Zombie in prima persona e ammazzadei paterni all’E3
Quest’anno l’E3 ha saputo intrattenerci e, perché no, stupirci. Ciò che leggerete non sarà però un sunto di ciò che è stato presentato, ma una riflessione riguardante i vari dibattiti creatisi a seguito dei cambiamenti apportati ad alcune saghe storiche del panorama videoludico. Dibattiti che, oltre ad impazzare in rete, sono nati anche all’interno di questa redazione proprio durante la sconvolgente rivelazione del nuovo God of War, portandomi a pensare e ragionare su come i cambiamenti vengano spesso recepiti.
E sulla base di queste considerazioni, è accettabile durante l’E3 del 2016 vedere Kratos fare a pezzi un troll mentre affronta un complesso e toccante viaggio di crescita e introspezione col figlio?
Il futuro e il passato non sono tutto
Prima di dilungarmi sul titolo sopracitato, mi sento in dovere di specificare che nel caso di giochi come Call of Duty: Infinite Warfare e Battlefield 1 non assistiamo a delle vere rivoluzioni. Cambiano i contesti e le ambientazioni, ma lo spirito rimane integro: sparare a gravità zero non cambierà la traiettoria dei proiettili in COD, medicare con un seghetto e una bibbia non renderà diverso il ruolo del medico in Battlefield. Cambiano i periodi storici e con essi l’aspetto dei giochi ma non ciò a cui siamo ormai abituati da decenni, per un continuo truccare e struccare la copertina in maniera tale farci rigiocare una copia, di una copia di una copia di ciò che non cambierà mai. Impressioni storiche del tutto riconfermato durante questo E3.
War never changes, sì, ma quanto sarebbe inaspettato e d’impatto giocare un Call of Duty nei panni di un generale nazista che comanda le truppe sul campo dando ordini? Non sarebbe più COD? Forse, ma questo presuppone gli stessi dubbi anche per Resident Evil VII? Per quanto abbia trovato questa nuova incarnazione della saga zombie piuttosto furbetta (il buco lasciato da P.T. ce l’ha ricordato pure Kojima col suo nuovo Death Stranding), dopo lo shock iniziale mi sono ricordato di come, in realtà, già dai tempi del terzo capitolo Capcom tentasse di apportare modifiche e innovazioni. Cambiamenti radicali che sono avvenuti come nel caso della svolta action e sparatutto di RE4 (che ha fatto storia) o con l’introduzione del multiplayer negli Outbreak (che sono invece passati in sordina), delineando come tratto caratteristico della saga proprio la poliedricità. E la cosa più impressionante di questi cambiamenti è che alcuni hanno davvero funzionato.
Provate a immaginare di tornare negli anni ’90 e di dire ai fan del primo Resident Evil che nel quarto capitolo si potrà prendere la mira manualmente e che si salteranno raggi laser con dei QTE; sapete quale sarebbe stata la reazione? La stessa che abbiamo avuto oggi nel vedere che nel settimo capitolo ci si muove in prima persona in una casa infestata: sbigottimento e scetticismo. Capcom ha consacrato il suo nuovo gioco al concetto di “cambiamento”, spiegandoci come, continuando ad utilizzare personaggi “testoteronici” come Chris e compagni, non sarebbe possibile offrire alla serie una nuova prospettiva.
Evoluzione=Cambiamento, ma non sempre
Ciò risulta ancora più traumatico con God of War, che penso sia naturale per tutti ricordare come una saga piena di violenza e ignoranza, QTE ed epicità. Questi elementi sono stati fondamentali per la bellezza di sette episodi complessivi, e ora questa nuova incarnazione non può che risultare come un campanello d’allarme, sia per gli spettatori dell’E3, sia per noi videogiocatori. E questo campanello ci fa pensare: vogliamo davvero un GoW in cui è presente una storia finalmente curata e un sistema di combattimento meno sballato e più ragionato? La mia risposta è sì, ma non per questo mi metterò a rinnegare ciò che la saga è stata fino ad Ascension, no, perché per me God of War continuerà a rappresentare alcuni dei migliori momenti videoludici della mia adolescenza. Allo stesso tempo, però, questo nuovo capitolo rappresenterà la crescita e la maturazione che ho avuto nell’intercorrere dei 12 anni passati dal primo capitolo: cambiamento rappresentato efficacemente sul sempre-muscoloso Kratos, ora però visibilmente invecchiato e in difficoltà.
Proprio il fatto di mantenere una continuity con il terzo capitolo della saga è ciò che ci dice “Hey, Kratos è sempre qui, non se n’è mai andato, ma come per tutte le cose è cambiato anche lui”. E il cambiamento, in questo caso, è piuttosto un’evoluzione, un passo in avanti e non indietro, verso quella che sarebbe stata la direzione sbagliata. Tutto questo dovrebbe farci riflettere anche su ciò che vogliamo veramente, perché troppe volte ci siamo imbattuti in saghe costrette al cambiamento per il malumore dei fan (Prince of Persia nel 2009), i quali allo stesso tempo però chiedono anche il ritorno ai vecchi fasti di franchise storici come Crash (che sappiamo succederà, attendo curioso di vedere come) o Castlevania. Quest’ultimo potrebbe essere a parer mio un esempio perfetto per valutare le meccaniche dell’evoluzione videoludica, perché fino a Lords of Shadow e al suo 3D abbiamo avuto capitoli su capitoli nei quali la narrazione e il platforming non erano di certo il punto forte.
Significa forse che non si possono sviluppare belle storie su giochi 2D? Figuriamoci. Piuttosto significa che con i cambiamenti arrivano nuove prospettive, alle quali si aggiungeranno di conseguenza nuove idee. Un’equazione semplice quanto terrificante (*coff Final Fantasy XIII *coff), che può far nascere di tutto. Se pensate che il nuovo God of War abbia introdotto solo una (apparente) storia matura, allora non avete tenuto d’occhio per bene lo schermo durante il gameplay, perché nell’istante in cui il figlio di Kratos scocca una freccia, in basso a destra appare scritto che l’arceria è salita di livello grazie ai punti esperienza appena guadagnati. Elementi GDR in God of War. Ebbene sì. E da dove sono spuntati? Da un gameplay meno frenetico e più story driven, a cui un elemento come la crescita del personaggio calza a pennello.
Curiosità e perplessità
Quello che abbiamo visto in questo E3 risulta elettrizzante insomma, abbastanza da smuovere la nostra curiosità. Per quanto io abbia una visione ottimistica su questi cambiamenti, non nascondo comunque delle perplessità su quanto saranno effettivi. Già in passato abbiamo avuto video introduttivi di qualcosa che, gioco in mano, non era stata del tutto sincera con noi in quella prima occhiata.
Discorso per lo più legato ai downgrade grafici, vero, ma che temo si applicheranno con Resident Evil VII, perché la direzione presa non sembra aver convinto tutti (me compreso), e me la tiro citando Leonard Cohen col suo The Future, secondo cui avremo tanti piccoli poeti che tenteranno di sembrare come Charlie Mansion. Allo stesso tempo però sono contento, almeno in parte, visto che così ci risparmieremo ibridi insicuri come i Revelations.
L’ottimismo prevale, perché è stato un anno particolare per i videogiochi, un anno in cui dalle ceneri del passato sono rinate fenici come DOOM (e dopo tutto il polpettone di prima immaginatevi ora un DOOM story driven), e, come abbiamo visto appunto durante questo E3, l’ambizione di altri a trasformarsi ed evolversi in qualcosa di nuovo e allo stesso tempo integro.
Poi, voglio dire, era dal 2009 che non passava un anno senza un Assassin’s Creed (videoludico) all’E3. Lo sentite? L’odore del cambiamento è nell’aria.