La torta era una bugia?
Il tormentone creato dall’indimenticabile saga di Portal, ancora riecheggia nelle menti dei giocatori un po’ più “vetusti”. E, a riecheggiare, non è soltanto l’insano e geniale umorismo dietro il capolavoro di Valve, ma anche e soprattutto il “modus ludico” che la saga puzzle ha inaugurato quasi 15 anni fa. Ma, in questa sede, non parleremo di Portal, bensì di un prodotto per certi versi affine al gioiello Valve, seppur con le sue evidenti peculiarità: stiamo parlando di Faraday Protocol, sviluppato dalla italianissima Red Koi Box ed edito da Deck 13. Un titolo indipendente e sviluppato da un team di sole 5 unità, ma che già mostra le avvisaglie di quella che potrebbe essere, a tutti gli effetti e se si rispettasse, eventualmente, una sostenuta tabella di marcia tesa all’evoluzione, l’inizio di una saga che potrebbe dir la sua in un settore spesso arido di novità e che sopravvive grazie agli “status leggendari” di (pochi) titoli passati.
Ma bando alle ciance, ecco a voi la recensione di Faraday Protocol nella sua versione Steam!
Tra ziqqurat e tecnologia ultra-futuristica
Faraday Protocol è un gioco con visuale in prima persona, completamente dedicato alla risoluzione di differenti enigmi di stampo fisico e logico. Come già detto in incipit, il titolo ricorda, concettualmente, il modus dei puzzle game, inaugurato da Portal diversi anni fa seppur con una chiave spiccatamente personale, non solo tecnica ma anche e soprattutto artistica. La prima, reale novità per un settore che solitamente vede produzioni dilungarsi ad libitum esclusivamente nel sottoporre enigmi via via più complicati ai giocatori, il prodotto di Red Koi Box pone un deciso accento anche sulla componente più squisitamente narrativa: in modo specifico, nel titolo vestiremo i panni di Raug Zeekon, un archeologo interstellare appartenente ad una non meglio precisata (quanto meno all’inizio) e tecnologicamente avanzata razza aliena. Come si apprenderà sin dalle battute iniziali, il nostro alter-ego, seguendo un misterioso segnale proveniente da un sistema solare ignoto, si ritroverà suo malgrado in un ambiente inesplorato e dalle forti incognite, dominanti. Mossi i primi passi, verremo quasi immediatamente accolti da una intelligenza artificiale che, senza troppi convenevoli, ci inviterà ad addentrarci all’interno di Opis, una struttura che ben presto si rivelerà essere una sorta di “training camp”, composto da puzzle ed enigmi di diverso tipo, che metterà alla prova le nostre capacità di ragionamento e di logica.
Di lì, la storia si evolverà in modo per certi versi imprevedibile, andando a toccare temi massimi concernenti la vita, la morte e l’evoluzione della specie. Una svolta seria, come detto, quasi imperscrutabile e che, comunque, si rivelerà sicuramente un’aggiunta azzeccata e interessante. È bene sottolineare che, nonostante l’aggiunta apprezzabile e che rende Faraday Protocol sui generis rispetto allo standard del segmento videoludico, l’intreccio avrà dei nei comunque presenti. A partire dalla cadenza narrativa, estremamente rarefatta per i primi livelli e che poi accelera improvvisamente, raggiungendo nel giro di pochi livelli il climax narrativo che porterà, alla fine di una campagna che durerà all’incirca una decina d’ore, addirittura ad una “scelta” totalizzante o quasi e che svelerà una realtà drammaticamente cupa intenta a celarsi dietro i vari enigmi che affronteremo. Una scelta narrativa di pregio ma che potrebbe risultare, nella sua atipica segmentazione, non sufficientemente stimolante per taluni, visto e considerato che, sostanzialmente, gli enigmi che ci troveremo ad affrontare sono relativamente correlati all’intreccio narrativo in atto. Una questione che, comunque, se si considerano fattori oggettivi come un budget produttivo limitato e un team di soli 5 elementi, lascia un po’ il tempo che trova e che, anzi, proprio per queste ragioni esalta l’impegno e la validità dell’opera proposta dal team italiano.
Energie arancio, energie blu
Naturalmente, il fulcro dell’esperienza ludica si concentrerà nella risoluzione di enigmi via via più complessi, nel mentre attraverseremo una dopo l’altra le sale che compongono l’immensa struttura. In generale, l’intero leit motiv delle movenze ludiche del gioco, sarà incentrato sull’utilizzo di due tipi di energie, cromaticamente distinte in “Arancio” e “Blu”, che saranno utilizzabili con una speciale pistola hi-tech, la Bia-Tool, in grado di canalizzare le citate energie in specifici punti, solitamente legati a strutture ad hoc, statiche o movibili, situate sulle mura o sul pavimento. La prima forma di energia, in linea generale, fungerà da sorgente in grado di muovere complessi intrecci composti da linee in stile elettrico, che andranno ad attivare e disattivare interruttori, pannelli e piattaforme. La seconda, invece, tendenzialmente fungerà da connettore e servirà, appunto, per unire due meccanismi “distanti” consentendo il passaggio dell’energia o, in alcuni casi, il controllo diretto di pulsanti, piattaforme ecc.
Le tante stanze degli enormi ziqqurat, com’è lecito attendersi, saranno via via non solo farcite di enigmi progressivamente più complicati ma, addirittura, non solo di segreti (sarà infatti possibile raccogliere 18 collezionabili, ben nascosti nei livelli) ma anche di “binari morti” e “trappole” tese a “distrarci” dall’enigma principale da risolvere. In generale, aggiungendo alla “minestra” una serie di enigmi extra che, in varie forme, riguarderanno la pressione di bottoni specifici per creare altrettanto specifiche sequenze di immagini, i meccanismi che muovono il complesso sistema di enigmi terminano qui. E, nonostante i concetti alla base siano effettivamente pochi, è bene sottolineare l’ottimo lavoro fatto dagli sviluppatori nell’ingegnarsi alla ricerca di vie sempre nuove e innovative di mescolare i vari archetipi di puzzle seppur, come spesso accade per i rappresentanti del genere una volta compresi i concetti di fondi, dopo un po’ la risoluzione di alcuni enigmi sarà sostanzialmente un processo quasi automatico. Dunque, un’esperienza complessa e che richiederà una buona dose di pazienza e ragionamento, seppur non si raggiungano mai limiti eccessivamente astrusi e complicati per l’utenza. Faraday Protocol, a tutti gli effetti, si può considerare non solo un ottimo esponente, nel suo complesso, del settore, ma anche e soprattutto uno dei migliori titoli, per accessibilità, visto la sua cadenza molto rilassata, e intelligenza progettuale, considerato anche la semplicità dei comandi che andremo ad utilizzare. Insomma, un buon punto d’accesso per chi volesse cimentarsi, per la prima volta, con l’arduo mondo dei puzzle game.
Tecniche di (logica) sopravvivenza
Da un punto di vista squisitamente tecnico, Faraday Protocol è un’opera sicuramente pregevole: a partire dal complessivo design artistico, orientato verso una particolarissima mescolanza di ultra-tecnologia, arte déco dei primi del novecento che strizza l’occhio, com’era canone al tempo, alle raffigurazioni e all’arte egizia antica, sino all’essenza più concretamente computazionale, che vede il titolo di Red Koy Box attestarsi a livelli elevati se si proporziona ovviamente al budget e alla forza lavoro dietro il progetto. Tendenzialmente, durante l’esperienza ludica si avrà sempre la netta sensazione di trovarsi in un’immensa tomba egizia mescolata con astrusi e avanzatissimi meccanismi tecnologici. Una commistione che, visivamente, è ben amalgamata e non risulta mai forzata. In aggiunta, soprattutto nelle fasi finali, l’estetica del titolo virerà su disegni e geometrie più fredde e robotiche, in coerenza anche con l’evoluzione complessiva della narrazione. Detto ciò, visivamente, nonostante il grande lavoro profuso soprattutto in termini di originalità, ben presto ci si accorgerà di una logica o quasi “monodirezionalità” costante di trame e colori (tendenzialmente nero e oro) che caratterizzeranno la stra-grande maggioranza delle stanze di cui saranno composti gli ziqqurat (fatta eccezione, come già specificato, per i livelli finali che assumeranno colori più cupi e freddi).
Da un punto di vista squisitamente tecnico, Faraday Protocol è un buon prodotto che, anche grazie alla sua natura meccanicamente “semplice”, restituirà un’esperienza di gioco scorrevole e praticamente senza errori o imperfezioni degne di nota o tali da esacerbare in negativo il gameplay. Il titolo è stato testato con due macchine, una dalla configurazione intermedia e un’altra con un setup di fascia alta: in entrambi i casi, anche alla risoluzioni più alte, il gioco si è comportato più che bene, mostrando qualche piccolo rallentamento sul PC di livello medio, esclusivamente aumentando la risoluzione dal full HD al 2K, solo nella stanze più ampie e più ricche di dettagli. Una questione che è del tutto scomparsa armeggiando con il buon quantitativo di opzioni tecnico-grafiche disponibili. Ultima ma non per forza tale, l’area sonora: nonostante una buona qualità generale, visti i presupposti, esperibile principalmente per quanto riguarda la recitazione vocale dei dialoghi, il comparto audio in generale sarà di buona qualità seppur piuttosto rarefatto e, nella maggioranza dei casi, composto principalmente da pochi effetti meccanici e alcune brevi tracce, tendenzialmente di Ambient elettronico, a “sottolineatura” di fasi del gioco ad alta “drammaticità” o cruciali per lo sviluppo della trama.
Concludendo…
Faraday Protocol è un ottimo puzzle game, creato da un piccolo team indipendente italiano, che ha le carte in regola per essere il “la” tonale per il lancio di una solida saga di puzzle game: nonostante alcuni limiti, dovuti più ad una carenza di risorse oggettive e non certo artistico/tecniche, il titolo offre un’esperienza tutto sommato completa, con enigmi difficili ma non eccessivi, un’ambientazione originale e ben congegnata e una storia che, tutto sommato, funge da buon motore per il prosieguo dell’avventura. Il tutto, ovviamente, ad un prezzo più che accessibile. Un titolo consigliato non solo agli appassionati, ma anche e soprattutto a chi si dovesse avvicinare per la prima volta al genere.