La prima esclusiva Playstation 5 ad aprire le danze di un 2021 piuttosto carente, in termine di grandi uscite, è il discusso Returnal. La nuova fatica di Housemarque, software house che, negli anni, si è sempre contraddistinta per produzioni di stampo arcade, come Resogun o Alienation, sembra in realtà puntare verso standard qualitativi un po’ più alti rispetto al passato. Returnal è infatti uno di quei rari esempi di roguelike con budget da AAA, pronto a spingere forte sull’acceleratore e sfruttare appieno quelle caratteristiche di Playstation 5 che tanto stiamo apprezzando in questo inizio generazionale.
Inutile negarlo: Returnal è un’esperienza brutale, non adatta a tutti, un po’ per la sua natura roguelike e un po’ per la sua gestione dei salvataggi che tanto sta facendo discutere il popolo del web.
Ma il titolo Housemarque merita di essere giocato? Grazie ad un codice review fornitoci dal publisher, abbiamo sviscerato l’offerta contenutistica di Returnal, uscendone, in tutta sincerità, un po’ ammaccati. Dopo decine e decine di ore e centinaia di cicli temporali, siamo quindi pronti a fornirvi il nostro responso finale.
Ecco cosa ne pensiamo…
Attenti al loop!
Nonostante l’ottima presentazione, non ci sentiamo di considerare Returnal come un titolo “story-driven”. I ragazzi di Housemarque hanno infatti puntato su una narrativa a piccoli “bocconi”, spiegata attraverso gli innumerevoli file audio e le brevi e stranianti cutscene.
Il gioco ci mette nei panni di un’astronauta, Selene, impegnata in avvicinamento al pianeta di Atropo. Un fenomeno temporale di origine confusa, forse un fulmine, colpisce l’aeronave di Selene, obbligandola ad un atterraggio burrascoso sull’inesplorato pianeta.
Miracolosamente sopravvissuta allo schianto del velivolo, ci muoveremo all’interno delle prime aree del pianeta alla ricerca di un segnale radio misterioso noto come “Pallida Ombra”. Dopo qualche minuto sul pianeta, tuttavia, giungeremo ad un’amara verità: dopo aver ritrovato il suo stesso cadavere, scopriremo che Selene risulta essere bloccata in una sorta di loop temporale che comincia, come detto, con lo schianto sul pianeta e termina, inevitabilmente, con la sua morte. Ogni ciclo porta nuove scoperte, nuove registrazioni audio da ascoltare e nuovi studi che portano la protagonista sempre più vicina allo scoperta della verità.
Difficile quantificare la longevità di Returnal. Il gioco, affida la propria progressione a sei biomi differenti, al termine dei quali saremo tenuti ad affrontare cinque temibili boss. Il giocatore medio potrebbe impiegare circa venti ore ad arrivare ai tanto sudati titoli di coda anche se, nel nostro caso, ne sono servite circa una trentina.
Come funziona Returnal?
Come definire Returnal? Il titolo degli Housemarque fa parte della cosiddetta schiera di titoli roguelike, accomunati da diversi fattori tra cui, in primis, il permadeath e la generazione procedurale delle mappe di gioco. Titoli come The Binding of Isaac o il recente – e pluripremiato – Hades, sono due importanti esponenti di questo genere che pur essendo “rappresentanti” di una tipologia di gioco per sua natura incredibilmente ardua, sono riusciti ad attirare l’attenzione di pubblico e critica, anche grazie alla loro indubbia qualità.
Returnal non è da meno. Nonostante una componente narrativa non proprio prorompente, il titolo Housemarque ha dalla sua un gameplay senza dubbio riuscito, che fa delle meccaniche di shooting il proprio punto di forza. A partire dall’arma iniziale, una “semplice” pistola, per poi arrivare a mitragliette o fucili a pompa, il gioco ci metterà a disposizione un armamentario sempre più complesso e letale, utile per sterminare le varie mostruosità che popolano la superficie di Atropo. Returnal si trasformerà ben presto in un vero e proprio “bullet hell”, dove non solo dovremo cercare di mirare con successo ai nemici su schermo (che tra movimenti improvvisi e scatti letali, cercheranno di complicarci la vita non poco), ma al tempo stesso dovremo prestare attenzione ai loro attacchi, per evitare di incappare in una morte prematura e nell’ennesimo riavvio di un ciclo. Nelle sezioni di gioco più dinamiche e complesse sarà quindi necessario combinare tutte le abilità che il gioco ci propone: Selene dovrà quindi saltare e muoversi verticalmente o utilizzare la utilissima schivata (che ha comunque un tempo di cooldown) per evitare le scariche di attacco nemiche. Inoltre, insieme alle bocche da fuoco principali, Returnal propone una lama xenomorfa per gli attacchi in mischia e, presa la giusta confidenza, si rivelerà un’alleata essenziale durante i nostri cicli su Atropo.
Pad alla mano Returnal è in assoluto uno tra i migliori showcase del DualSense, il controller Sony che, fin dal debuttante Astro’s Playroom, si è saputo distinguere per inventiva e funzionalità. Grazie ai grilletti adattivi e il feedback aptico, sfruttati magistralmente dai ragazzi di Housemarque, ogni nostro passo o movimento su Atropo riesce a trasmettere, attraverso il pad di Playstation 5, un’esperienza sensoriale unica: dai salti alle schivate, fino al più semplice battito delle gocce di pioggia sulla tuta, il feedback aptico del DualSense riesce a regalare delle vere e proprie emozioni. Per il discorso grilletti adattivi, le armi di Returnal permettono ben due modalità di fuoco, attivabili a seconda della pressione sul grilletto sinistro – metà corsa per fuoco primario, pressione completa per quello secondario.
Come dicevamo in apertura, uno tra gli aspetti in comune dei titoli roguelike è la generazione procedurale delle mappe di gioco che, di fatto, dovrebbero rendere il titolo sempre diverso ad ogni ciclo. In Returnal, in realtà, la questione generazione delle mappe non è proprio così. Possiamo immaginare ogni bioma di Atropo (ce ne sono in totale sei, che differiscono per morfologia e “fauna” locale) come un insieme di tasselli: i tasselli non cambiano mai ma a modificarsi è il loro “posizionamento” all’interno di quella scacchiera che compone il bioma. Una scelta particolare ma che in qualche modo ha permesso agli sviluppatori di lavorare sul level design dei singoli tasselli, senza incappare in complessità dovute alla generazione procedurale dell’intera mappa.
A rendere l’esperienza di gioco di Returnal brutale e senza dubbio complicato, rispetto alla media degli shooter in terza persona sul mercato, è il sistema di progressione estremamente punitivo che, di fatto, resetta i progressi di Selene ad ogni morte e conseguente riavvio di ciclo. Esplorando i biomi di Atropo, infatti, avremo modo di potenziare la protagonista attraverso oggetti chiamati “reperti” ottenibili sia dai drop dei nemici che da alcuni chest sparse per la mappa; grazie ad essi, potremo quindi ottenere vantaggi di assoluto spessore, in grado di potenziare in maniera sostanziale le statistiche della protagonista. Giusto per buttare altra benzina sul fuoco, i ragazzi di Housemarque hanno integrato oggetti e consumabili che possono, ahinoi, provocare diversi malus alla protagonista: in questa categoria rientrano i parassiti, veri e propri insettoidi che si attaccano alla nostra tuta e ci resteranno fino alla fine del nostro ciclo o, in casi speciali, potranno venir rimossi grazie a specifici consumabili, oggetti che una volta esaurito il proprio effetto – generalmente – verranno persi per sempre.
Come dicevamo, ad ogni morte e conseguente riavvio del ciclo, Selene dovrà ripartire dal primo bioma e perderà, per forza di cose, eventuali potenziamenti, parassiti e reperti conquistati nella precedente run. Siete avvisati.
L’esperienza next gen di Housemarque
Returnal non è un titolo spaccamascella, questo ci teniamo a sottolinearlo prima di addentrarci nell’analisi puramente tecnica dell’ultima fatica di Housemarque. Il gioco mostra sì una qualità invidiabile in termini di fluidità, anche nelle situazioni di gioco più concitate, bloccato a un solido frame rate di 60 fps. Lato risoluzione, almeno sulla carta, il gioco gira in 4K anche se stiamo parlando di un upscale dal fullHD e questo, ahinoi, si vede sul fronte texture, molto spesso poco definite e prive di quei dettagli che è lecito aspettarsi da una produzione di nuova generazione. Returnal è un tripudio di effetti visivi: gli scontri più concitati mettono in mostra una vasta gamma di colori e giochi di luce che, a sessanta frame al secondo, sono comunque un bello spettacolo.
Lato audio, Returnal è uno tra i fortunati titoli che, grazie allo sfruttamento delle ottime Pulse, sfrutta la tridimensionalità del suono: i suoni provengono da ogni direzione, come i proiettili che vengono schivati, o i nemici che volteggiano in cielo. Il gioco è stato doppiato interamente in lingua italiana anche se segnaliamo l’assenza di linee di dialogo significative.
Concludendo…
Returnal non è un titolo adatto a tutti, e questo ci teniamo a metterlo fin da subito in chiaro. L’elevato livello di difficoltà potrebbe, fin da subito, scoraggiare alcuni videogiocatori, che inevitabilmente dovranno mettere in preventivo il fatto di dover ripetere decine e decine di volti interi cicli, dalla durata variabile (alcuni potrebbero tenervi impegnati oltre due ore). L’assenza di un sistema di salvataggio, vero e proprio neo di questa produzione, è un elemento che sta facendo molto discutere la community in questo periodo e rende – di fatto – obbligata la scelta di lasciare la console in modalità riposo, per evitare di perdere i progressi fatti nel caso fossimo costretti a interrompere un ciclo dopo diverso tempo.
Nonostante le spigolosità di un sistema poco immediato e inadatto al “giocatore casual”, Returnal è un titolo con delle meccaniche di shooting incredibilmente appaganti, che saranno in grado di tenervi incollati allo schermo – e al magistralmente sfruttato DualSense – per decine e decine di ore.