Viviamo in un periodo che potremmo definire piuttosto “caldo”, non solo per le temperature estive in arrivo. Le recenti guerre, in Ucraina ed in Medio Oriente, stanno scombussolando i sempre precari equilibri mondiali. Come durante la Guerra Fredda, anche in questo periodo storico si è parlato più volte di possibili minacce nucleari. E l’ultima fatica di Nolan, incentrata sulla figura di Oppenheimer, ci ha ricordato quanto questo sia un tema delicato, di difficile lettura e che coinvolge questioni etiche e morali di prim’ordine.
Di recente, sul fronte videoludico, è tornata in auge una serie storica, che affonda le sue radici alla fine degli anni Novanta e che, nel corso dei decenni, si è evoluta incarnando alla perfezione il concetto di scenario post-nucleare. Stiamo naturalmente parlando di Fallout, che sta vivendo una seconda giovinezza proprio grazie alla recente uscita della serie tv, che ha saputo risvegliare i fan di vecchia data e conquistarne inevitabilmente di nuovi.

Parlando proprio della serie tv, possiamo dire che i primi minuti del primo episodio sono già diventati abbastanza iconici, in quanto racchiudono in pochi istanti un’atmosfera quasi immobile, ferma nel tempo e dai tratti angoscianti, in cui un semplice gesto, come quello del pollice in su, assume qui significati poco rassicuranti. Un’occasione, quella dei primi minuti, per presentarci uno scorcio di mondo e di vita quotidiana prima della catastrofe, con protagonista uno dei personaggi senz’altro più interessanti di questa prima stagione. E così, in pochi minuti, si passa dal vecchio mondo al “nuovo” mondo, ritrovandoci catapultati all’interno di un Vault. Ma cosa sono i Vault? I Vault non sono altro che degli articolati bunker sotterranei, costruiti come rifugi antiatomici ed evolutisi nel tempo come vere e proprie cittadine sotterranee, pensate per persone d’élite, in grado di replicare i concetti di meritocrazia e democrazia che tanto erano cari alla stragrande maggioranza delle società del vecchio mondo.
Ecco quindi che all’interno di un Vault vigono regole precise e nel quale ciascun abitante ha un proprio ruolo: non vi sono capi, tutti gli abitanti indossano la medesima tuta, di stessa forma e colore, con un numero sul retro che sta ad indicare il Vault di appartenenza. Vi sono ingegneri, medici, agricoltori, persone insomma che via via hanno mantenuto e quindi tramandato le proprie conoscenze alle generazioni successive. La vita sociale è ben scandita e dai tratti convenzionali, dalle sfumature quasi utopistiche potremmo dire, dove ogni individuo ha un proprio senso di appartenenza e racchiude in sé l’essenza dello “zoon politikon”.

Una realtà in cui pochi davvero sanno cosa ci sia “là fuori”, nella cosiddetta Zona Contaminata. E quando una delle protagoniste della serie tv si ritrova inaspettatamente nel mondo esterno, alla ricerca di una persona e lei cara, si percepisce in modo lampante ed evidente tutta la sua inadeguatezza. Come un granello di sabbia nel deserto, si fa piccola, mostra la sua ingenuità, la sua mancanza di astuzia e perspicacia nel portare avanti i dialoghi. Una persona fin troppo “educata” per sopravvivere al mondo esterno, eppure c’è qualcosa in lei, un qualcosa che contraddistingue in generale tutti noi: una grande forza di volontà. Un forte spirito di adattamento, che la fa evolvere nel corso degli episodi. Proprio come avviene in ogni capitolo, o quasi, della serie videoludica, il/la protagonista nasce e cresce all’interno di un Vault e poi, per un motivo o per un altro, si ritrova catapultato nel mondo esterno. E qui si evolve, potenzia le proprie caratteristiche ed abilità fisiche e comportamentali e si fa largo attraverso quelli che sono, di fatto, soltanto frammenti del vecchio mondo capitalistico (con gli iconici tappi utilizzati come valuta), condito dalla presenza di creature mutanti che, nel tempo, hanno iniziato a popolare la Zona Contaminata.
Quello che emerge nell’immaginario di Fallout è che i ceti sociali si sono di fatto sgretolati sotto le macerie del vecchio mondo: i Vault rappresentano l’aristocrazia di un tempo, isolata nel proprio mondo, mentre, all’esterno, si è azzerato tutto, riportando l’umanità ad uno stato di “selvaggia libertà”. Vi sono tentativi di mantenere/ripristinare un certo ordine e, questo, si intravede nella presenza di gruppi paramilitari, come per esempio la Confraternita d’Acciaio, con i suoi iconici Cavalieri Titus, ovvero soldati super corazzati che vengono spediti un po’ ovunque per svolgere specifiche missioni.

Il parallelismo tra serie tv e serie videoludica, insomma, è netto e trova riscontro anche nella velata coltre di ironia che aleggia costantemente nel corso della prima stagione, supportata da personaggi quasi tutti ben caratterizzati, come lo stesso Ghoul, figura interessante che fa da collante in una storia tutto sommato ben scritta. Peccato che, proprio quest’ultima, non sia stata approfondita come forse avrebbe meritato, ma è anche vero che ci sarà una seconda stagione e ci sarà ulteriore spazio per tutti.

Un altro aspetto che senz’altro emerge è che la serie videoludica sia invecchiata un po’ maluccio, soprattutto se consideriamo che il capitolo più recente, Fallout 4, risale all’ormai lontano 2015 (un’era geologica sul fronte videoludico) e che, proprio di recente, ha ricevuto un non poi così evidente upgrade next-gen, che ha portato più problemi che altro. E se andiamo ancora più lontano, addirittura al 2010, ritroviamo New Vegas, uno dei capitoli più apprezzati è vero, ma che, nel 2024, mostra tutti i suoi limiti (quantomeno tecnici). È quindi sensato considerare il fatto che Microsoft stia spingendo per far uscire quanto prima un nuovo capitolo, cavalcando quindi l’onda di un ritrovato successo e, giustamente, di una ritrovata considerazione.

In conclusione…

In conclusione, la serie di Fallout ha ancora molto da raccontare e la serie tv ne è la dimostrazione, in un periodo storico in cui, finalmente, stiamo assistendo a trasposizioni su pellicola di ottima qualità, che possono in qualche modo rafforzare il concetto di videogioco come forma d’arte ed attrarre ancor di più lo spirito critico.

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