Non molto tempo fa, districandoci nella giungla di Steam, abbiamo messo gli occhi su un interessantissimo gioco in sviluppo, un’avventura moderna in salsa sci-fi dal grandissimo impatto emotivo: Still There.
In primis siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla produzione del trailer, ma lo siamo stati doppiamente quando abbiamo realizzato che era un progetto degli italiani GhostShark Games, gli stessi che, qualche anno fa, distribuirono su Steam la loro prima creatura, Blockstorm, uno sparatutto online in grado di mostrare già allora le indubbie qualità del team.

Per saperne di più Cyberludus ha contattato uno degli sviluppatori, Davide Barbieri, che ci ha gentilmente concesso un’intervista.

Ciao Davide, innanzitutto grazie per essere qui con noi. Fa sempre piacere vedere realtà giovani come la vostra affrontare il mercato con una tale competenza. Cominciamo però raccontando il progetto GhostShark Games. Quanti siete? Chi siete? Da dove venite? (NdR: “un fiorino!”).

Ciao! Grazie a voi per esservi interessati al nostro lavoro!
GhostShark Games nasce a Roma nel 2011 dall’unione di tre liberi professionisti: Davide Barbieri (i.e. me medesimo), Domenico Barbieri (mio fratello) ed Armando Teora. Lo studio è sostanzialmente composto da noi tre, ma vi sono frequenti collaborazioni con professionisti esterni all’azienda. Ad esempio, per lo sviluppo del nostro nuovo gioco (Still There) abbiamo collaborato con Daniele Giardini (aka Demigiant), che ha scritto la storia, creato i dialoghi e il background dei personaggi; con Gaetano Leonardi (LaBoite) che ha ideato lo stile grafico, disegnato i personaggi, gli interni e gli esterni della stazione spaziale e tutti gli oggetti di gioco; e con Ben Burnes (Abstraction Music) che ha composto la colonna sonora.

Fare gli sviluppatori di videogiochi in Italia è sicuramente una bella sfida, anche culturale. Qual è il vostro approccio al mercato o, se vogliamo usare un termine più “cool”, qual è la vision del vostro progetto?

Eh sì, è una vera e propria sfida. Non vi nascondo che è stato difficile in questi otto anni resistere all’impulso di chiudere tutto e salpare per altri lidi. Purtroppo in questo paese le opportunità non sono tante, le leggi ed il fisco non favoriscono progetti così ad alto rischio (ma anche alti ricavi, quando le cose vanno bene) come lo sviluppo di un videogioco. Il nostro modo di sopravvivere è stato finora quello di “restare piccoli” e fornire servizi ad altre aziende (italiane e straniere) con la necessità di esternalizzare lo sviluppo dei propri prodotti (o di una parte). Quel tanto che basta a pagare il mutuo o l’affitto, e ad accumulare qualche risorsa da spendere sui nostri progetti. Il nostro obiettivo finale è però sempre stato quello di diventare completamente indipendenti e dedicarci al 100% allo sviluppo delle nostre proprietà intellettuali. Fortunatamente esistono progetti interessanti che possono essere realizzati in un gruppo relativamente piccolo di persone, e fiere internazionali dove è possibile trovare degli editori interessati a finanziarli (a patto di avere a disposizione un prototipo convincente).

Passando al gioco vero e proprio vorrei farti i miei più sinceri complimenti. Qualche giorno fa è uscito il trailer di Still There e sembra lo stiate tirando su in modo eccellente, ho adorato le atmosfere intime e la tensione introspettiva che traspare da tutti i suoi pori sci-fi. Come mai avete scelto proprio un genere così diverso rispetto alla vostra precedente creatura, Blockstorm?

Ti ringraziamo molto per i complimenti.
È un’ottima domanda! In effetti sono due generi che hanno veramente poco in comune.
Lo sviluppo di un FPS multiplayer e quello di un gioco narrativo seguono processi di sviluppo e modelli di business completamente differenti. Però, per motivi legati all’accesso al finanziamento e alla disponibilità dei nostri collaboratori, era conveniente in quel momento (due anni fa) per noi avviare lo sviluppo di un gioco narrativo.
Non ti nascondo però che la cosa ha collateralmente soddisfatto il Davide bambino che, giocando a The Secret of Monkey Island, sognava “da grande” di sviluppare la propria avventura grafica.

Quali sono i titoli (giochi, film, serie TV) che vi hanno ispirato maggiormente per realizzarlo? E perché?

Tra le maggiori ispirazioni per lo sviluppo dei puzzle di Still There elencherei le classiche avventure grafiche della Lucas Arts, perché ormai credo facciano parte del mio DNA. Per quanto riguarda il tipo di interazione con l’ambiente di gioco, probabilmente Papers, Please è l’ispirazione maggiore. L’intenzione è sempre stata quella di rendere Still There un’avventura grafica moderna e sperimentale.

In definitiva, cosa dovranno aspettarsi i giocatori da Still There?

L’unione dei punti di vista molto diversi tra loro di tre sviluppatori italiani di videogiochi. Un mood onirico, strano, sarcastico, dark, metafisico. Un approccio logico ai puzzle che il faro spaziale Bento pone dinanzi al più analitico dei giocatori. Personaggi sfaccettati, dialoghi intensi e naturali. Emozioni, humor e qualche scena che potrebbe spezzarvi il cuore.

È possibile sapere che ci fa una macchina del caffè nello spazio senza spoilerare nulla?

Abbiamo voluto immaginare un futuro in cui l’umanità intera ha imparato a fare il caffé nel modo corretto. In altre parole, come lo farebbe un italiano.
Una rivoluzione culturale così radicata da non tollerare più nessun altro metodo, neanche nello spazio! (Ride)

Ci guadagnerebbe il mondo intero! Passando a una domanda di tipo più tecnico, che strumenti avete utilizzato per realizzare il gioco?

Il gioco è stato sviluppato utilizzando il motore Unity3D. La grafica è un mix di arte tradizionale (i.e. Adobe Photoshop) e arte procedurale (creata direttamente in shader). I dialoghi sono stati scritti utilizzando un (ottimo) tool che ha sviluppato Daniele Giardini (lo scrittore) per i suoi progetti. C’è qualche elemento 3D che non è procedurale, che è stato realizzato utilizzando Blender. La musica è stata composta utilizzando Ableton Live. Per tutto il resto c’è la moka!

L’uscita è prevista per questo autunno su Steam e Nintendo Switch. Avete scelto solo queste due piattaforme per la peculiarità dei loro controlli o anche gli utenti Sony e Microsoft possono sperare di vedere Still There girare sulle loro console?

Hai centrato il punto. Essendo un punta e clicca, l’interazione avviene attraverso l’uso del cursore. L’unica console che permette un porting senza ritoccare troppo questa meccanica è proprio la Nintendo Switch (grazie alle caratteristiche dei joy-con). Conosciamo però alcuni videogiochi (e.g. Thimbleweed Park) che hanno avuto gli stessi problemi e sono stati rilasciati su Xbox/PS4, per cui non mi sento di escludere che in futuro non rivaluteremo queste piattaforme.

Un grazie sincero a Davide Barbieri per la cordialità concessa, noi intanto non vediamo l’ora che arrivi l’autunno per mettere le nostre manine pacioccose su quello che si preannuncia un prodotto in grado di lasciare il segno.

E poi ci sta una caffettiera nello spazio… che volete di più?

E tu che ne pensi? Facci conoscere la tua opinione!