Dobbiamo farcene una ragione: la formula dei games as a service si sta prepotentemente facendo strada all’interno delle politiche commerciali di molti publisher di rilievo, il tradizionale concetto di terminare un titolo e passare ad un altro sembra non essere più sostenibile per diversi big del settore. C’è da dire che questa crescente frontiera dell’industry non sembra ancora aver trovato il giusto equilibrio e, sotto questo punto di vista, gli scottanti casi rappresentati da Destiny 2, dal primo The Division o del recentissimo Anthem rappresentano un triste esempio di come le ambizioni e le strategie di marketing delle grandi aziende spesso non trovino riscontro nei gusti della maggior parte dei videogiocatori.
Proprio lo stesso The Division, uscito nel 2016, aveva un notevole potenziale che però è stato terribilmente mal sfruttato. L’eccessiva ripetitività di fondo e l’imbarazzante carenza sul fronte contenutistico causarono una vera e propria “shitstorm” nei confronti del titolo Ubisoft. Inoltre, l’end-game non offriva gli stimoli giusti per continuare a giocare e ciò ha portato ad un abbandono di massa del gioco, nonostante i ragazzi di Massive Entertainment si siano impegnati, forse troppo tardi, a supportare ed espandere il titolo. Per un progetto nato con l’intento di coinvolgere l’utenza per diversi anni, queste mancanze furono abbastanza gravi.
Sono passati ben tre anni ed oggi con Tom Clancy’s The Division 2 il team svedese ha una doppia missione: non ripetere gli errori del passato e dimostrare all’industria videoludica che il modello dei GaaS, se ben gestito, può portare alla realizzazione di titoli di ottima fattura.
Benvenuti a Washington D.C.
The Division 2 è ambientato diversi mesi dopo gli eventi del precedente capitolo, il gioco abbandona l’innevata New York post-apocalittica spostandosi in una pericolosa Washington D.C. e vi mette nuovamente nei panni di un agente della Divisione. Dopo aver deciso le sembianze del protagonista e aver portato a termine la fase introduttiva, il giocatore si ritrova niente meno che nell’affascinante Casa Bianca, ora relegata a quartier generale della Divisione.
La trama, dalle tinte bellico/politiche, è alquanto dimenticabile tuttavia funziona bene come pretesto per esplorare in lungo ed in largo la splendida ambientazione post-apocalittica e può contare su dei personaggi che comunque godono di un minimo di caratterizzazione e, soprattutto, su una lore coerente e curata.
L’obbiettivo è quello di riconquistare i vari quartieri della città dalle grinfie delle tre fazioni nemiche presenti sul posto: il gruppo paramilitare True Sons, le disorganizzate Iene ed i vendicativi Reietti. Ogni fazione può contare su una spropositata mole di manovalanza standard e su alcune unità di combattimento specializzate, dotate di interessanti abilità ed equipaggiamenti. Questi guerriglieri possono essere visti come dei veri e propri boss e mini-boss. La ragguardevole diversificazione dei nemici mitiga, in parte, la ripetitività di fondo su cui si basano gli scontri a fuoco.
C’è anche una quarta fazione, Black Tusk, che fa il proprio ingresso in campo una volta che il giocatore giunge all’endgame. Questo espediente dimostra come Massive Enterteinment abbia provato a rendere coinvolgente The Division 2 anche una volta terminata la campagna principale ma non rappresenta l’unica sorpresa orchestrata dal team di sviluppo…
L’ispettore Gadget
The Division 2 amplia e migliora praticamente sotto ogni aspetto la formula del primo capitolo. Parliamo ad esempio del sistema delle Abilità che, grazie ad una notevole varietà ed ampiezza nella scelta, permette di personalizzare in maniera tangibile il vostro stile di gioco. Le Abilità (fondamentalmente dei gadget iper-tecnologici), se usate in maniera intelligente, possono addirittura cambiare del tutto l’andamento di un scontro. I gadget sbloccabili sono 8 e sono suddivisi a loro volta in 3-4 varianti con caratteristiche ben diversificate, dagli attacchi con sciami di micro droni o con una torretta inceneritrice alla possibilità di rimettere in piedi un compagno caduto grazie ad un drone medico. E’ possibile equipaggiare due abilità contemporaneamente. Oltre a questi strumenti attivi è presente tutta una serie di Vantaggi passivi sbloccabili tramite la Tecnologia Shade, una sorta di moneta di scambio ottenibile attraverso missioni dedicate, salendo di livello o semplicemente recuperandola in determinate aree. La Tecnologia Shade, inoltre, serve per sbloccare le Varianti delle Abilità. Soltanto gestendo al meglio Abilità e Vantaggi riuscirete a cavarvela nell’ostico mondo di The Division 2.
L’open world è arricchito da tutta una serie di missioni ed attività. Oltre agli immancabili compiti principali e secondari il giocatore può cimentarsi nella conquista di rifugi e nell’annientamento di avamposti ed insediamenti ma saranno frequenti diversi eventi casuali. Ovviamente c’è tanta, tantissima roba da lootare.
Non ci siamo ancora addentrati totalmente nell’endgame ma dopo aver dato una fugace occhiata alle possibilità dell’offerta e ci sentiamo di affermare che, già da ora, The Division 2 avrà modo di intrattenervi a dovere anche dopo aver terminato la campagna principale (e molto altro arriverà nei prossimi mesi, stando al piano contenutistico post-lancio diffuso da Ubisoft). Innanzitutto segnaliamo la possibilità, una volta conclusa la campagna, di scegliere una Specializzazione, ovvero un ramo di abilità aggiuntivo che sblocca una nuova e potente arma, una mod ed una granata. La scelta fatta non è vincolante quindi potrete cambiare specializzazione in qualsiasi momento.
Per quanto riguarda il PvE, come anticipato, il giocatore avrà modo di affrontare la nuova fazione Black Tusk che si approprierà di alcune delle aree della città. I nuovi nemici appaiono come delle vere e proprie macchine da guerra, sono terribilmente pericolosi e possono contare su equipaggiamenti unici. Certo, si tratta di affrontare una nuova minaccia in zone già abbondantemente esplorate ma visto l’apparentemente altissimo livello di sfida, portare a termine le nuove missioni potrebbe comunque essere alquanto stimolante.
Per quanto riguarda il PvP, è presente (già dalle prime ore di gioco) la modalità Conflitto che abbiamo provato per una serie di 5-6 partite. Conflitto permette ad 8 giocatori di sfidarsi in semplici deathmatch o in partite in cui sottomettere l’avversario conquistando determinate aree. Il PvP, pur non offrendo nulla di realmente nuovo, propone un’ esperienza competitiva abbastanza godibile.
E’ naturalmente presente una versione ampliata e migliorata dell’iconica modalità PvEvP Zona Nera, sviluppata su tre diverse aree di gioco. All’interno delle Zone Nere possiamo trovare alcuni dei migliori bottini del gioco. Si può scegliere di collaborare con altri giocatori o si può puntare per la remunerativa, e pericolosissima, via del Traditore. Chi decide di intraprendere questa strada viene marchiato attraverso un meccanismo suddiviso in tre livelli (Traditore, Rinnegato, Caccia all’Uomo). Uccidere e derubare gli altri Agenti può portare ad accaparrarsi bottini di inestimabile valore ma, a differenza del primo capitolo, è ben più difficile uscire dalla ZN sano e salvo perchè quando si affrontano altri giocatori l’equipaggiamento viene “normalizzato” in modo che gli scontri PvP risultino sempre ad armi pari.
Al lancio, dunque, The Division 2 si presenta in uno stato decisamente migliore rispetto al suo predecessore. Il sequel può vantare su un gameplay più rifinito ed un mondo di gioco più ricco e stimolante da esplorare, il tutto incorniciato da un livello di difficoltà che saprà mettere a dura prova i giocatori anche i giocatori più organizzati. Sia chiaro, la struttura di fondo intrinseca del genere mantiene una certa ripetitività, ciononostante i passi avanti sono evidenti e la cura con cui è stato confezionato il tutto è ammirevole anche se forse si poteva fare qualcosa di più per rendere più varie le missioni principali. Persino l’annosa questione delle microtransazioni è stata coordinata in maniera brillante. Con i soldi reali infatti potrete aggiudicarvi solo ed esclusivamente oggetti estetici, nulla che possa concedere vantaggi in-game, nemmeno slot aggiuntivi per l’inventario.
A proposito di inventario, la gestione è stata snellita quindi adesso sarà molto più semplice e gratificante organizzare la moltitudine di armi ed equipaggiamenti che ritroverete sul campo di battaglia.
Meglio in compagnia
Come abbiamo già accennato, The Division 2 è un titolo piuttosto impegnativo. Non potete approcciarvi all’insidioso mondo di gioco con una mentalità frivola poiché anche un risicato gruppetto di banditi può mettervi al tappeto se non combattete con la giusta concentrazione. L’uso delle coperture è praticamente obbligatorio visto che nella maggior parte delle circostanze esporsi senza criterio equivale a morte certa.
Se vi intestardite nell’affrontare il gioco in solitaria la sfida si tramuterà presto in frustrazione, ben diversa è la situazione quando si gioca in co-op. Muovervi in gruppi da 2 a 4 giocatori è il modo migliore per godere al massimo dell’esperienza, in questo modo avrete modo di vivere un’esperienza meglio bilanciata e, soprattutto, più divertente. Non preoccupatevi, in compagnia di altri giocatori The Division 2 non diventa un gioco facile, tutt’altro. Fortunatamente potete affrontare ogni missione principale attraverso un matchmaking dedicato, stessa cosa dicasi per l’esplorazione libera. Purtroppo ciò non avviene per quanto riguarda le missioni secondarie che non sono istanziate, l’unica cosa che potete fare è quella di richiamare rinforzi od effettuare un matchmaking durante l’esplorazione, con la speranza che i giocatori convocati vi seguano lungo il vostro percorso. Forse un sistema che premia questo tipo di collaborazione avrebbe invogliato i vari Agenti a seguire il capogruppo. Ovviamente, quando possibile, il consiglio è quello di affrontare il titolo in compagnia di amici.
Living in America
Il motore di gioco Snowdrop fa la sua sporca figura anche in The Division 2. I modelli dei personaggi non sono il massimo e spesso si assiste a fenomeni di ritardi nel caricamento delle textures, è vero, ma pazzesca è la cura riposta da Massive nella ricostruzione di Washington DC. Lo studio ha realizzato con estrema attenzione per i dettagli le aree di gioco, ricreando un contesto post-apocalittico affascinante e dannatamente credibile. Se per quanto riguarda le aree esterne era lecito aspettarsi un lavoro di pregevole fattura, a sorprendere ancor di più è la realizzazione degli interni, incredibilmente ricchi e dettagliati in buona parte dei casi. Musei abbandonati, banche occupate, planetari in disuso o, volendo citare luoghi celebri, la Casa Bianca o il Palazzo degli Archivi Nazionali degli Stati Uniti d’America ridotti ormai a pallido retaggio della fastosa epoca passata vi faranno sentire realmente in un mondo abbandonato a se stesso. A livello di world building metropolitano, The Division 2 è forse la migliore produzione mai vista. Nel predecessore, la gelida New York era solenne e ricca d’atmosfera tuttavia, il sole che batte su Washington riesce soltanto a rendere meno angosciante la visione di una costante guerriglia urbana che ha come teatro un’ambientazione semplicemente perfetta.
Testato su PlayStation 4 Pro, il titolo mantiene i 30 fps granitici in 4K.
Per quanto riguarda il sonoro, eccezionali tracce dalle sonorità elettroniche vi accompagneranno adattandosi a ciò che succede a schermo. Il tutto, unito ad un audio design davvero notevole contribuisce nel rendere alcuni momenti di gioco estremamente avvolgenti. Come da prassi per le maggiori produzioni Ubisoft, anche in The Division 2 possiamo godere di un doppiaggio italiano più che soddisfacente.
Concludendo…
Chiamatelo Game as a Service, looter shooter o, più arcaicamente, third person shooter con meccaniche da RPG. Fatto sta che The Division 2 è un ottimo titolo, nonostante si tratti di un more of the same sotto diversi punti di vista. Il genere d’appartenenza, basato su dinamiche di gioco tendenzialmente ripetitive, impedisce alla produzione di Massive Enterteinment di ambire all’eccellenza pura ma lo catapulta direttamente nell’Olimpo dei migliori della sua categoria. Potremmo quasi definirlo come un seguito ‘perfetto’, capace di migliorare e limare le asperità del suo predecessore non ripetendo i gravi errori passati e facendo tesoro dell’ottimo, seppur tardivo, lavoro di supporto che caratterizzò la gestazione post-lancio del primo The Division. Un titolo impegnativo ma appagante, basato su componenti tattiche e di collaborazione con altri giocatori che faranno la gioia degli amanti del genere.