È impossibile negare che il filone videoludico dei “soulslike” viva un momento di splendore (e, commercialmente parlando, probabilmente siamo ancora lontani dall’apice). Non solo per le tante uscite che hanno affollato quello che per taluni è un vero e proprio genere videoludico, ma anche per i diversi riconoscimenti ottenuti nell’ultimo lustro, fra cui il recente incoronamento di Elden Ring come miglior gioco dell’anno. Al di là delle opinioni personali, sulla veridicità concreta dell’equazione “soulslike = genere” o della “supremazia temporale” dell’ultima fatica di From Software, le uscite continuano a moltiplicarsi, segno che il genere (o il presunto tale) sia vastamente apprezzato. Ed è per tutte queste ragioni che l’approdo di Mortal Shell, nella sua versione completa comprensiva del DLC “The Virtuous Cycle”, su Nintendo Switch, è un segno inequivocabile dell’appetibilità che il genere ha, oltre che un “warm welcome” sull’ammiraglia della grande N che non è esattamente prodiga di titoli del settore.

Per tutte queste ragioni, analizzare il lavoro svolto da Cold Symmetry è sicuramente importante, specialmente in relazione al rapporto che giace tra la paradigmatica “pesantezza” dei titoli del settore in prospettiva all’altrettanto caratteristico “inferno” che è, di solito, il porting su Switch: dunque, Mortal Shell com’è?

Bando alle ciance, ecco a voi la recensione!

Spoglie mortali

Mortal Shell è un gioco d’azione in terza persona, con vividi elementi ruolistici ed una complessiva difficoltà tarata irrimediabilmente verso l’alto, com’è d’uopo per i titoli che si “nutrono” del retaggio artistico-concettuale dei Souls. Il titolo, uscito originariamente nel 2020, risultò a conti fatti un buon “clone” indipendente dei citati ludi di riferimento, con tanto di caratteristiche personali tali da far compier lui un “passetto di lato” e distanziarsi, un minimo, dalle “regole” scolpite nella pietra da From Software. Distanze che, ad esempio, scompaiono del tutto se si parte ad analizzare la narrativa del gioco: così com’è tradizione dei soulslike, la storia è caratterizzata da una narrazione frammentata e rarefatta, composta più di tanti piccoli indizi estetici, ricordi passati o scritti sparsi negli ambienti di gioco, piuttosto che di eventi e di dialoghi concretamente delineati.

Nel mondo di gioco, impersoniamo una imprecisata essenza, “Foundling”, che, “nuda”, non possiede nessuna particolare abilità se non quella, appunto, di “vestire” le carcasse di soldati defunti come se fossero veri e propri “abiti”, ottenendone al contempo i poteri. L’intero universo di gioco, com’è facile comprende immediatamente, appare desolato e devastato, al contempo abitato da abomini dediti alla violenza e al massacro. Lande cupe che il nostro non meglio precisato essere dovrà attraversare per compiere il suo destino.

Buio, armature e morte

Nonostante il titolo “funzioni”, meccanicamente parlando, in modo molto simile ad uno qualunque dei soulslike, vi sono comunque delle differenze strutturali che lo rendono, indubbiamente, “diverso” e probabilmente più vicino al concept di “action hardcore” che era proprio di Sekiro. Mortal Shell è ovviamente difficile, cosparso di combattimenti mortali, tanti nemici e boss complicati da abbattere, così com’è tradizione. Rispetto al classico ruolistico hardcore, come già specificato, potremo raccogliere le spoglie di specifici soldati, che andranno a costituire vere e proprie classi (in tutto, cinque) con delle vie di combattimento ad hoc e specifiche statistiche. Rispetto ad un comune ruolistico o soulslike, non avremo quintali di bottino fra cui scegliere, ma piuttosto pochi strumenti d’offesa legati inestricabilmente alla classe prescelta, che potremo potenziare, assieme allo stesso “shell”, accumulando essenze dai cadaveri dei nemici sconfitti. Vi sono altre caratteristiche fondanti che differenziano Mortal Shell da un qualsiasi Dark Souls: ad esempio, finiti i punti ferita del nostro “involucro”, saremo sbalzati fuori per tornare alla forma iniziale, debole e senza particolari abilità. Oppure, al contempo, potremo prevenire tutti gli attacchi temporaneamente sfruttando l’abilità di pietrificazione del corpo o sfruttando le parate (attivabili ottenendo uno specifico oggetto in game) più che le schivate, per creare un segmento temporale propizio per un contrattacco.

Per il resto, il gameplay si muoverà sui classici crismi del settore, seppur avrà un’impronta nettamente più orientata agli scontri in mischia. Le nostre azioni saranno, ovviamente, limitate da una barra dell’energia e una dei punti ferita, che dovremo ovviamente tener d’occhio. Nonostante lo sforzo artistico e concettuale dei developer è sicuramente apprezzabile, qualitativamente e strutturalmente siamo lontani dal “nero” in stile From Software: Mortal Shell è cupo e difficile, ma probabilmente un po’ troppo “corto” rispetto allo standard e dal design “caotico” per risultare totalmente immersivo. Nemmeno la novella modalità roguelike introdotta con il DLC “The Virtuos Cycles”, che ci darà l’obiettivo di abbattere tutti i nemici al contempo esplorando la mappa di gioco alla ricerca di obelischi sparsi per la mappa e in grado di donarci abilità specifiche con cui potremo creare la nostra, personale build. Morire, in questo frangente, ci ricondurrà a Falgrim, hub centrale presente anche nella campagna “ordinaria”, dove potremo spendere quanto accumulato in caratteristiche passive utili per potenziare il nostro personaggio. L’espansione, in sostanza, aumenta notevolmente la (relativa) longevità del gioco base, aggiungendo un certo grado di proceduralità e una certa “urgenza” esplorativa, non particolarmente sentita nel gioco base.

Il contenuto aggiuntivo, inoltre, aggiunge una nuova classe, un nuovo bosse oltre che una pletora di nuove abilità, seppur non vada ad espandere in nessuno modo l’area di gioco. In generale, possiamo affermare che Mortal Shell è un ottimo soulslike, diviso tra una “cieca” obbedienza ai dettami di From Software e alcune trovate personali: un buon prodotto che, data anche la carenza di titoli del settore su Switch, diviene quasi un must per chi apprezza il genere.

Tecniche di sopravvivenza

Mortal Shell non è di certo un titolo nuovo e, seppur si sia tentata una concisa recensione quasi si trattasse di un ludo ex novo, i dubbi che sicuramente assilleranno tantissimi giocatori saranno, ovviamente, legati alla qualità tecnica del porting su Nintendo Switch. Se volessimo tracciare una linea nella sabbia, potremmo dire che la versione analizzata in questa sede è paragonabile alle versioni old gen di Mortal Shell, seppur un gradino sotto, ma comunque di buona realizzazione in relazione alle limitate capacità della console Nintendo. Esteticamente parlando, il gioco è sufficientemente appetibile, seppur i tanti “angoli smussati” emergono con prepotenza soprattutto se ci si ferma, in modalità portatile, ad ammirare i dettagli dell’ambiente, spesso nulla più che texture “sfocate”. Diverso “destino” per i modelli poligonali che mantengono un certo fascino ed un livello intermedio di dettaglio e paragonabile a quello delle console old gen. C’è da dire che, in modo più o meno simile alle altre versioni, l’evocatività generale del titolo resta pressapoco inalterata nonostante i “tagli” estetici affrontati per consentire l’approdo su Switch siano stati netti. Il problema, in realtà, giace parzialmente su questioni più squisitamente meccaniche, principalmente legate alle performance e ai caricamenti.

Se i secondi sono piuttosto lunghi (una problematica non da poco in un gioco il cui mondo è stratificato a “compartimenti stagni”), la fluidità generale del titolo non crea meno grattacapi. Di base, Mortal Shell è bloccato a 30 fotogrammi al secondo, che però calano drasticamente e piuttosto spesso sia in modalità portatile che “da casa”. Cali drastici che avvengono non solo nelle situazioni più affollate, ma anche e soprattutto in ambienti più “pieni” e dettagliati. Nonostante ciò, la versione Switch conserva una certa fluidità delle animazioni, così come l’incedere “flemmatico” del titolo, fatto di combattimenti tattici e piuttosto lenti, resta sostanzialmente inalterato.

Concludendo…

È innegabile che il porting su Switch di Mortal Shell sia una sfida tecnologica (vinta, in larga misura). Così come ciò accade per quasi tutti i titoli più “pesanti” e in grado di impegnare anche le console della concorrenza, tutte meglio “armate” a livello hardware. Nonostante diversi angoli smussati a livello tecnico-meccanico ed una digeribilità non particolarmente elevata, ci sentiamo di affermare che Mortal Shell sia a tutti gli effetti un port più che valido ed un acquisto obbligato o quasi per chi apprezza il settore, non particolarmente “generoso” su Switch.

CI PIACE
  • Un ottimo soulslike in edizione completa
  • Sistema di combattimento originale
  • Un porting su Switch egregio…
NON CI PIACE
  • …ma con diversi “colpi d’ascia” tecnici
  • Tempi di caricamento tendenzialmente lunghi
Conclusioni

Al netto di alcuni “colpi d’ascia” nel comparto meccanico, necessari al fine di raggiungere una certa giocabilità complessiva, Mortal Shell è sicuramente un port riuscito su Nintendo Switch, sulla quale approda nella versione completa anche dell’unico dlc sinora rilasciato, “The Virtuos Cycles”. Un soulslike solido, diviso tra l’essere un pieno omaggio al “cupo” targato From Software e un involucro (è il caso di dirlo!) originale e personale. Come già più volte ripetuto, Mortal Shell su Switch è sostanzialmente un must buy, non solo per l’indubbia bontà del porting (che, tecnicamente, è però “singhiozzante”) ma anche per la scarsità di prodotti del genere accessibili sull’ammiraglia Nintendo.

7.3Cyberludus.com

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