Come vi sentireste a passare da essere considerato l’eroe del paese al peggior traditore che esista sulla faccia del mondo conosciuto? Corvo Attano lo sa. Corvo Attano l’ha provato sulla sua pelle. E Corvo Attano darà una bella ripulita al suo blasone, in un modo o, molto più probabilmente, nell’altro. E’ finalmente disponibile in territorio nostrano l’attesissimo titolo targato Bethesda e Arkane Studios, una ventata di freschezza nel panorama videoludico odierno nonché un’ottima prova di come ci sia ancora qualcuno che sa fare giochi moderni ma da quel sapore old school che a tanti ancora manca. La vendetta è un piatto che va servito freddo? L’importante è che sia un piatto saporito! “Dishonored” decisamente lo è. Ma facciamo un furtivo passo alla volta.

Un Corvo non fa primavera

Ecco a voi Dunwall, ridente metropoli dal sapore indubbiamente Vittoriano, ma non collocata in Inghilterra, bensì in un immaginario regno governato dalla saggia e benevola Imperatrice. Tale regno ahinoi versa in condizioni difficili, a causa di una tanto inspiegabile quanto irrisolvibile epidemia di peste che sta falcidiando soprattutto i settori più poveri e disagiati di Dunwall (e te pareva?). Noi vestiremo, almeno inizialmente, la divisa del già citato Corvo Attano, guardia scelta al servizio dell’Imperatrice, rispettato dal popolo, dai suoi pari, e dalla sua datrice di lavoro. Di ritorno da una spedizione alla ricerca di una cura per la pestilenza, Corvo viene ricevuto dall’Imperatrice, ma diventa suo malgrado testimone di un vero e proprio colpo di stato, in cui la sovrana viene assassinata e la di lei figlioletta rapita. Inoltre, giusto per non farsi mancare nulla, il nuovo ordine costituito decide di incolpare dell’assassinio proprio Corvo, trasformandolo così da rispettato difensore dell’Imperatrice a suo carnefice. Fortunatamente a Dunwall esiste ancora chi resta fedele all’Imperatrice, i Lealisti, che liberano Corvo dalla prigione e lo aiuteranno a vendicarsi di chi lo ha così bellamente incastrato. Ma Lealisti e insorti non sono le sole forze in campo. C’è anche una forza soprannaturale, l’Esterno, una figura enigmatica che osserva gli eventi, per contrastare il Caos e mantenere l’equilibrio, e che è alla ricerca di qualcuno, un prescelto che possa contrastare l’ondata di Caos che sta dilagando a Dunwall, un alfiere che possa usare i poteri magici in suo possesso per fermare le forze oscure. Indovinate un po’ l’identikit del prescelto? La trama è oggettivamente originale fino ad un certo punto, però è talmente ben raccontata e confezionata che si sorvola agevolmente sulla relativa novità, per assaporare fino in fondo gli elementi che compongono il racconto. I protagonisti indiscussi della vicenda incredibilmente sono tre: Corvo, il soldato disonorato, cornuto, mazziato e pure arrestato, che intraprende il suo personale viaggio di vendetta per salvare la figlia dell’Imperatrice e ottenere la propria giustizia; la guerra intestina che si consuma tra golpisti e Lealisti, di cui noi saremo (non senza un magico aiuto) l’ago della bilancia; e infine Dunwall, questa capitale distopica che sembra uscita da un romanzo di Dickens, che affianca la maestosità dei quartieri alti alla decadenza dei bassifondi, al tempo stesso stupefacente e opprimente. Arkane Studios ha messo a segno un grande colpo fin dalle primissime battute: ci ha portato all’interno di un mondo credibile e appassionante, ci ha reso parte di una storia coinvolgente anche se non originalissima e ci ha regalato con facilità una serie di motivi per imbracciare le armi e partire alla ventura.

The sound of silence

Allora, ricapitoliamo. Un regno intero è sulle nostre tracce. Siamo accusati di un omicidio che non abbiamo commesso e quel che è peggio è che se raccontassimo la verità, nessuno ci crederebbe. Siamo però altamente addestrati al combattimento. Non resta che scendere in campo. Il primo livello, nella prigione (Bethesda ha una passione per i giochi che iniziano con noi a fare i galeotti?), funge da tutorial e ci permette di assaporare i vari elementi del gameplay. Innanzitutto “Dishonored” è un FPS. Che nessuno si dia al trollaggio, in questo caso FPS lo intenderemo come First Person Stealth: visuale in prima persona, ma scordatevi i fiumi di pallottole di un COD qualsiasi. Qua si lavora di fino. Per ben riuscire a “Dishonored” le vie sono due: quella più rapida ma meno remunerativa (e se vogliamo, soddisfacente), cioè il buttarsi nella mischia a menar fendenti e sparare colpi, oppure la furtività, l’azione nell’ombra. Ed è proprio in questo secondo caso che il titolo di Arkane Studios brilla in maniera particolare. Grazie all’esperienza di parte del team su capolavori come “Thief”, vero e proprio caposaldo del genere, siamo di fronte ad un mix estremamente sapiente di diversi generi, che però trova nello stealth il suo miglior compimento. Far accovacciare Corvo, portarlo dietro al malcapitato di turno e far di lui ciò che più ci aggrada rappresenta la summa di ciò che “Dishonored” ha da offrire. Detto così sembra molto semplicistico, ma in realtà le possibilità sono spropositate. Avete a disposizione due mani (che novità!), la destra che porterà sempre la nostra fida lama, la sinistra equipaggiabile alla bisogna tramite l’ormai classico menu a ruota, di armi a distanza o incantesimi, in maniera non dissimile da quel capolavoro che risponde al nome di “Bioshock”, e guarda caso Arkane ne curò il secondo capitolo. In questo modo potremo dare vita a innumerevoli combinazioni, che vanno dall’uccisione o stordimento a distanza del nostro bersaglio con una balestra, al teletrasporto con colpo ravvicinato, al controllo mentale, o a quello che la vostra mente meglio partorirà di volta in volta. Non solo, ma scegliere tra progredire uccidendo a destra e a manca o farlo in maniera discreta farà un’enorme differenza, a causa della barra Caos. Man mano che impileremo cadaveri, essa aumenterà, e con essa anche i “problemi”: i nemici saranno presenti in contingenti sempre più numerosi, mentre un numero sempre maggiore di topi sarà presente, causando una maggiore diffusione del morbo e una buona dose di sporcizia extra. Insomma, non basta solo arrivare all’obbiettivo, ma sarà fondamentale e avrà impatto non solo sul finale, ma anche sul progredire dell’avventura, il “come” lo si farà. Ma per fortuna abbiamo un’alleata? involontaria.

Meno male che Dunwall c’è

La città, Dunwall, sarà il nostro parco giochi, la nostra tela da dipingere col sangue degli sconfitti o il mantello dietro cui nasconderci. Non siamo di fronte ad un sandbox in senso proprio, ma la libertà lasciata al giocatore nello scegliere come muoversi, se aggirare l’avversario o affrontarlo e il design delle aree permettono di spremere abbondantemente le meningi per arrivare allo scopo. Combinate scenari ricchi, sfruttabili come mai visto prima in un gioco in prima persona, alla “cassetta degli attrezzi” magica in mano (è proprio il caso di dirlo) a Corvo e avrete una quantità di combinazioni davvero incredibile. Ad esempio cos’hanno in comune in una prigione un canale d’acqua, una catasta di casse e una passerella sopraelevata? Sono tutti ottimi metodi per arrivare a stordire o far trapassare la guardia che sorveglia il cancello, sia arrampicandosi “a mano” che sfruttando il teletrasporto. E si può decidere se agire a distanza o sgattaiolare dietro le spalle del malcapitato. O meglio ancora lo si può controllare e trattenere in acqua finche morte non sopraggiunga. Chiaro il concetto? I limiti alla creatività sono davvero pochi. Oltre ad essere una fantastica palestra per la nostra creatività, Dunwall è anche e soprattutto un vero e proprio spettacolo da vedere e da vivere. I palazzi lucidi e imponenti dei quartieri alti, con la luce che li contraddistingue, e il loro opposto, i capannoni in ferro e mattoni della periferia, dei quartieri poveri, infestati dai topi. E a coronare il tutto un forte senso di controllo, un “Grande Fratello” che anche se non è visibile fa percepire la sua presenza, e fa sorgere il bisogno di nascondersi, non solo dai nemici fisicamente presenti ma dal pericolo che incombe in ogni momento.

L’onore e il rispetto

Se sul lato prettamente artistico “Dishonored” è già stato ampiamente elogiato da parte nostra, anche il lato tecnico merita forti apprezzamenti, anche se non così intensi come quelli finora dispensati. Ottima la scelta grafica, un simil Cel-Shading che richiama un po’ lo stile di “The Darkness II”, e che quindi regala un colpo d’occhio reale ma con un tratto tendente alla graphic-novel. I modelli poligonali dei nemici sono abbastanza ricchi ma non miracolosi, così come le texture, curate ma complessivamente di qualità media. E’ chiaro come sia stata una scelta obbligata dare meno enfasi a questo aspetto, vista la mole di informazioni che la console già si trova a dover gestire. Lascia un po’ l’amaro in bocca la totale impossibilità di vedere il nostro personaggio al di fuori delle mani, nemmeno tramite menu. Passi non poterlo personalizzare, ma almeno poterlo vedere sarebbe stato un’aggiunta gradita. L’intelligenza artificiale dei nemici è buona, ma non sopperisce ad alcuni problemi di pathfinding che affliggono i soldati certe volte. L’audio invece si assesta su livelli davvero di pregio, forte dell’ottimo doppiaggio, della colonna sonora azzeccatissima e degli effetti audio che rendono con estremo realismo ogni angolo di Dunwall e ogni azione che intraprendiamo. “Dishonored” è un titolo di assoluto livello, baluardo dell’ormai flagellato single player e riprova del fatto che è ancora possibile dare vita a giochi in singolo accattivanti, curati e appassionanti. Ovviamente il consiglio spassionato è quello di non giocarlo come un COD qualsiasi, ma di gustarne la componente stealth, di non lasciarsi alla pigrizia e spremere le meningi per trovare soluzioni creative per superare gli ostacoli. Così facendo, avrete tra le vostre mani un gioco dalla durata sopra la media, dall’altissima rigiocabilità, ma soprattutto da un sapore che non si sentiva da tempo. Ad Arkane Studios e Bethesda spettano tutto l’onore possibile.

CI PIACE
  •  Gameplay versatile
  • Ambientazione curata e affascinante
  • Longevo e rigiocabile
NON CI PIACE
  •  Qualche problema di IA
  • L’approccio stealth è il più appagante, ma anche il più ostico
Conclusioni

Uno stealth game appassionante, con un gameplay profondissimo e un’ambientazione evocativa, “Dishonored” è un gioco moderno che rivisita il meglio del passato videoludico, rendendolo al passo coi tempi. Un riuscitissimo mix di generi, che regala un’esperienza varia e coinvolgente. Un must have di questa stagione.

9Cyberludus.com

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