È difficile ricordare il nome di un qualunque videogioco che, avendo dietro di sé nomi di un certo spessore, non fosse minimamente in grado di raccontare qualcosa dall’inizio alla fine. Tuttavia, come noi tutti sappiamo, c’è sempre una prima volta per tutto nella vita, e CrossfireX potrebbe essere il primo prodotto che non ha nulla da dire, pur essendo capace di farlo “intrattenendo”.
Le virgolette non sono una scelta stilistica quando si parla dell’ultima fatica prodotta da Smilegate e Remedy Entertainment, bensì una doverosa premessa. È una necessità, come vedrete in questa sede di recensione, derivante da un’avventura che ha saputo complessivamente tenerci incollati davanti allo schermo, seppur lasciandoci interdetti.
Però, il semplice intrattenimento ai giorni d’oggi non basta: la fama di un team di sviluppo, o per meglio dire due in questo caso, precede l’arrivo di qualsiasi produzione del mercato videoludico, soprattutto in campagna marketing. Per quanto questo sia inevitabile, carica quindi il prodotto di aspettative non di poco conto.
Ove, infatti, la prima delle due case di sviluppo ha diretto principalmente il comparto multigiocatore del first person shooter esclusivo della line-up dell’ecosistema Xbox e Gamepass, Remedy Entertainment ha curato entrambe le campagne che rappresentano l’offerta contenutistica di CrossfireX.

Badate bene: quando nominiamo Remedy Entertainment non lo facciamo a cuor leggero, in quanto si tratta di una software house di grandissimo spessore, i cui apporti all’intera industria si concretizzano nella realizzazione di prodotti dal calibro di Control, Alan Wake e Quantum Break. Le aspettative sono alte, e la voglia di mettere le mani sull’atteso CrossfireX pure.

Senza ulteriori indulgi, entriamo nel vivo di questa recensione…

CrossfireX, quando il militarismo spiccio la fa da padrone

Le prime perplessità circa il lavoro svolto da Smilegate e Remedy vengono fuori sin dalle primissime battute di gioco, con una campagna in single player che, al di là delle controverse questioni circa l’assenza di una delle due parti sin dal day one su Game Pass, ha veramente poco da offrire.

Non si direbbe minimamente che a contribuirne alla sua produzione vi sia Remedy; quella stessa Remedy che, pur volendo trasporre un certo iter di scrittura dello storytelling anche in CrossfireX, fallisce nel suo intento. Il che sembrerebbe paradossale e alquanto grottesco, seppure la firma apposta dalla casa di sviluppo non sarebbe neppure male, se solo non fosse inutile e noiosa. Ma andiamo con ordine…

La modalità giocatore singolo consta di due parti, o per meglio dire di due operazioni: Operation Catalyst e Operation Spectre. In entrambe, sotto prospettive differenti, prenderemo parte ad una guerra tra la fazione dei Black List e dei Global Risk in quel di Azkharzia. Traspare il desiderio di far vivere al giocatore un’avventura intrigante e che possa costruire un micro-universo narrativo, ma si percepisce veramente poco e timidamente. In particolare, lo si intuisce dalla lunga serie di collezionabili (documenti ed audio in questo caso) disseminati un po’ ovunque nella mappa, che delle volte vogliono raccontare la storia di un progetto militare top secret e la scoperta di una lunga serie di prove insabbiate (strano, mai vista un incipit di questo tipo). Succede però che l’elemento collezionistico, quasi sempre, si traduce nell’ottenimento di superflui giocattoli, cozzando totalmente con lo spirito frenetico di un FPS. Tale meccanica funge unicamente da riempitivo all’interno di una produzione che, oltre ad essere narrativamente soporifera, si attesta sulla manciata di pochissime ore.
Parliamo, infatti, di una durata che si aggira (stando alle stime statistiche di Xbox) attorno alle sette ore per completare entrambe le campagne, dedicando pure una buona percentuale di questo tempo all’esplorazione degli ambienti di gioco e alla raccolta di quanti più collezionabili possibili, seppur vi sia la possibilità (e questo è un elemento positivo) di ripercorrere tutte le tappe dell’avventura attraverso la selezione di diversi checkpoint per missione. Tuttavia, aumentare artificiosamente la longevità del titolo e la sua rigiocabilità con l’introduzione dei collezionabili non è affatto un pregio, specie quando si riduce sempre ad un’esperienza dalla durata massima di una decina d’ore.

Le premesse non sembrano delle migliori per ciò che CrossfireX cerca di offrire, andando persino a peggiorare con l’intervento di Remedy Entertainment e l’apporto della sua firma videoludica.

Lo stampo narrativo dalle tinte thriller concepito per Operation Catalyst, ove non compare il nome di Smilegate nell’avvio della campagna, sa già di visto e rivisto, cercando di emulare e di sortire un “effetto Control”, che in pura linea teorica dovrebbe ammaliare. Tuttavia, differentemente dal titolo da cui “ricicla” malamente una direzione registica dalle tinte noir, nel corso dell’avventura ed al suo termine il giocatore rimane confuso e stranito da una narrazione che cerca di essere criptica ed enigmatica, nel tentativo di nascondere una lunga serie di incongruenze che permangono dall’inizio alla fine. Quando, invece, le domande poste ottengono una risposta, sarebbe stato meglio che non le avessero avute.
Operation Catalyst e Operation Spectre rappresentano, assieme, uno degli elementi più trascurati di CrossfireX. Il comparto narrativo del prodotto mette alla luce una trama totalmente priva di pathos, che verte su delle vicissitudini pretestuose e che, in linea di massima, possiamo definire fallimentare. Ne deriva un titolo senza alcun appeal, ma che tenta inutilmente di prendersi sul serio.
Si potrebbe sostenere che una trama piatta e lineare sia legittima, o addirittura normale, se si pensa che abbiamo tra le mani pur sempre un FPS, un genere certamente non noto al grande pubblico per la sua natura narrativo-centrica. Nonostante questa implicazione logica non sia di per sé veritiera, e basterebbe volgere lo sguardo al passato e ad alcune delle campagne di Call of Duty per ricordare come pure gli FPS possano avere una modalità storia avvenente, potrebbe essere questa l’unica giustificazione per spiegare la pubblicazione di uno scempio di tale portata.

Tuttavia, giunti a questo punto, la domanda rimane una ed una sola: se una buona parte del pacchetto contenutistico non è degno di nota, cos’è che salva la produzione dal baratro?

Un gameplay che non sa né di carne né di pesce, ma che…

Seguiranno, e serviranno, ulteriori premesse anche in riferimento a tutto ciò che rientra nel novero del gameplay: la messa a punto videoludica operata da Smilegate e Remedy non rientra in alcun modo tra le migliori dell’ultimo periodo, ma possiamo tranquillamente dire che il progetto sia interamente sostenuto da un sistema di gioco complessivamente appagante, che per quanto raggiunga solo la sufficienza ha saputo darci qualche soddisfazione. Non si tratta di un gradimento tecnico, perché CrossfireX risente davvero tanto della sua natura cross-generazionale. La nostra prova si è svolta interamente su Xbox Series S e, per quanto la nuova ammiraglia di Microsoft sia l’opzione più economica alla nuova generazione Xbox, si tratta pur sempre di una console next-gen. Il comparto tecnico di CrossfireX non presenta in alcun modo una conduzione artistica di alto livello: gli ambienti, spogli e ridotti all’essenziale, sono per nulla caratterizzati.

Stessa cosa dicasi per il sistema di ombre e di illuminazione, incapace di restituire alcun senso di immersività. La situazione certamente non tende a migliorare, vista la presenza di un comparto sonoro scandaloso per un FPS, data l’impossibilità di distinguere i passi degli alleati da quelli dei nemici. Non sarebbe di per sé una grossa problematica (o perlomeno sarebbe forzosamente accettabile) se fosse relegato unicamente la modalità storia, ma riguardando anche il multiplayer non possiamo far altro che parlare di un lavoro mal svolto. D’altro canto, il frame rate granitico restituisce maggiormente un grande senso di fluidità, complice anche l’introduzione predefinita del motion blur che esalta una caratteristica di per sé non certamente unica, ma di sicuro importantissima per un prodotto approdato su next-gen e per un FPS.

La buona base di partenza di CrossfireX, il cui unico difetto è quello di non essersi trasformato in qualcosa che sapesse offrire di più, è proprio un sistema di shooting intrattenente. Pur non sapendo “né di carne né di pesce” come si usa dire, perché offre un’esperienza altalenante tra il tattico-simulativo e lo shoot ’em up, offre una profondità potenzialmente interessante. Vedasi, ad esempio, la possibilità di sparare a degli assi di legno per offrire al giocatore un punto da cui mirare e sparare o, in alternativa, la possibilità di inclinare l’arma per mirare diagonalmente (che dipende, purtroppo, unicamente dallo spostamento dell’arma da dietro un riparo).
Come detto in precedenza, sarebbe un buon punto di partenza, se non fosse che anche il gameplay presenta delle problematiche di cui tenere necessariamente conto: la prima vede proprio un sistema di shooting sporcato da quello di mira, totalmente impreciso e che non rispetta in alcun modo il punto centrale del mirino. Credevamo che fosse una problematica legata alla personale imprecisione, ma dopo una serie di tentativi sulla media e lunga distanza il problema persiste, mostrando inoltre come il proiettile, anche viaggiando a certe distanze, non sembri rispettare alcuna fisica di caduta di questo.
Non è tutto da buttare in CrossfireX, perché nonostante le -troppe-imperfezioni, il gameplay appagante ha saputo intrattenerci per tutta la durata della nostra esperienza, se non fosse che il titolo soffra tremendamente di un sistema di intelligenza artificiale osceno. Non esistono mezzi termini per definire l’IA concepita da Smilegate e Remedy per la loro avventura, incapace di reggere il confronto con moltissime produzioni degli ultimi anni.

Sappiamo tutti come questa sia una problematica alquanto diffusa, ma alle porte del 2022 e di una nuova generazione videoludica è impresentabile un FPS in cui gli NPC non reagiscano minimamente allo stimolo esterno del videogiocatore, immobilizzandosi ed esitando a sparare in qualunque momento, o addirittura tentando di uccidere da dietro un riparo. Verrebbe da pensare che, per stessa natura del prodotto, CrossfireX incentivi uno stile di gioco più dinamico, in parte possibile anche grazie ad uno shooting che, come detto prima, ha saputo intrattenerci nonostante le sue profonde limitazioni.
Tuttavia, si tratterebbe di imporre unicamente uno stile di gioco, anche per far fronte ad una limitazione (quella dell’IA, appunto) troppo grande, che va a compromettere i pochi elementi positivi presenti.

Apriamo un’ultima parentesi sul comparto multiplayer di CrossfireX, trattando en passant la seconda delle due modalità di gioco disponibili. Se la campagna in giocatore singolo presenta alcuni pro, tutto questo viene a perdersi con il multiplayer. L’intera offerta contenutistica a disposizione dell’utente verte su di un totale di sei modalità, a cui corrispondono sei mappe suddivise in due macrocategorie: classico e moderno. La differenza fra quest’ultime è relegata ai sistemi di puntamento e movimento, rendendo la prima pressocché identica ai grandi esponenti del genere, come Counter Strike, e la seconda similare a Call of Duty per la presenza di modalità che ricordano le celebri dominio o cerca e distruggi.

Tuttavia, i già anticipati difetti inerenti al comparto sonoro, che rendono difficile differenziare i passi degli alleati da quelli di un nemico nelle nostre vicinanze, limita profondamente la qualità dell’esperienza. Per il resto, a meno che a giocare non sia un utente amante del competitivo, l’offerta messa sul piatto dai ragazzi di Smilegate dissuade (personalmente) dall’avviare una nuova partita online.

Concludendo…

CrossfireX, l’ultima fatica di Smilegate e Remedy Entertainment, ha saputo offrirci ben poco nel complesso. Tuttavia, l’esiguo costo dell’edizione completa del pacchetto, o in alternativa la sua accessibilità su Xbox Game Pass, fa sì che possa essere ugualmente interessante dare un’occasione al nuovo FPS esclusivo della line up dell’ecosistema Xbox. Ci teniamo a ribadire, tuttavia, come questo sia consigliato con numerosissime riserve, specie nel caso in cui non sia di vostro interesse il comparto multigiocatore e qualora siate disposti a sorvolare sui suoi numerosissimi difetti.

CI PIACE
  • Sistema di shooting appagante nel complesso
  • Frame rate granitico
NON CI PIACE
  • Comparto tecnico (conduzione artistica, sonoro, sistemi di luci) mediocre, o addirittura pessimo
  • Titolo complessivamente noioso
  • Campagna giocatore singolo troppo poco longeva
  • Multiplayer dai contenuti quantitativamente limitati
Conclusioni

Approdato lo scorso 10 febbraio su Xbox, la nuova avventura di Smilegate e Remedy Entertainment presenta troppe limitazioni sopra le quali diviene difficile sorvolare. Il titolo si presenta con una veste grafica che risente profondamente della sua natura cross-generazionale, ma i veri difetti derivano dal tentativo, pigro e fallimentare, di presentare all’utenza un’avventura interessante. Il senso di appagamento derivante da uno shooting potenzialmente interessante, quindi, non è sufficiente a valutare con una sufficienza CrossfireX.

4Cyberludus.com

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Nato successivamente all'uscita di Playstation 2 e poco prima dell'approdo di Microsoft nel settore del gaming con la sua primissima Xbox, il suo amore per i videogiochi sboccia con i Pokémon, nella quale vi approda con l'indimenticabile Game Boy Advance SP. Ancora alla ricerca di un genere videoludico ideale, l'interesse per i vecchi classici del cinema gli ha permesso di comprendere l'ineccepibile importanza della narrazione nel videogioco, seppur non gli dispiaccia affatto destreggiarsi con prodotti antitetici dal calibro di Animal Crossing e Monster Hunter, o in alternativa recuperare perle del retrogaming a lui non appartenenti.

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