Ormai l’industria ci ha insegnato una sorta di dogma: se un gioco multipiattaforma arriva sulle console casalinghe esiste una signora possibilità che, dopo qualche tempo, approdi sui lidi PC una versione riveduta, corretta e, nell’insieme, più economica. Per qualche titolo può trattarsi di un’attesa di pochi giorni, per altri possono passare mesi o anni: tutto dipende dal nome del prodotto e da chi lo ha creato. La storia della serie Metal Gear su questa piattaforma è sicuramente più travagliata di altre: quanti sanno, per esempio, che esiste una versione PC di Metal Gear Solid, rilasciata nel 2000 e che comprende sia il titolo originale che l’espansione VR Mission, mai localizzata in italiano? Probabilmente non tanti e poco male, in quanto si tratta di un port complesso e con alcuni problemi di compatibilità con i sistemi recenti. Faticava a funzionare su Windows XP, volendo essere onesti. Lo stesso silenzioso destino è valso per la versioni Substance di Metal Gear Solid 2, più rumorosa ma comunque di minor successo rispetto alla loro controparte su Playstation 2. A qualche mese dal suo complesso approccio al mercato, Metal Gear Rising Revengeance, la pecora nera di Platinum Games, arriva su Steam con tutti i suoi DLC? Esattamente identico a se stesso. Nulla pare cambiato, tranne un piccolo dettaglio: il prezzo. Ma bastano i pochi spiccioli sufficienti a portarsi a casa il gioco a giustificarne l’acquisto? E come si comporta su un ambiente che non lo ha visto nascere?
Un nemico simile a noi
Raiden vive con un obiettivo autoimpostosi nella testa: portare la pace. Ora è diventato un ninja cyborg e ama definire la sua spada come uno strumento di giustizia. Il paese africano nel quale si trova ora, però, non sembra avere bisogno del suo intervento: il presidente che sta scortando è riuscito a raggiungere la fine dei conflitti nel suo paese, pur anche attraverso l’uso della paura. Vero è che, per le strade, tutto sembra tranquillo? fino all’apparizione di un gruppo di soldati modificati, comandati da alcuni uomini appartenente ai Desperados, un gruppo di mercenari che ha arruolato dei guerrieri come Raiden: esseri umani che hanno alterato il loro corpo per diventare delle macchine da guerra. Nel voler sedare il loro tentativo di rivolta e di rapimento del presidente, Raiden affronta uno di loro, Jetstream Sam, troppo forte per lui? uno scontro che pagherà con il suo occhio sinistro e il suo braccio destro. Raiden, però, non è spaventato da questo prezzo: la sua lama ha di nuovo sete di giustizia e, supportato dal gruppo di intelligence Maverick e dall’esperto di modifiche corporee Doktor, è intenzionato a mettere fine all’opera dei Desperados? E, forse, anche al suo percorso di vita, da troppo tempo senza un preciso punto di arrivo.
ZANDATSU!
Metal Gear Rising Revengeance cerca quanto più possibile di allontanarsi non solo dai normali canoni di un titolo della serie Metal Gear ma anche da quelli dei classici giochi di azione in terza persona: sono presenti, come di consueto, i comandi per il salto e per due tipi di attacco, combinabili per ottenere diverse evoluzioni ma non necessariamente legati a un attacco veloce e leggero e ad uno potente e più pesante. Tutto si basa sui riflessi del giocatore e sulla sua capacità di gestione della velocità di Raiden, superando ostacoli e aggirando nemici con la Corsa Ninja (simile a una corsa con spostamenti e piccoli salti automatici, come avviene nei vari Assassin’s Creed): non esistono comandi diretti per la schivata o la parata e l’unico modo possibile per fermare gli assalti dei nemici è rispondere ai loro attacchi attaccando a propria volta con uno dei due tasti a seconda del pattern e dei movimenti del nemico. Può capitare, così facendo, che il nemico resti sorpreso e stordito lasciando le sue difese scoperte per una combo completa e letale. Una volta sfoltite le energie dei nostri bersagli basterà la pressione del grilletto sinistro per attivare la modalità Zandatsu, rallentando il tempo permettendoci di sminuzzare i malcapitati in punti precisi con la leva analogica destra per assorbire i loro elettroliti, recuperando così energia vitale e potenza per le nostre pile a combustibile (necessarie per scatenare la modalità Squartatore, dove tutto ciò che si tocca è destinato a un crudele destino da carne da macello). Tornano, dai vecchi Metal Gear, il codec, gli oggetti di supporto, granate ad uso unico, scatoloni e armi secondarie, tutti equipaggiabili da un comodo menù in game nelle situazioni di calma; le ‘razioni’ di nano pasta riparatrice, inoltre, non hanno dimenticato la buona abitudine di auto-attivarsi quando l’energia vitale scende sotto lo zero, come già avveniva in passato, risparmiando al giocatore parecchio tempo e senza interrompere il ritmo di gioco. Completando le missioni con buoni voti, eliminando i nemici e recuperando gli oggetti, Raiden può potenziare il suo esoscheletro tramite Punti Battaglia, acquistando nuovi costumi, nuove armi (tra le quali figura la Blade Fox, leggendaria lama del buon vecchio Frank Yaeger, alias Gray Fox), migliorando quelle già in proprio possesso e aumentando le possibilità generali di sopravvivenza. Sulla carta tutto sembra rose, fiori e sfettolamenti ma bisogna fare un piccolo passo indietro e dichiarare una verità forse scomoda: il sistema di combattimento di Metal Gear Rising ‘non è per tutti’. Parare con gli attacchi e alternare al sangue alcune fasi stealth sono elementi che mettono in mostra un tentativo di nuovo che, a tratti, finisce per perdersi in una piccola ma pur sempre confusionaria crisi di identità: nulla che si possa affrontare con piacere ma per il quale è necessario più di un semplice abituarsi. L’imparare, qui, si trasforma in una dedizione necessaria, a tratti eccessiva, che finisce per rendere alcuni scontri profondamente corretti ma superficialmente frustranti; vale, ogni tanto, anche la triste regola del ‘metodo troppo efficace’: se per alcuni nemici sono necessari osservazione e tempismo, per altri basterà premere un tasto a raffica. Non si tratta, di per sé, di elementi davvero negativi: solo di tratti ai quali non si può essere ciechi ma che, fortunatamente, non intaccano l’ottima realizzazione complessiva di questa anomala avventura.
Alla ricerca di sè
Non credo sia necessario spiegare le ragioni dell’immediato, maturo interesse che ognuno dovrebbe avere leggendo le parole “Metal Gear” nel titolo di un’opera videoludica: Metal Gear può voler dire tante cose ma, sopra tutte, la più viva è la certezza di trovare, tra le pieghe della trama, un qualche tipo di analisi umana, più ancora della solita immancabile tiritera politica. La narrazione di Metal Gear Rising è di livello incredibilmente inferiore a quella del primo Metal Gear Solid, non ci si avvicina nemmeno per sbaglio; questo, però, non significa che si tratti di qualcosa di poco interessante, anzi, forse è proprio da questa ‘falsa povertà narrativa’ che emerge il più bell’aspetto di tutto questo copione: Raiden. La lotta contro i mercenari, prima animata solo da un vago ideale, diventa per Raiden o, meglio, per Jack la ricerca di un’identità perduta, di un percorso di vita vissuta quasi esclusivamente per gli altri, una vita che ha finito quasi per cancellare il suo essere: è davvero solo uno strumento di giustizia o forse dietro la spada si nasconde davvero qualcuno che, per quel che ha vissuto, prova piacere nell’uccidere? Quello che, in molti, chiamano Jack lo Squartatore? Jack non lo sa, non lo capisce: il suo parlare con persone, amici, nemici e persino intelligenze artificiali lo porterà ad avvicinarsi di nuovo alla sua persona, come non succedeva da parecchio tempo e con conseguenze insolite, spesso dolorose. Questo sviluppo trova casa in una cornice che difficilmente potrebbe essere migliore: gli ambienti, spesso tutti ‘affettabili’ con la propria spada, sono gremiti di segreti, oggetti nascosti e missioni VR e realizzati con estrema cura; la risoluzione può essere impostata fino a parametri piuttosto elevati senza generare problemi di frameskip nemmeno nei momenti più concitati. Steam, inoltre, permette l’utilizzo di vari tipi di controller, facendo quasi dimenticare di essere davanti a un PC. La colonna sonora è, invece, una nota anomala, positivamente curiosa: spazia da tipici brani da film d’azione a frenetici intermezzi che miscelano l’anima j-pop a voci da Chad Kroeger, specialmente durante gli scontri con i variopinti boss; è una strana ricetta ma per l’esaltazione personale è tutto grasso che cola. Ultima nota è forse la più grande, involontaria ‘correzione’ di questa versione PC: il prezzo. Trattandosi di un gioco estremamente breve, terminabile in una media di sei ore se si è relativamente abili, il prezzo è impostato fisso a 19.90€; un terzo della originale cifra di rilascio, che trasforma Metal Gear Rising Revengeance da animale da noleggio ad acquisto sempre da meditare, ma con maggiore serenità.
Conclusione
Metal Gear Rising Revengeance non è certo un punto cardine della narrazione Kojimiana né forse un gioco d’azione dei migliori, viste tutte le sue strane e complesse regole, ma le sue particolarità, strutturali e di storytelling, unite alla sua brevità, sono spunti sufficienti per volerlo avvicinare, specialmente visto il basso prezzo di questo ottimo port per PC: per pochi spicci si può assistere alla maturazione di un uomo combattuto, così lontana eppure così prossima a noi, mentre una musica che fa tremare i polsi accompagna il filo nella nostra spada nella burrosa pelle dei cyborg, dei quali siamo pronti ad assimilare energie e, forse, anche emozioni spente e aride, per riportarle a un passato più felice. Non è un prodotto per tutti e, ragionevolmente, obbligherà i puristi dello spionaggio a un adattamento che, se non pienamente accettato, porterà a una cocente delusione. Quello che è necessario far emergere, però, è che difficilmente si potrà gustare un simile pout pourrì di elementi, umani e di finzione, avvicinando altri titoli. Piano piano ci si accorge che tutti, in ogni singola nostra realtà quotidiana, rischiamo di diventare cyborg seguendo vuote parole e illogiche: solo quando la parola diventa carne si può trasformare in maturità. Se lo si può imparare mentre si affetta in qua e in là è solo meglio, almeno ci si diverte.