Quando nel 2017 venne realizzata la Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy ad opera di Vicarious Visions, sotto la pubblicazione di Activision, il ritorno in auge del marsupiale più amato di tutti i tempi venne accompagnato da una produzione tecnicamente sublime che, al di là di alcune problematiche secondarie, seppe condensare magistralmente l’esperienza platforming del brand, dal feeling equiparabile al medesimo degli anni ‘90, con lo standard qualitativo della generazione corrente. Tramite un processo di ottimizzazione ben rifinito, infatti, il team non alterò la struttura principale del gameplay, proprio per mantenere una solida fedeltà al prodotto di riferimento, perfezionandone tuttavia alcuni aspetti base, come la fluidità delle animazioni. Quella esperienza ludica seppe divertire come fece il prodotto confezionato da Naughty Dog e, proprio per questa ragione, la trilogia divenne un successo commerciale, tanto da portare lo stesso publisher ad avviare i lavori per il quarto capitolo conclusivo delle vicissitudini di Crash e Coco, pubblicato lo scorso 2 novembre e sviluppato dal team di Toys For Bob.
Sarà stato anche questo capitolo sufficientemente valido, se non migliore del precedente?
Era ora!
Seguendo il filone narrativo avviato con il primo capitolo della trilogia, il quale lasciava ampio spazio di manovra sulla prosecuzione della storia, grazie ad un semplice ma efficace finale aperto, in Crash Bandicoot 4: It’s About Time ci troveremo a vestire nuovamente i panni dei due iconici marsupiali i quali, dopo una situazione di apparente stato di quiete, saranno costretti ad affrontare il team di cattivi più grottesco di sempre.
Intento questa volta alla conquista del continuum spazio-temporale, le vecchie nemesi del passato torneranno con un piano più malvagio che mai, grazie al quale fare una tabula rasa della storia e costruirne una nuova. Prendendo nuovamente una visuale prospettica sui nostri antagonisti e seguendo l’intreccio narrativo conclusivo del terzo capitolo della saga, Crash Bandicoot: Warped, osserviamo un ormai esausto Dottor Neo Cortex ed N. Tropy, incarnazione semplice e magistrale del disordine cosmico, tentare di fuggire dalla loro prigione dimensionale tramite l’apertura di un varco quantico. Percepito da Aku Aku, tale evento costituirà un presagio di pericolo per l’intero universo, che ancora una volta necessiterà dell’intervento di Crash, e non solo…
Sin dalla sua primissima fase di avvio, le differenze che contraddistinguono il salto in avanti di Crash Bandicoot 4: It’s About Time sono evidenti al videogiocatore. Digitalizzando in pieno l’idea che sta dietro questa produzione, lo stesso “era ora” riscontrabile nel nome e di cui l’utenza di riferimento aveva bisogno da decenni. Il quarto capitolo della celeberrima saga porta con sé una serie di novità rivoluzionarie per il brand, che con molta probabilità fungeranno da base per le prossime iterazioni: prima ancora di iniziare la propria avventura tra le diverse faglie del tempo, il gioco permette ad ogni utente di “personalizzare” la propria esperienza, modificando quello che è il core del prodotto: il fattore morte. Anticamente riconosciuto come “ostico” da tutta quella fetta d’utenza relegabile all’etichetta “casual gamer”, l’elemento di ottenimento e gestione delle vite del marsupiale era spesso considerato una qualità accessoria e sfavorevole all’intera produzione, che portava a rigiocare tante volte i livelli più semplici, per poi prepararsi ad affrontare quelli più ostici. Denominata “moderna”, questa nuova introduzione permetterà di partire dall’ultimo checkpoint raggiunto dal giocatore, senza che questo influisca sul cambiamento di difficoltà effettiva del gioco. Tuttavia, completare il livello con più di 3 morti comporterà la perdita di una delle reliquie ottenibili, perciò siate prudenti.
Le esperienze che lasciano il segno
Finalizzate ad arricchire la nuova proposta ludica legata alle scorribande del marsupiale arancione, una serie di introduzioni al gameplay fungeranno da ampliamento della cornice di gioco, che con il quarto capitolo raggiunge l’apice della sua avvenenza: derivative dall’apparizione dei portali quantici, punto nodale della narrazione, le maschere quantiche fungeranno da passe-partout per i vari ostacoli disseminati nel proprio percorso, arricchendo significativamente l’esperienza individuale del giocatore: pad alla mano, infatti, l’uso di una determinata maschera (scelta hard scriptata e non relegata al volere del giocatore) contribuirà profondamente ad alterare, in senso positivo, l’intero gameplay. Che si abbia il potere di distorcere la realtà, una pura potenza distruttiva, la possibilità di fermare il tempo o di modificare le leggi della gravità, questa semplice innovazione si rivela sin da subito congeniale all’esperienza generale del prodotto, che trovando una adeguata “giustificazione” ed un buon bilanciamento amplificano magistralmente la verticalità di gioco.
Se sul fronte narrativo possiamo osservare un profondo allineamento alla semplicità che contraddistingueva le precedenti iterazioni, senza che questo ne costituisca un limite o un difetto, l’aspetto tecnico e ludico del prodotto di Toys For Bob si prefigge il compito di offrire un’esperienza quanto più originale e valida rispetto alle precedenti controparti, distaccandosene a tratti radicalmente: qualora, infatti, ci si aspettasse di giocare ad un sequel effettivo, le aspettative riposte nel gioco potrebbero avere un riscontro non al pari delle premesse. Nonostante il genere ludico di riferimento sia quello del platforming, con sequenze bidimensionali e tridimensionali che si intrecciano ed intercambiano costantemente, in Crash Bandicoot 4: It’s About Time vi è un ampliamento del concetto di “difficoltà” appartenente al prodotto, che raggiunge livelli esponenziali grazie all’ampliamento delle mappe. Riversandosi fondamentalmente sull’elemento “distruzione delle casse di legno”, da tale ingrandimento delle porzioni ne deriva un cambiamento dell’aspetto collezionistico, che raggiunge il suo apice di sadismo con la progressione in-game: non poche volte, infatti, l’animo proprio del videogiocatore più “hardcore” porterà a giocare per più volte uno stesso livello, a causa di quelle poche casse nascoste che, qualora venissero perdute, vanificherebbero non pochi minuti di gioco.
Concludendo…
Dopo diverse ore di gioco, tra infinite morti ed altrettante imprecazioni, l’esperienza derivante da questa nuova produzione a marchio Toys For Bob non può che non considerarsi soddisfacente. Nonostante le perplessità su alcune collisioni con elementi di gioco e la complessità per il completamento al 100% possano far storcere non poche volte il naso, le conclusioni su questo titolo portano più a trarne aspetti positivi che negativi. Tecnicamente magistrale e migliorato, con Crash Bandicoot 4: It’s About Time la rigiocabilità dei livelli appare ben studiata e valorizzata, grazie alla modalità N.Verita la quale, come lascia presagire il nome, specchia il livello di base e ne modifica l’aspetto estetico con l’introduzione di filtri visivi (che tuttavia potrebbero alla lunga infastidire parte dell’utenza). Come se non bastasse, inoltre, la presenza di tre nuovi personaggi giocabili (Tawna, Dingodile e Neo Cortex) incrementa ancor di più la longevità del titolo, che consta di ben 105 livelli giocabili!