Il genere horror è uno dei più in voga nel folto sottobosco videoludico indipendente. Le perle sbucate quasi dal nulla sono molteplici ed anche negli ultimi mesi abbiamo avuto modo di mettere le mani su delle produzioni di meritevole fattura. Titoli come Amnesia Rebirth o Visage sono soltanto alcuni degli ultimi titoli indie di stampo horror ad averci terrorizzato e coinvolto. In vista dell’imminente debutto su PlayStation 4, abbiamo in questi giorni avuto modo di provare in anteprima The Childs Sight, titolo sviluppato da Hann Made Studios.
Il gioco, già disponibile su PC, Nintendo Switch ed Xbox One, mette i giocatori nei panni di un bambino alle prese con degli indicibili orrori. Dopo averlo spulciato a dovere, siamo pronti a dirvi la nostra.
Gli occhi dell’innocenza
The Childs Sight non è un titolo horror particolarmente ambizioso o complesso. Al contrario, cerca di coinvolgere i giocatori grazie al suo concept semplice e potenzialmente affascinante. Stiamo parlando di un’esperienza di gioco estremamente concisa, completabile in un’ora o poco più. Tutto sommato si tratta di una longevità accettabile vista la natura del gameplay, abbastanza monotona e ben poco stratificata. Fondamentalmente, una durata maggiore sarebbe stata semplicemente un problema ed avrebbe reso ancora meno incisivo il valore dell’esperienza.
Parlando della struttura di gioco, The Child Sight è un’avventura dalla doppia faccia, suddivisa com’è in due fasi di gioco ben distinte e separate. Una parte è perlopiù dedicata all’impianto narrativo della produzione, l’altra si focalizza principalmente sul gameplay. Le sezioni di gioco dedicate alla storia sono piccole aree esplorabili liberamente dove raccogliere appunti ed interagire con oggetti utili ad ottenere indizi su ciò che accade effettivamente durante l’altra fase dell’avventura, quella dedicata al gameplay. Cosa possiamo dire di questi intermezzi “narrattivi”? Si tratta certamente di sezioni abbastanza intriganti e suggestive, anche se l’impressione generale è quella che il team di sviluppo non abbia poi cercato di dare chissà quale importanza alla trama, che risulta fondamentalmente come un collante per le sezioni maggiormente ludiche.
Anche i capitoli di gioco non brillano certamente per livello di interattività. La sensazione generale è quella di trovarsi dinnanzi ad una sorta di clone di Five Nights at Freddie’s. Il giocatore, infatti, controllerà in prima persona il bambino mentre, nella sua culla, cercherà di riuscire a dormire. per aiutare il piccolo protagonista in questo intento, è necessario rispondere a determinati input audiovisivi interagendo con specifici elementi dell’area di gioco. Per riuscire a dormire, infatti, bisogna tener premuto il tasto apposito fino al riempimento della barra dedicata. Il problema è che, per l’appunto, avvengono diverse interferenze durante queste fasi, è quindi necessario l’intervento del bambino se non si vuole andare incontro ad un inesorabile game over. Il carillon si spegne? Bisogna prontamente riattivarlo. La porta si sta misteriosamente aprendo? Meglio accendere in fretta la luce. Queste sono solo alcune delle situazioni di gioco presenti, che aumentano di capitolo in capitolo incrementando gradualmente il livello di difficoltà.
La mancata esecuzione dell’azione corretta nella giusta tempistica porta ad un jumpscare abbastanza inquietante – che però esaurisce in fretta la sua carica orrorifica – riguardante l’improvvisa apparizione di una sorta di maschera dalle fattezze spaventose che porta al game over, anche se non è però chiara la reale fine del bambino.
Il comparto audio ricopre dunque un’importanza notevole nell’economia di gioco e dobbiamo ammettere che è stato certamente svolto un buon lavoro in tal senso. Interessante la trovata di rendere più complicate le cose a causa dell’imperversare di una furiosa tempesta che rende più ostico rilevare i preziosi indizi sonori che il gioco fornisce. Per quanto riguarda l’aspetto estetico, è come se la grafica del gioco fosse filtrata attraverso una sorta di effetto seppia, fornendo una resa tutto sommato affascinante e cupa, nonostante la ridotta mole poligonale e la bassa qualità delle textures.
Bisogna ammettere che i primi momenti in compagnia di The Childs Sight riescono a coinvolgere e tenere impegnati. Certo, principalmente perché ricordare come reagire ad un determinato input richiede un minimo di confidenza con il sistema di gioco. Purtroppo, però, l’esperienza diventa presto fastidiosa e spesso fallirete perché non sentirete la porta dell’armadio aprirsi a causa del temporale o perché non riuscirete a divincolarvi tra le varie azioni da svolgere, che in certi momenti possono persino sovrapporsi causando caos. Anche la sensazione di terrore non riesce a reggere per l’intera esperienza di gioco, principalmente per due motivi: l’animazione del game over è sempre la medesima, diventando ridondante dopo 3-4 volte, ed inoltre si passa buona parte dell’avventura con gli “occhi chiusi”, ammirando semplicemente uno schermo nero ed una barra che si riempie…
Concludendo…
The Child’s Sight prova a farci vivere l’orrore attraverso gli occhi di un bambino, nel corso di una notte tetra e tempestosa. Purtroppo, l’esperienza di gioco incespica a causa della sua stessa struttura e di alcune scelte di game design che limitano, inevitabilmente, il fattore paura. Se vi piace il concept, potreste comunque dargli una chance a patto che siate consapevoli che non stiamo parlando di un’esperienza di gioco particolarmente memorabile.