenti le ombre anche nei punti in cui dovrebbero essere leggere, ad esempio a voler simulare l’impatto del sole col viso o i capelli sulla fronte.

A causa delle ombre accentuate sulle due piattaforme di gioco, i modelli poligonali risultano ben più realistici su Pc anche senza farne un discorso di dettagli delle texture.

Per concludere, Rockstar ha giustificato le dimensioni del gioco anche rispetto alla mancanza di compressioni che riguardano sia gli elementi grafici che sonori: tutti sappiamo che le compressioni audio e video riducono la bontà del file originale perché ne vengono tagliate informazioni. Pertanto, anche le musiche e il doppiaggio hanno maggior qualità su Pc, poiché non sottoposti alle dovute compressioni dei file per far rientrare il gioco nella dimensione consentita per la masterizzazione sui supporti di Playstation 3 ed Xbox 360.

CI PIACE
  • Il ritorno di Max Payne\
  • Storia avvincente e lunghissima
  • Gameplay sostanzialmente perfetto
  • Realizzazione tecnica di alto livello
  • Doppiaggio inglese sontuoso
  • Multigiocatore online divertente
NON CI PIACE
  • Sottotitoli dal font un po’ troppo piccolo
  • Qualche calo di frame su PS3
Conclusioni

Max Payne è tornato in grande forma, nonostante i chili di troppo e il volto stanco: il tempo non ha diminuito il fascino noir, nemmeno attenuato dall’ambientazione brasiliana.

9.3Cyberludus.com

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