La figura di Lara Croft nella narrazione videoludica
“Non Pensi di aver visto abbastanza?” Lara Croft (Tomb Raider II).
Ogni volta che qualcuno afferma di voler più protagoniste femminili [nei videogame, ndr.], rispondo: “C’è sempre maggior bisogno di protagoniste femminili di etnia, età, orientamento sessuale, abilità, etc. differenti.” [Quando giochiamo] siamo molto vicini ai personaggi, facendoli nostri. Ma nel momento in cui un personaggio femminile viene esaminato più di un personaggio maschile, in qualche modo può essere visto come vessillo per i personaggi femminili. La figura femminile di Lara Croft viene esaminata molto di più rispetto a Nathan Drake. Nessuno parla di Nathan Drake come immagine di un modello maschile nei videogame.”
(Pratchett in Lejacq, 2013)
Mentre le femministe hanno continuato a sostenere come il corpo e le forme di Lara si trovino in un territorio scomodo per essere giudicato positivamente, la sua femminilità continua ad essere dibattuta. In questa seconda parte del nostro studio, abbiamo cercato di analizzare i punti di vista di quegli autori che, distogliendo gli occhi dal corpo di Lara, hanno spostato la propria attenzione verso il personaggio, i suoi valori e il suo carattere.
Tra questi troviamo Espen Aarseth (2004) che sin dai suoi primi studi, ha sostenuto un approccio ludologico che prendesse in considerazione l’aspetto ludico e narrativo della serie Tomb Raider. La tesi rivolge l’attenzione verso un riconoscimento di Lara Croft come una figura atipica e iconica dei videogame. Aarseth sostiene, ad esempio, che: “Quando gioco [con Lara, ndr.], non riesco nemmeno a vedere il suo corpo, ma vedo ciò che sta oltre le sue forme e il suo passato” (Aarseth, 2004, 48). Aarseth ha scelto Lara Croft poiché le sue argomentazioni non avrebbero lo stesso impatto accademico se avesse considerato, ad esempio, di prendere in esame personaggi come Max Payne (Rockstar), Booker di Bioshock Infinite (Irrational Games 2013) o Trevor Philips (Rockstar, 2013) che, nel gioco GTA V, viene controllato dal giocatore per la maggior parte del tempo con il dorso nudo.
Analizzare l’attenzione verso Lara come figura poliedrica ed espressiva che rispecchia una particolare tipologia di donna, è ancora considerato fuori luogo. Questa linea di pensiero è supportata dalla continua attenzione che viene riservata alle protagoniste femminili, che sono ancora inserite nei contesti più disparati come una novità, con un particolare occhio di riguardo nei confronti della loro riuscita da parte dell’industria videoludica. Una resistenza nei confronti dei personaggi femminili che si può leggere in alcuni articoli di settore. La tendenza, però, ha avuto recentemente un’inversione di tendenza. Alcuni personaggi ne sono l’esempio: Chell in Portal (Valve Corporation, 2007), Jodie in Beyond Two Soul (Quantic Dream, 2013), Ellie in The Last of Us (Naughty Dog, 2013) e Faith Connor nella serie Mirror’s Edge (EA, 2016).
Come precedentemente accennato, Lara Croft è usata come esempio in molti studi sui giochi (King & Krzywinska, 2006; Dovey & Kennedy, 2006; Rutter & Bryce, 2006; Egenfeldt Nielsen et al., 2008), per incoraggiare i dibattiti circa il sesso e la sessualità nei videogiochi.
Queste discussioni ampiamente negative nei confronti di Lara sono state supportate dalla sua costante dismorfia nei giochi pubblicati fino al 2013, e da alcuni paratesti sulla figura di Lara attraverso diversi media. Ad esempio, la scelta di Angelina Jolie come protagonista dei due adattamenti cinematografici di Tomb Raider (2001, 2003) è stata significativa e ha reso esplicito l’intento dei produttori di focalizzare il target del film verso un pubblico maschile. Questa affermazione è supportata dalle varie riprese che ritraggono la Jolie in pose sensuali, mentre indossa abiti succinti e aderenti o mentre è sotto la doccia. La visione del regista nei confronti del personaggio è stata così orientata verso una considerazione, condivisa, di un personaggio esclusivamente sexy e tale era l’atteggiamento mediatico nei confronti di Lara in quel momento. La stessa Jolie si è sottoposta ad interventi di chirurgia estetica per migliorare le sue forme ed assomigliare all’idea del personaggio. La stessa stampa statunitense si è espressa nei confronti di Lara definendola “Indiana Jones con le tette” (Zydrko, 1999) o “Mozzafiato” (Bernstein, 1999). Questo atteggiamento dei media nei confronti di Lara, ha incoraggiato l’opinione pubblica a considerarla come oggetto del desiderio piuttosto che un personaggio pioneristico della cultura videoludica.
“Aha! Gianni Bartoli! Via Caravelli…Venice” Lara Croft (TR II)
“Nonostante non abbia mai giocato a nessuno dei giochi, sono diventato estremamente interessato al sessismo e la presenza femminile nell’industria videoludica, in particolare a causa della corporatura sproporzionata di Lara. Lei è stata l’unica protagonista che ho avuto in mente ogni volta che mi hanno detto che i creatori di videogiochi non pensino alle donne come a qualcosa di più che a un oggetto sessuale.”
(Brouwer, 2013)
Lara Croft è sempre stata al centro di ogni discussione videoludica che trattasse la sessualità, senza che ci fossero ulteriori sfumature sulla discussione. Tra le posizioni di Kennedy, Carr, Aarseth e Cassell e Jenkins vi è sempre una cospicua assenza di uno sviluppo più complesso dello studio. Negli scritti di questi autori, la figura di Lara Croft è sempre costretta nelle grinfie di una rappresentazione binaria tra sesso e politica di genere nei videogame. Seguendo le parole di Brouwer, bisogna guardare oltre il personaggio per non confinare la figura di Lara al di fuori dei confini del nulla più che un “oggetto sessuale”. Questa conflittualità con il genere, dunque, sembra negare le potenziali sfumature del dibattito, impedendone una lettura più ampia e articolata.
Esaminando un altro aspetto connesso a ciò che abbiamo visto fino a questo momento, possiamo notare come la figura di Lara, nonostante le sue forme, sia vista sotto una luce positiva dagli stessi giocatori che vedono in lei la protagonista di una storia, accantonando le espressioni di femminilità.
“Non c’è motivo di girarci attorno: Lara Croft, la star della serie Tomb Raider, è una vera e propria eroina d’azione che ha reso la sua figura un simbolo del self-empowerment femminile […] Dalla sua prima apparizione nel 1996, Lara è stata un’eroina d’azione che esplora, risolve enigmi e persino uccide. Il punto che qualunque azione esegua nelle sue avventure, sembra essersi dimenticata di indossare un reggiseno. […] E se possiamo riconoscerla come simbolo del potere femminile – dopotutto riesce sempre a portare a termine i propri obiettivi – possiamo vederla come oggetto del piacere maschile”. (Pinchefsky, 2013)
“Prima di Tomb Raider, non mostravo alcun interesse di sorta verso l’archeologia e la storia. Allora avevo 17 anni. La storia è sempre stata un argomento noioso che mi faceva ritornare alla mente la scuola. […] Ma dopo aver giocato Tomb Raider: Legend, Anniversary e Underworld, mi è venuta voglia di saperne qualcosa in più. In qualche modo, il personaggio e le trame del gioco mi hanno spinto ad approfondire gli argomenti storici trattati nel gioco”. (Shanthini, 2013)
Il personaggio di Lara Croft rappresenta, dunque, uno dei pochi personaggi femminili rilevanti nella storia dei videogiochi, una figura popolare e iconica che è entrata a far parte in quello che potremmo definire meta-mediatico. Il motivo è riconducibile al fatto che i protagonisti dei titoli di successo sono “usciti” dalle console, trasformandosi in vere e proprie icone che alimentano altri media. L’esempio di Lara è il più emblematico. Il suo personaggio, infatti, ha ispirato libri, film, linee di moda, viene citato in canzoni di successo ed è diventato a sua volta protagonista di due pellicole. La figura dell’eroina inglese è diventata così rapidamente popolare da apparire nei megaschermi del Popmart Tour degli U2 alla fine degli anni ’90.
Minuto 1:41:07 Hold Me, Thrill Me, Kiss Me
Poole (2000) cita inoltre il caso di uno spot pubblicitario, commissionato dai produttori di una bibita energetica e andato in onda nella tv britannica, in cui Lara dopo aver sconfitto i nemici si rifocilla bevendo il drink (1). La “Playstation Generation”, come viene definita da Marco Centorrino(2) , è quella generazione che cresce all’ombra della cultura del videogioco e che mentre resta incollata di fronte alla console (Herz), sviluppa l’aspettativa di una relazione causale tra ciò che fa e ciò che appare sullo schermo. Ci troviamo di fronte ad un pubblico che, a differenza della generazione di telespettatori degli anni ‘50 e ‘60, possiamo definire come “manipolatore di schermi” (Centorrino, Carzo, 2002).
Il videogioco rappresenta un medium interattivo che veicola una forma di realtà – sia essa storica, fantascientifica o quotidiana – che il giocatore può sperimentare. L’interattività rappresenta, dunque, la migliore espressione del videogioco e la sua formula rivoluzionaria.
“[…] Come definito da Webster, <<l’agire, o la capacità di agire, vicendevolmente>>. In altre parole, è la possibilità di compiere un’azione e di vedere il risultato di tale azione. […] Nelle forme lineari d’intrattenimento, come i romanzi, i film o gli show televisivi, il controllo è affidato a qualcun altro. Qualcun altro ha deciso cosa tu dovrai sperimentare e come lo farai. Interattività è ciò che ha storicamente distinto i videogiochi da altre forme d’intrattenimento mediatico di massa.” (La Plante e Seidner, 1999, pp. 230)
Esperienze ed emozioni, però, non vengono fornite immediatamente agli utenti ma vengono sapientemente distillate, attraverso una continua sfida con la macchina. Questa regola è la base sulla quale vengono concepiti i videogiochi moderni (Carzo, Centorrino, 2002). Queste considerazioni valgono anche nel panorama videoludico moderno ma la vera svolta nei confronti delle giocatrici è avvenuta alla fine del secolo scorso, ovvero quando Lara Croft è apparsa nella copertina di Playstation Magazine (PSM) e Playboy. Seppur considerate, secondo la gaming culture, come “donne oggetto che accompagnano il fidanzato in sala giochi per assistere alle evoluzioni del fidanzato” (Provenzo, 1991) o, come accade in altri giochi, come le ragazze che sbandierano per dare il via ad una gara automobilistica, la considerazione delle donne all’interno del dibattito sul maschilismo e femminismo nei videogiochi, non ha portato ad uno scontro tra i due generi ma ad una forma di aggregazione che coinvolge entrambi i sessi. Il videogame è diventato un elemento che, superando le differenze di sesso ed età, avvicina bambini, adolescenti, adulti, uomini e donne, ribaltandone spesso i ruoli e le gerarchie. Il joypad, dunque, è divenuto lo strumento che garantisce il rispetto dei più grandi e un’opportunità per inserirsi all’interno di un gruppo. Nella cultura videoludica, dunque, se un giocatore “parla” lo stesso linguaggio condiviso dai componenti del gruppo, non solo viene accettato, ma riesce ad annullare ogni differenza culturale, etnica, generazionale e sessuale.
Continua…
NOTE
(1) In Italia, Lara Croft è stata il testimonial di una azienda di telefonia cellulare.
(2) Centorrino, Marco; Carzo, Domenico, Tomb Raider, o Il destino delle passioni: per una sociologia del videogioco, Milano, Guerini, 2002, p.145.