SoulCalibur – come franchise – si è ritrovato in una sorta di limbo per molto tempo. La tiepida ricezione delle “puntate precedenti” ha portato Bandai Namco e Project Soul a riportare il franchise alle sue radici, ma la pressione di attrarre nuovi arrivati è ancora lì, ferma e – soprattutto – necessaria.
SoulCalibur VI, oggetto della nostra odierna recensione, è il protagonista di questo “conflitto”, intenzionato più che mai a non allontanare i veterani della serie, ma allo stesso tempo attratto dall’idea di portare nuovi giocatori tra i propri ranghi.
Circa sei anni dopo la precedente iterazione, siamo oggi pronti a fornirvi un nostro responso ufficiale su SoulCalibur VI, recensito in versione Xbox One.
Buona lettura!
Il limbo di SoulCalibur
Il genere dei picchiaduro sembra essere sempre rimasti bloccati tra due mondi. Da un lato, ci si aspetta che i giochi di combattimento non si discostino troppo dalle precedenti iterazioni, per garantire ai veterani una familiarità con le meccaniche di gameplay, dall’altro, l’ulteriore restringimento – che si avvertito costantemente negli anni – della nicchia di giocatori interessati al genere, ha portato gli sviluppatori a “provare” ulteriori sperimentazioni sulle modalità di gioco e sulla meccaniche, per attirare nuovi giocatori. La curva di apprendimento nei giochi di combattimento è spesso densa e titoli come SoulCalibur sono probabilmente i più difficili con cui familiarizzare.
SoulCalibur VI, per la maggior parte, riesce a mantenere gran parte delle sua meccaniche originali: chiunque abbia familiarità con i meccanismi del gioco si ritroverà fin da subito a proprio agio. Il titolo targato Project Soul è ancora, indiscutibilmente, uno tra i migliori picchiaduro 3D sulla piazza e, facilmente, il miglior titolo con combattimenti all’arma bianca in circolazione. Ciò che funziona a suo favore è il modo in cui Project Soul semplifica meticolosamente la meccanica senza sacrificare la pletora di combo di gioco.
Molte delle semplificazioni sono legate principalmente alla difesa e alla meccanica “ad un solo pulsante” (via che sembrano aver intrapreso molti altri titoli come Tekken). La meccanica di Soul Charge, ad esempio, è relegata a un semplice pulsante combo, ed è più facile da tracciare grazie al nuovo design del Soul Meter. I Guard Impacts sono l’unica meccanica relativamente invariata, essendo basata sul sincronismo dei blocchi che colpiscono un avversario.
Una tra le nuove meccaniche integrate in SoulCalibur VI è la Reversal Edge. Essa combina il, precedentemente citato, Guard Impact con una sequenza corta e cinematografica, che aggiunge un elemento di “sasso-carta-forbici” nel mix della battaglia. Le Reversal Edges mostrano il meglio e il peggio di SoulCalibur VI: meccaniche di gameplay complesse “sporcate” da animazioni appariscenti e un certo grado di casualità, dimostrandosi – più che altro – un vero e proprio espediente cinematografico. Tuttavia, guardando il lato positivo della cosa, gli scontri di SoulCalibur VI risultano decisamente più adrenalinici e divertenti (oltre che spettacolari, visivamente parlando) grazie a queste semplificazioni.
Libra of Souls: mettiamo alla prova la nostra creatività
Graditissimo ritorno quello relativo alla creazione del personaggio che, sebbene presenta meno opzioni di abbinamento armi/costumi, compensa con le varie personalizzazioni estetiche del combattente stesso. Sono possibili tonnellate di combinazioni bizzarre (vi invito a farvi un giro sui vari forum e video YouTube per avere un’idea più precisa di cosa vi sto parlando), da demoni con cilindri in testa fino ad – addirittura – riprodurre personaggi famosi come Thanos o Link – peraltro già apparso come “guest star” nella versione GameCube di SoulCalibur II. I giocatori potranno persino modificare la propria posa e aggiungere cornici e adesivi.
Il personaggio da noi creato attraverso l’editor, potrà essere utilizzato nella modalità Libra of Souls, in cui i nostri combattenti saranno in grado di flettere i muscoli in combattimento. Una delle due modalità a giocatore singolo disponibili, Libra of Souls è simile ad un gioco di ruolo, con una pletora di missioni, missioni secondarie e anche scelte morali. Si tratta, probabilmente, di una tra le migliori modalità single player che abbiano mai creato per la serie.
Detto questo, Libra of Souls è anche incredibilmente noiosa. Passeremo per tutta la durata dell’avventura tra scontri ripetitivi, viaggi e incontri casuali, il tutto per livellare lentamente il nostro avatar. Come un vero e proprio RPG, potremo acquistare armi e cibo, in grado di aggiungere aumenti statistici ai nostri parametri. Sfortunatamente, la mancanza di una buona recitazione vocale (in lingua inglese) e i lunghi dialoghi – estremamente statici – non fanno che aumentare il fattore noia.
Soul Chronicle è la seconda story mode introdotta in SoulCalibur VI, una breve modalità di sole venti missioni, che si ricollegano alla storia dei primi SoulCalibur. Ogni personaggio del roster di gioco potrà essere utilizzato attraverso sei missioni secondarie, a volte senza nemmeno combattere una volta. Tra di essi farà, ovviamente, la sua comparsa Geralt di Rivia – il celebre strigo della saga di The Witcher – una tra le migliori guest star della serie.
Al di fuori delle due modalità per giocatore singolo, c’è poco altro da fare in SoulCalibur VI, ad eccezione del gioco online. La maggior parte dei giocatori si è già ormai riversati sulle partite classificate (piene fino al collo di giocatori veterani che, difficilmente, ci daranno vita facile), lasciando quelle casual deserte a pochi giorni dal lancio. Durante i nostri test le modalità online non hanno presentato problemi di lag anche se, a volte, ci siamo imbattuti in alcuni timeout di connessione qua e là.
Sul fronte puramente grafico non ci ritroviamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione. Le animazioni sembrano ancora troppo ancorate al passato, pur risultando sempre funzionali e spettacolari nella pratica. Abbiamo provato SoulCalibur VI su Xbox One (standard) notando una certa perdita di dettagli sul fronte texture ambientali e sulla modellazione dei personaggi, non sempre impeccabili. Bocciato sotto ogni punto di vista il sonoro, caratterizzato da un mediocre doppiaggio (in lingua inglese) e da una soundtrack piuttosto anonima.
Concludendo…
SoulCalibur VI è un picchiaduro semplice e piacevole anche se, a conti fatti, non ci sentiamo di definirlo “indimenticabile”. C’è qualcosa in SoulCalibur VI che sembra mancare, qualcosa che lo faccia sentire davvero speciale: tutte le aggiunte, dal single player “ruolistico” alle meccaniche di Reversal Edge, vincono sullo stile ma perdono – clamorosamente – sulla sostanza, pur mantenendo il gameplay tattico che ha sempre contraddistinto la serie dei Project Soul. Se non altro, SoulCalibur VI è il gioco più accessibile della serie, in grado di portare tra le proprie cerchie giocatori che mai hanno avuto modo di mettere mano ad un capitolo.