I videogiochi sono la forma espressiva della post-modernità perché raccontano la contemporaneità assai meglio di molti altri media. Dei veri e propri documenti storici e, in quanto tali, vulnerabili all’inesorabile avanzare del tempo. Non stupisce quindi appassionati, collezionisti ed enti nel corso degli anni abbiano cercato di preservarli con lo scopo di mantenerli per le generazioni future. E finalmente, sulla scia di iniziative estere e nazionali (come la nascita del Computer Spiele di Berlino, la rassegna The Art of VideoGames dello Smithsonian American Art Museum di Washington e la piccola gemma nascosta de La Mecca del Videogioco in provincia di Genova) anche la città Città Eterna rilancia il messaggio sopito nella mente di tutti: è giunto il momento di prendere sul serio i videogiochi.
Nei precedenti due giorni di vita il VIGAMUS (situato in via Sabotino 4, nella centralissima zona del quartiere Prati di Roma) è stato visitato da oltre 1600 visitatori che hanno partecipato all’evento, attendendo impazientemente in coda di entrare gratuitamente per assistere alla mostra e ascoltare gli interventi degli ospiti intervenuti in concomitanza all’edizione 2012 dell’IVDC (Italian Videogames & Digital Contents Conference).
La struttura “sotterranea” si estende per circa 1000 metri quadri offrendo attualmente un percorso espositivo che inizia dalle origini del videogioco (esattamente come nella mostra temporanea gamezero 5885 sono presenti una sessantina di pannelli illustrati e teche con all’interno i pezzi esposti, supportati da materiale video che illustrano spezzoni di giochi storici, che però non era possibile provare) sino all’evoluzione delle console odierne.
Nonostante la quantità di scatole, accessori, reliquie inestimabili (si pensi ai dischi originali di DOOM e agli storyboard di DOOM III inviati da John Carmack e Tim Willits di id Software oppure alla ricostruzione perfettamente funzionante di TENNIS FOR TWO per gentile concessione del M.E.G.A., Museum of Electronic Games & Art) l’aspetto più ludico e interattivo è stato relegato a pochi “apparecchi” in funzione, la maggior parte dei quali cronologicamente collocati al periodo recente (come la ricostruzione di una sala arcade con flipper, calcio balilla, cabinati e postazioni di gioco nelle quali era possibile provare il recente WRC 3 FIA World Rally Championship di Milestone.
Purtroppo il nobile intento del direttore del VIGAMUS Marco Accordi Rickards di andare oltre la mera esposizione di tutte le console, i videogiochi e le piattaforme che si sono succedute nel tempo per fare cultura e rendere il videogioco accessibile a tutti (con una particolare attenzione a chi si avvicina per la primissima volta a questo mondo) risulta, al momento di scrivere, parzialmente raggiunto a dispetto delle interessanti presentazioni degli ospiti di ospiti di fama nazionale e internazionale intervenuti come Martin Hollis *(ex programmatore di RARE), *Marzio Zanantoni (editore della collana Ludologica di Matteo Bittanti, che è intervenuto con un video messaggio), Riccardo Cangini (Artematica), Bonaventura Di Bello (storico sviluppatore di avventure testuali nonché ex caporedattore di Zzap! e The Games Machine), Federico Salerno (che insieme ad altri membri dello staff di GamesCollection.it hanno fornito una gran quantità di pezzi al museo) e il “papà” di Kick Off e Player Manager Dino Dini (Igneous Entertainment Limited).
Se i futuri progetti ed iniziative del VIGAMUS (come il prossimo Interferenze Interattive. Playing Movies, evento in programma l’11 novembre facente parte della sezione "Risonanze" della VII Edizione del Festival Internazionale del Film di Roma) riusciranno a consolidare il museo come polo d’attrazione per tutte le comunità di videogiocatori italiani allora sarà davvero valsa la pena di giocare questa lunga e difficile partita.
Intervista a Marco Accordi Rickards
Cyberludus: Marco, lei è il direttore esecutivo di AIOMI, dell’IVDC, giornalista per molteplici testate, docente universitario a Tor Vergata e adesso ti occupi anche del VIGAMUS. Come riesce a organizzare il tempo per dedicarti a tutte queste attività?
Marco Accordi Rickards: La risposta scherzosa ma sino ad un certo punto è annullando il resto della mia vita privata. Fortunatamente il lavoro è anche la mia passione e mi diverte, rendendolo più sopportabile. Al di là di questo dirigere il VIGAMUS prenderà gran parte del mio tempo, motivo per cui a livello editoriale sto delegando una serie di responsabilità.
Cyberludus: Molti considerano il videogioco come un semplice prodotto d’intrattenimento, altri invece diseducativo considerandolo uno delle cause scatenanti per le passate tragedie ed atti di violenza. Lei invece ha sempre combattuto in prima linea per diffondere e far riconoscere il valore culturale e artistico del videogioco. Pensa che l’apertura di un museo permanente rappresenti la soluzione definita nonché la mossa vincente per terminare questa lunga battaglia in favore del videogiocatore o quantomeno una tappa importante?
Marco Accordi Rickards: Penso di sì e ne ho avuto la prova in questi giorni perché ho visto tanti giornalisti di grandi quotidiani interessarsi di quest’argomento e dare credito, cosa che prima non ci avrebbero mai dato. Eppure siamo le stesse persone: questo perché un museo è qualcosa che tutti capiscono, un tempio della cultura dedicato ad una serie di attività e argomenti. E quando esiste il museo dedicato a qualcosa gli viene automaticamente attribuita una valenza culturale e viene di conseguenza preso più sul serio. Poi affermare che il videogioco è arte e cultura non significa negarne il contenuto ludico e d’intrattenimento. Perché anche quando vado al cinema mi diverto e sono felice, eppure nessuno dubita dell’arte cinematografica, e che il film esprima cultura. La gente deve incomnciare a comprendere che per il videogioco è lo stesso.
Cyberludus: Giunta alla sua sesta edizione l’IVDC si rinnova e reinventa se stessa, a partire dagli ospiti passando a un’inedita e persino nell’acronimo: quella D che sino all’anno scorso stava per Developers è mutata in Digital Contents: qual’è il motivo di questo cambiamento?
Marco Accordi Rickards: Ci siamo resi conto di voler fare un discorso culturale ad ampio spettro: invece di puntare a seminari più tecnici per gli addetti ai lavori abbiamo deciso di puntare per una presentazione più diretta agli appassionati, alle persone che non sono sviluppatori ma vogliono sentir parlare ugualmente di come vengono realizzati. Pertanto teniamo questa tipologia di conferenze per essere più vicini ad un pubblico giovanile.
Intervista a Dino Dini
Cyberludus: Tutto il mondo ti conosce per essere il padrino dei giochi di calcio: si tratta per caso di qualcosa scaturita dalla passione per lo sport più bello del mondo?
Dino Dini: Si tratta di una domanda interessante perché non sono un grande appassionato di calcio. Infatti è stato soltanto un caso che la software house volesse realizzare un gioco appartenente a questo genere e pertanto l’ho realizzato. Ma penso che aiuti essere vicino all’argomento quando vuoi trasporre qualcosa in un nuovo medium. Forse se fossi stato un fan del calcio sarei stato in grado di individuare ciò che era davvero importante e provare ad implementarlo nel gioco.
Cyberludus: Secondo te perché le simulazioni e i giochi sportivi sono da sempre così popolari in questo settore? Come mai la gente predilige oggigiorno una sfida a FIFA o PES piuttosto che organizzare una partita di calcetto con gli amici?
Dino Dini: Penso avvenga per molti giochi simulativi. Ad esempio perché la gente gioca a Guitar Hero anziché imparare a suonare per davvero una chitarra? Nel caso del calcio direi che si tratta di opportunità in parte, perché spesso è difficile organizzare una partita ma dobbiamo considare anche il sogno e il desiderio di diventare un campione del mondo nel gioco, che non sarebbe possibile in altri modi.
Cyberludus: Quale potrebbe essere secondo te il successivo passo evolutivo per i giochi sportivi, e nel particolare per quelli di calcio? Esistono nuove ed originali direzioni di design da seguire?
Dino Dini: Sì, avevo provato a cercare nuove strade, come vedremo nel mio intervento, ma se desiderate creare una buona simulazione sportiva non esiste limite oltre il quale non potete spingervi. È l’attenzione ai dettagli, la profondità e il fatto che c’è molto da fare, eppure nonostante ciò per ragioni che spiegherò più tardi, non si riesce a trovare alcun publisher interessato. Penso che attualmente lo sforzo dell’industry verso i giochi mainstream da parte di EA, Konami e altri non riesca a raggiungere tali innovazioni. Perché queste aziende non sono brave ad innovare, piuttosto a riciclare le stesse formule. Infatti le vere IP come i dischi di DOOM che sono lì non seguivano l’onda del business ma sono state partorite dalla mente di pochi individui che lavoravano assieme in piccoli team senza alcun tipo di finanziamento. Che è poi da dove si è originata l’industri. Pertanto sì, c’è ancora tanto che si può fare per e i giochi di calcio e di altri generi ma dobbiamo tornare alla scena indipendente.
Cyberludus: Quest’anno era stata avviata una una raccolta di firme per convincerti a continuare lo sviluppo di Player Manager per computer e dispositivi mobili (PC, Mac, Linux/FreeBSD, iOS e Android) tramite la moda del momento, Kickstarter. Pensi che in futuro sentiremo nuovamente parlare di un tuo nuovo gioco?
Dino Dini: Mi piacerebbe davvero. Il problema però sta nel lato business dello sviluppo. Certo, potrei realizzarlo gratuitamente ma se spendessi ad esempio un anno della mia vita a realizzare Player Manager, una parte di me che lo desidera, e alla fine fosse giocato da poche centinai di utenti lo sforzo sarebbe stato vano. Ho bisogno di sapere che c’è davvero quest’ingente desiderio: avevo chiesto al mio amico David Athay che infatti aveva promosso la raccolta firme per raccogliere circa 3000 consensi ma dopo un mese ne aveva raccolto appena 350? un chiaro segnale che non ne valeva la pena. Ultimamente mi sono riproposto di creare un sequel di Player Manager quando raggiungerò 10000 follower su Twitter. C’è ancora tanta strada, ma fintantoché non raggiungerò questo traguardo non aprirò alcun Kickstarter e non comincerò a lavorare sul gioco.
Cyberludus: Puoi ricordarci il tuo account Twitter nella speranza che i nostri lettori contribuiscano alla causa?
Dino Dini: Sicuro, è @dndn1011.