Il 2019 è stato un anno da cancellare per 2K. L’uscita di WWE 2K20 venne, letteralmente, affossata di critiche negative e da una community inferocita che etichettarono il titolo come il peggior capitolo della serie. Un gameplay rimasto pressoché invariato, rispetto alle precedenti iterazioni, colpito da una valanga di bug e problemi tecnici che, tutti i giocatori, difficilmente dimenticheranno negli anni a venire. Il disastroso lancio di WWE 2K20 spinse la casa americana a saltare, per il 2020, il classico appuntamento annuale con la serie, spostando tutte le energie sul capitolo next gen che, probabilmente, vedrà la luce nel 2021.
Per non lasciare, completamente, a bocca asciutta gli appassionati di wrestling targato WWE, i ragazzi di 2K hanno deciso di affidare nelle mani di Saber Interactive uno spin-off interamente arcade che, per certi aspetti, ci ha ricordato il WWE All Stars di THQ.

WWE 2K Battlegrounds, oggetto della nostra recensione, è disponibile da qualche giorno su PC e console (PS4, Xbox One e Nintendo Switch). Il titolo Saber Interactive promette grande varietà sia in termini roster che di modalità, puntando tutto su un gameplay estremamente stravagante e arcade. Dopo aver provato a lungo il titolo siamo pronti a fornirvi il nostro responso finale…

Una nuova generazione di talenti

Avviato il gioco, un semplice – ma d’impatto – menu iniziale, ci presenterà tutte le modalità di gioco presenti. Senza troppi indugi, andiamo ad analizzare quello che sembra essere il piatto forte della produzione: la story mode.

La storia di WWE 2K Battlegrounds viene presentata con un gradevole stile fumettistico, che vedrà il giocatore impegnato in prima persona nel voltare le pagine per andare avanti nella narrazione. Gli eventi di gioco vedono il leggendario manager Paul Heyman, impegnato nella ricerca della prossima superstar della WWE, aiutato dall’Hall of Famer “Stone Cold” Steve Austin. Durante lo svolgimento della campagna, i giocatori potranno controllare sette nuovi “rookie”, creati appositamente dai ragazzi di Saber Interactive per la modalità storia – scelta parecchio curiosa l’impossibilità di non utilizzare un proprio personaggio editato, visto che comunque l’editor del personaggio è presente all’interno del titolo. La modalità storia di Battlegrounds si dipana in maniera del tutto differente rispetto alle Carriere dei precedenti titoli WWE: lo sviluppo è piuttosto “lineare, ogni spostamento all’interno della storia avviene attraverso diverse caselle, come se fosse un gioco dell’oca; sono presenti piccoli bivi che, tuttavia, non cambiano lo svolgimento della stessa ma servono solamente a farci acquisire potenziamenti e/o crediti per il nostro personaggio.

Entrati sul ring di Battlegrounds il feeling è quello di un semplice picchiaduro arcade e non dei titoli di wrestling “tecnici” a cui eravamo abituati. Nel gioco vi sono cinque tipologie di wrestler tra cui spiccano i classici high-flyer (alla Rey Mysterio) e powerhouse (alla Roman Reigns). Sfortunatamente, i ragazzi di Saber Interactive non sono stati particolarmente abili nel cercare di rendere il più diversificato possibile il comparto mosse delle cinque categorie di atleti. Inoltre, la profondità di gameplay lascia parecchio a desiderare: sappiamo benissimo che il gioco è stato inteso come uno spin-off esclusivamente arcade, ma il comparto mosse assolutamente limitato dei lottatori, non riesce in qualche modo a rendere più vari e gradevoli gli incontri, scadendo nella ripetitività dopo poche partite. I match, sostanzialmente, ricordano per certi aspetti i vari Smash Bros: dovremo infatti ricoprire di calci e pugni gli avversari, caricando la barra delle super, per poi rilasciare una potente finisher e provare così lo schienamento. Il gioco purtroppo non si affida ad una intelligenza artificiale soddisfacente, fattore che rende le game mode a giocatore singolo semplicemente noiose dopo poco.

A garantire un minimo di varietà ad un gioco altrimenti bocciato su ogni fronte, ci pensano le diverse modalità di gioco. Non lo neghiamo, per essere uno spin-off prettamente arcade, WWE 2K Battlegrounds presenta un soddisfacente numero di modalità di gioco, “rimaneggiate” per tenere fede allo spirito caciarone di questo capitolo. Oltre ai classici 1vs1, tag team, triple threat e fatal four way, avremo così una modalità steel cage che ci obbligherà a raccogliere mazzette di denaro sulle pareti della gabbia, elettrificate, Royal Rumble con wrestler che appaiono magicamente all’interno del ring al loro turno, o la modalità online King of the Battlegrounds che ci consentirà di provare sul campo gli atleti creati con l’editor integrato.

2K e il bizzarro rapporto con le microtransazioni

Ci piacerebbe spendere qualche parola in più sul “particolare” sistema economico alla base di WWE 2K Battlegrounds. Il titolo di Saber Interactive presenta sì un roster esteso – parliamo di oltre settanta atleti WWE e leggende del passato (Hulk Hogan, The Rock e Andre the Giant in primis) – ma il numero di atleti, inizialmente, utilizzabili è davvero risicato. Il gioco ha così messo in campo uno store a doppia valuta, con atleti acquistabili sia da crediti guadagnati in-game (e vi assicuriamo che vengono accumulati molto più lentamente di quanto ci saremmo aspettati) che con valuta speciale, ottenibile con denaro vero. Battlegrounds è strutturato come un “gacha game” venduto però a prezzo pieno, ed è un vero peccato perchè se fosse stato rilasciato sul mercato con una più accattivante formula free to play, avremmo approvato a pieni voti la scelta “economica” di 2K operata su questo titolo.

Non troviamo davvero giustificazione nella gestione delle microtransazioni operata da 2K nei propri titoli negli ultimi anni. WWE 2K Battlegrounds è infatti solo l’ultimo arrivato, visto che anche nei recenti capitoli di NBA 2K abbiamo molto spesso segnalato la presenza di marketplace tutt’altro che onesti. Un vero peccato.

Bambolotti formato Unreal Engine

Prendendo le distanze dall’ultimo disastro tecnico di WWE 2K20, i ragazzi di Saber Interactive hanno deciso di lavorare con Unreal Engine 4, capace di offrire diversi livelli di scalabilità utili a portare il gioco anche su piattaforme meno performanti, come Nintendo Switch. Battlegrounds presenta un comparto audiovisivo tutto sommato gradevole: lo stile deformed degli atleti è riuscito, anche se non tutti risultano pienamente riusciti. Il gioco, mostra animazioni sopra le righe, con effetti grafici nelle arene che rendono il tutto colorato ed estremamente accattivante sul fronte visivo. Abbiamo provato il titolo su PS4 Pro e l’intera esperienza di gioco ci è parsa fluida e priva di alcun tentennamento tecnico.

Sul fronte audio, molto buone le musiche dei menu, così come l’insolito duo di commentatori, Mauro Ranallo e Jerry the King Lawler che, tutto sommato, non sfigurano.

Concludendo…

WWE 2K Battlegrounds non riesce, purtroppo, a riscattare il disastro completo di WWE 2K20 dello scorso anno. Il titolo, portato su console e PC da Saber Interactive, pare frettoloso sotto diversi aspetti: il gameplay, nonostante la natura arcade, è poco variegato e manca totalmente di profondità, fattori che affossano le modalità a giocatore singolo, rendendole ripetitive dopo pochi match. A portare il titolo alla bocciatura, purtroppo, ci pensa anche lo scellerato sistema di microtransazioni, estremamente invasivo su un titolo che viene venduto a prezzo pieno. Peccato.

CI PIACE
  • Roster che, al completo, conta oltre settanta atleti e leggende
  • Buon numero di modalità di gioco
  • Stile artistico riuscito
NON CI PIACE
  • Sistema di microtransazioni eccessivamente invasivo
  • Gameplay estremamente ripetitivo
  • Intelligenza artificiale della CPU limitatissima
Conclusioni

WWE 2K Battlegrounds è un titolo che non vale, in alcun modo, la spesa attuale di circa quaranta euro. Il titolo Saber Interactive è uno spin-off estremamente ripetitivo che, pur vantando un interessante numero di modalità e un buon comparto grafico, deve fare i conti con un gameplay limitato ed un sistema di microtransazioni davvero invasivo.

5Cyberludus.com

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Nerd purosangue classe 1992, si avvicina al mondo dei videogiochi grazie al SEGA Master System di sua madre. Destreggiandosi tra Alex Kidd e Sonic the Hedgehog, comincia a farsi una importante cultura videoludica a base di platform e beat ‘em up. Fedele seguace della “master race”, consuma giochi di ruolo dalla mattina alla sera, anche se la sua saga preferita rimane Grand Theft Auto degli inarrivabili Rockstar Games, che fin dal primo capitolo lo ha aiutato a diventare la brutta persona che imparerete a conoscere.

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