Blair Witch è l’ultima incarnazione del lungometraggio The Blair Witch Project uscito nel lontano 1999, il film che, di fatto, aprì il filone delle pellicole “falso documentario”. Con una manciata di buone ideee ed un ridotto budget (appena 60 mila dollari) due sconosciuti furono in grado di produrre un ottimo film horror che si rivelò molto più intrigante, spaventoso e redditizio di tante produzioni hollywoodiane dell’epoca. Un successo simile ha avuto ovviamente un nutrito seguito: dopo appena un anno uscì quindi un deludente secondo film, seguito poi da un terzo nel 2016, anch’esso abbastanza anonimo. Considerato quindi che dal punto di vista cinematografico nessuno ha saputo ripetere il successo innovativo del primo titolo, ecco che i ragazzi di Bloober Team, già autori di Layers Of Fear, Layers Of Fear 2 e Observer, tentano la strada della trama interattiva, attraverso il canale videoloduco. Riusciranno a sfornare un successo oppure verranno messi all’angolo dalla strega come gli ultimi due capitoli sul grande schermo? Scopritelo nella nostra recensione …
La Strega Di Blair
La storia inizia con la scomparsa di un ragazzino nella famigerata foresta di Black Hills, dimora della leggendaria strega che compì atti orribili in passato. Sono in corso complicate operazioni di ricerca da parte della forze dell’ordine per ritrovarlo, finora con scarsi risultati. Il protagonista della storia è Ellis, un ex-militare ex-poliziotto con trascorsi molto tormentati, che decide di fare la sua parte aiutando la polizia nelle indagini. Parte quindi con il suo furgone ed il suo fidatissimo cane lupo Bullet, con l’intento di addentrarsi nella tetra foresta per cercare indizi sulla possibile locazione dell’adolescente.
Per chi, come colui che vi scrive, ha vissuto di pane e horror per diversi anni, la trama risulta rapidamente scontata e, purtroppo, prevedibile. Il protagonista con problemi mentali e passato turbolento è un classico del genere horror/psicologico e dopo pochi minuti dall’inizio è facile intuire come andrà a finire la storia: l’intento dell’entità malvagia che alberga nella selva è ovviamente sfruttare le debolezze del nostro eroe per portarlo alla pazzia, cosa che ovviamente avviene. Senza volere fornire troppi spoiler, limitiamoci ad affermare che il progredire del gioco è abbastanza scontato, spesso artificioso, ma soprattutto la trama offerta è davvero poco innovativa: quel poco che c’è sa davvero molto di “già visto”. Peccato.

Cacciatori di streghe per caso
Blair Witch è un’avventura horror in prima persona nella quale, a parte le mani, in quasi nessun altro momento vediamo il nostro protagonista dall’esterno. Quest’ultimo parte insieme al suo fidato cane con un’attrezzatura abbastanza ridotta: un vetusto cellulare, simile ad un Nokia 3310 con tanto di videogame giocabili, uno zaino dove potrà conservare tutti gli indizi ritrovati nel corso dell’avventura, una torcia elettrica, un walkie-talkie della polizia e, in seguito, anche una utilissima videocamera a cassette. Questo strumento possiede una comoda visione ad infrarossi, una luce integrata e, grazie ai nastri ritrovati nel corso dell’avventura, permetterà di ricostruire alcuni degli avvenimenti che hanno avuto luogo precedentemente.
Le cassette meritano una menzione particolare perchè figurano come uno dei (pochi) elementi di innovazione presenti. Si trovano in due colori distinti: blu e rosso; mentre le prime sono semplici nastri da visionare per rendere note parti della storia, le seconde offrono una sconvolgente funzionalità. Eventuali avvenimenti mostrati nel piccolo schermo LCD da una cassetta rossa, infatti, avranno ripercussioni immediate sull’ambiente circostante e, riavvolgendo il nastro o fermandolo al momento opportuno, sarà possibile alterare il mondo di gioco, ad esempio aprendo una porta o ricostruendo un muro abbattuto! Questa idea è utile per la risoluzione di alcuni enigmi, ma si rivela in seguito sfruttata in maniera poco creativa: in tutta la storia si userà appena una manciata di volte e in generale per proseguire si tratterà semplicemente di fermare il nastro ad un punto specifico (in questo senso ci si poteva sbizzarrire con rompicapi ben più contorti, ma niente da fare).

Il migliore amico dell’uomo
Qualche riga fa abbiamo menzionato un cane chiamato Bullet. Si tratta di un elemento abbastanza rilevante nel corso del gioco, perchè interagisce profondamente con il giocatore in più di un’occasione. In qualsiasi momento è possibile richiamarlo con la pressione di un tasto e, quando si trova nelle immediate vicinanze, si attiva anche un menu interattivo che offre alcune opzioni come “cerca”, “coccola”, “sgrida”, etc. Attraverso un veloce tutorial ci viene indicato subito che il comportamento tenuto dal giocatore con Bullet può modificare radicalmente l’esito della storia (almeno per quanto lo riguarda) ed è quindi importante tenerlo sempre vicino e non farlo mai sentire troppo solo o maltrattarlo.
Le meccaniche che si celano dietro al nostro fido compagno sono, a conti fatti, piuttosto grezze e rendono solo più frustrante constatare che la maggior parte delle volte non è in grado di aiutarci nella ricerca degli oggetti: rimarrà infatti impalato sul posto oppure tornerà a “mani” vuote.

Narrazione, questa sconosciuta
Blair Witch si divide in numerosi capitoli: fondamentalmente si tratta di un susseguirsi di situazioni, spesso non connesse fra loro. La storia infatti progredisce a colpi di flashback inerenti il passato di Ellis, le angoscianti telefonate con la sua ragazza e le conversazioni con il walkie talkie. Tra un intermezzo e l’altro ci si ritrova a vagare su percorsi praticamente obbligati nella famigerata foresta alla ricerca di indizi per ritrovare il ragazzino scomparso, combattendo nel contempo con la propria coscienza per mantenere una sanità mentale che, forse, non c’è mai stata. Raccontato così Blair Witch può sembrare un walking simulator, ma non lo è, perchè prevede anche scene d’azione ed alcuni puzzle. Tra le prime, invero abbastanza elementari, troviamo alcuni clichè del genere come ustionare con la torcia elettrica una specie di albero antropomorfo che si muove velocissimo, oppure utilizzare la visione ad infrarossi della telecamera per individuare ed evitare terribili mostri che uccidono al primo sguardo (quest’ultima è un’idea presa direttamente dal film del 2016). Tutte situazioni, però, scopiazzate da altri survival/horror e che sovente vengono innescate senza una logica evidente, ma solo per “movimentare” un po’ il gameplay.

Iniziano i problemi…
Queste circostanze appena descritte sono ripetute più volte durante l’avventura e, in alcuni casi, con esagerazione. Questo ci porta forse al più grande problema di Blair Witch: è tedioso. Con l’eccezione dell’unico puzzle presente (dove si deve aggiustare un argano), si continuano a fare le stesse cose dall’inizio alla fine. Nelle 5 ore scarse necessarie a finire il gioco si vaga principalmente nella foresta senza capire dove ci si trova, quindi avviene qualcosa che fa svenire il personaggio o lo teletrasporta in un altro luogo (a volte già esplorato prima) e si ricomincia. La componente esplorativa è povera e nei vari ambienti c’è davvero poco o niente da fare se non cercare quei pochi oggetti che servono a proseguire: più di una volta ci siamo sentiti letteralmente torturati dall’esperienza ripetitiva provocata da certe situazioni (vedi la scena finale dentro la casa, che sembra davvero non finire mai). Ciliegina sulla torta un’interfaccia di gioco decisamente lontana dal termine user-friendly: ci troviamo di fronte ad uno dei peggior menu testuali mai concepiti per catalogare indizi ed oggetti. Per fortuna non accade spesso di doverlo usare. Insomma, l’impressione alla fine è che una storia intesa a risolversi in circa 2 ore con questi espedienti sia stata maldestramente dilatata per farla sembrare più lunga.

Comparto tecnico
Blair Witch è stato sviluppato con l’affidabile Unreal Engine 4 e sfoggia un comparto grafico di prim’ordine. A partire dalla realizzazione delle ambientazioni, sempre cupe, tetre e mai confuse, per finire con i vari personaggi (pochi, ma comunque realizzati a regola d’arte). Abbiamo notato qualche lieve riduzione della qualità su alcune texture applicate ad elementi di contorno alle ambientazioni, ma si tratta di pignolerie poco rilevanti.
Il comparto audio è davvero eccellente: le musiche sono degne dei migliori film horror ed incalzano alla perfezione le situazioni mentre gli effetti sonori mantengono sempre l’atmosfera giusta, arricchendo le scene di suoni ed effetti che le rendono più vive e realistiche. Il doppiaggio degli attori (esclusivamente in inglese) è sempre convincente e tutto il testo è interamente tradotto in un italiano di buon livello, anche se, disgraziatamente, alcune delle voci udite dal protagonista nella sua mente sono totalmente prive di sottotitoli. Sull’aspetto bug dobbiamo dire che siamo stati abbastanza fortunati: a parte un momento in cui il protagonista si è bloccato senza motivo non abbiamo subito altri problemi degni di nota.

Concludendo…
Blair Witch è un’avventura horror che sfoggia un ottimo comparto tecnico ma che, purtroppo, fallisce sull’elemento più importante: non fa paura. La trama, basata grossolanamente sul franchise della Strega di Blair, è sciatta e prevedibile, mentre i momenti di “jump-scare” sono poco efficaci e scontati. Il gameplay non offre spunti di innovazione fatta eccezione per le due sole carte, giocate molto male, che avrebbero potuto elevarlo sopra la mediocrità: le meccaniche delle cassette e il fedele amico a quattro zampe del protagonista. Completano l’esperienza gli scomodi menu e il finale, quasi completamente testuale: una soluzione a nostro avviso un po’ troppo comoda per poter decantare “finali multipli” tra le caratteristiche del gioco.