Sono passati quasi tre lustri dalla pubblicazione di Risen, originariamente su PC, Playstation 3 e Xbox 360. Un titolo che colpì al “cuore” dei tanti appassionati di giochi di ruolo, poiché erede di un modo di concepire l’azione role playing “antico”, per certi versi, seppur mai banale e sempre più che solido in tutti gli aspetti cruciali (in primis, la narrativa). Un erede, però, anche concreto, visto che Risen, in realtà, continuava una specifica tradizione ruolistica, ovvero quella dall’impronta marcatamente europea, inaugurata dall’immortale saga Gothic diversi anni prima. Un titolo, per certi versi, che non ha riscosso il successo che avrebbe meritato (anche se i risultati raggiunti furono più che sufficienti per convincere Deep Silver e Piranha Bytes a continuare la saga, visto l’arrivo negli anni successivi di ben due novelli capitoli aggiuntivi) ma che, nei giorni scorsi, grazie ad un buon lavoro di “recupero” compiuto da THQ Nordic, è ritornato ad esser disponibile su tutte le principali console da gioco attualmente sul mercato. È bene precisare che il prodotto è, a tutti gli effetti, un “porting” con un lieve lavoro di aggiornamento estetico e meccanico, dunque non propriamente una remastered né tanto meno un remake.
Ha senso, quindi, acquistare Risen su Nintendo Switch, se si è alla ricerca spasmodica di un gioco di ruolo?
Scopriamolo assieme nella nostra recensione!
Una terra devastata, un futuro da costruire
Risen è un gioco d’azione in terza persona, con fortissimi elementi ruolistici ed una narrativa solida e vero “cuor battente” dell’intera esperienza videoludica. Nel titolo riproposto da THQ Nordic, interpretiamo un non meglio precisato naufrago che, fortunosamente, riesce ad approdare sulle rive di Faranga, la vasta isola montuosa all’interno della quale le peripezie narrate dal gioco sono ambientate. Il nostro alter ego, dopo esser scampato alla furia distruttiva di un immenso titano, deve quindi ritagliarsi il suo “angolo” di mondo in una landa devastata da sanguinose guerre tra fazioni avverse, da cataclismi naturali e dalla furia distruttiva innescata da sciami e sciami di terribili mostri. Risen, di base, offre un comparto narrativo non particolarmente originale ed in linea con la tradizione del settore, seppur di base solido, profondo e costellato di dilemmi morali continui ai quali saremo chiamati a rispondere.
Nonostante vi sia nel gioco la possibilità di prendere decisioni molto differenziate, la macro-narrazione degli avvenimenti principali ivi raccontati resterà sostanzialmente immodificata. Ma le nostre scelte, al contempo, avranno delle micro-ripercussioni nel mondo di gioco, seppur sarà persino possibile, ad esempio, imbarcarsi in missioni specifiche per conto di fazioni avverse. Una spola “altalenante”, frutto di una estrema libertà d’azione e di gioco, figlia di un modo di concepire i giochi di ruolo vetusto e, al contempo, apicale a livello concettuale. L’esperienza ludica offerta dal titolo, sarà notevolmente lunga a livello di mera longevità, comprendendo una campagna principale piuttosto vasta, una mole enorme di missioni secondarie di varia natura, oltre che un sistema di bottino piuttosto profondo coadiuvato da un sistema di crafting dettagliato ed esteso.
Mostri, spade e magie
Come già anticipato, Risen è a tutti gli effetti un port quasi speculare del titolo uscito nel 2009. Se a livello narrativo nemmeno un “centimetro” è stato aggiunto, meccanicamente parlando il gioco segue la stessa lunghezza d’onda seppur con qualche lieve modificazione per quanto concerne i comandi, modernizzati in base agli attuali standard, ed una più moderna riorganizzazione dell’interfaccia. Nonostante siano passati quasi quindici anni, il sistema di combattimento e controllo di Risen, figlio appieno dell’epoca, risulta ancora piuttosto appagante e divertente. Il gioco offre un livello di sfida piuttosto alto, così come una certa libertà decisionale per quanto concerne gli strumenti di offesa accessibili. Potremo optare per incantesimi, armi a distanza o da mischia, oltre che tutta una serie di azioni strategiche, come schivate o parate, per deflettere o tamponare i fendenti nemici e ben posizionarsi onde evitare mortali ferite. Abbattendo avversari di varia natura, tra temibili banditi, mostri brutali e guerrieri pesantemente bardati, accumuleremo punti esperienza che potremo investire in un ventaglio davvero enorme di abilità. Le possibilità saranno davvero tante: avremo a disposizione skill passive, attive ma anche abilità legate alla produzione di oggetti ed equipaggiamento di varia natura. È bene sottolineare che Risen, così com’era tradizione all’epoca, non impone stringenti catene sulla classe d’appartenenza: il gioco, al contrario, ci dà piena libertà di sviluppo della nostra classe, consentendoci varie forme di ibridazione tra le canoniche classi ruolistiche a cui siamo abituati. Una libertà che, però, potrebbe essere un po’ disorientante per le moderne legioni di videogiocatori, abituate ad avere dei limiti ben visibili ed una pletora più che esaustiva di informazioni “orientanti”.
Come specificato, essendo un port integrale o quasi del titolo originario, Risen eredita i limiti di una produzione che ha quasi quindici anni. Limiti, com’è lecito attendersi, principalmente di natura meccanica: a partire dalle animazioni, vetuste e grossolane, le quali, al contempo, ci “saboteranno” specialmente se decideremo di dotarci di armi da mischia. Il problema principale, in realtà, è la “gittata” dei citati strumenti di morte, oltre che il generale sistema di hitbox: spesso e volentieri, vedremo i nostri fendenti andare a vuoto nonostante, fisicamente, la nostra spada “tocchi” il corpo dell’avversario che, al contrario, altrettanto frequentemente ci colpirà nonostante visivamente fossimo piuttosto “lontani”. Va meglio, invece, per quanto concerne le armi a distanza, che si comporteranno abbastanza bene e saranno una scelta, probabilmente, più “saggia”. Se il combattimento resta comunque distante anni luce dalla moderna fluidità standard dei videoludi, il pugno nell’occhio con su scritto “made in 2009”, arriverà però principalmente a livello visivo: THQ Nordic ha, semplicemente, aumentato “numericamente” la risoluzione di Risen, lasciando però intoccate, nel concreto, texture, sistema di illuminazione ecc. Dunque, esteticamente, il titolo è sostanzialmente quello di quindici anni fa: in questo senso, l’esperienza di gioco sarà una continua alternanza fra nostalgia e risate isteriche nel vedere “comici” dettagli colorare e caratterizzare il mondo di gioco o i personaggi, tra fogliame “stampato” sulle rocce e volti “ombrosi” di personaggi secondari.
Su Nintendo Switch, la situazione è peggiore in modalità docked e migliora leggermente, com’è lecito attendersi, se si deciderà di affrontare l’enorme campagna di gioco in modalità portatile, grazia alla “magia forzata” operata dall’avere uno schermo più piccolo. La situazione, invece, muta radicalmente se tocchiamo la questione performance: in modalità portatile, i sindacali (su Switch) trenta fotogrammi al secondo faticano a restare solidamente “fermi”, mentre la situazione muta un po’ in meglio se giocheremo al televisore.
Concludendo…
Nostalgia, nostaglia canaglia: Risen è un piccolo gioiello videoludico del passato che, “improvvisamente”, ha rifatto capolino sulle nostre moderne console di gioco. Nonostante il gioco offra una narrativa solida, un ampio mondo esplorabile ed un sistema di gioco profondo e dettagliato, Risen è a tutti gli effetti un port a pié pari del passato. L’aumento della risoluzione “finale” tampona solo in parte un mondo di gioco rimasto fermo al 2009. Così come cristallizzato è il sistema meccanico di controllo e movimento, a metà tra il comico e lo snervante. Dunque, consigliamo Risen agli amanti dei giochi di ruolo? Ovviamente, si (vista anche una certa carenza di titoli del genere su Switch). Ma a patto di approcciare al titolo quasi si guardi un vecchio film, quindi non meravigliandoci di tecniche e modus agendi non in linea con la modernità.