In questa prima parte del 2019 gli amanti dei gestionali sono riusciti a mettere le mani su numerosi titoli di qualità, molti dei quali in grado di regalare un’esperienza di gioco peculiare e al contempo soddisfacente. Nessuna di loro, però, è riuscita neanche minimamente a eguagliare per carisma quella della saga di Tropico, che da ormai diciotto anni ci permette di instaurare liberamente una dittatura di stampo sudamericano e gestirne i complessi aspetti gestionali che essa comporta.

Oggi ci apprestiamo a recensire Tropico 6, il cui sviluppo è passato da Haemimont Games ai ragazzi di Limbic Entertainment (sviluppatori, tra le altre cose, di titoli solidi come Might & Magic X e Heroes of Might & Magic VI e VII) con risultati che, nonostante qualche piccola ombra, sono riusciti a colpirci positivamente.

Un cocktail di tradizione e innovazione per El Presidente

Nonostante il passaggio del testimone a Limbic Entertainment, l’esperienza ludica di Tropico 6 è rimasta molto fedele alla tradizionale offerta della saga: un city-builder ad ambientazione caraibica nel quale “El Presidente”, lo spietato ma simpaticissimo dittatore-mascotte, sarà chiamato a destreggiarsi tra i delicatissimi equilibri che si instaureranno tra le fazioni politiche del proprio Stato e quelli delle superpotenze internazionali che si susseguiranno nel corso della partita, il tutto senza lesinare sulla microgestione – a volte un po’ spinta – di tantissimi aspetti quali la pianificazione dell’edilizia, lo sfruttamento delle risorse naturali, la corruzione e l’inquinamento. La microgestione è infatti un aspetto imprescindibile di Tropico 6, al contempo punto di forza e suo più grande limite: le schermate di gestione sono piacevoli alla vista e chiare alla lettura, ma spesso sarà necessario selezionare il singolo abitante visto che questo sarà l’unico modo per capire i bisogni non solo dell’individuo, ma anche del ceto e\o la zona a cui appartiene, informazione che ci permetterà di intervenire in maniera puntuale sotto il profilo della pianificazione. Valutare questo aspetto, macchinoso ma profondo, come un bene o come un male dipenderà solo dal tipo di gioco che preferite.

Inoltre sarà necessario anche concedere alla popolazione né troppo – visto che cibo, cure e divertimento saranno spese abbastanza onerose per le vostre casse – né troppo poco, poiché la fonte del vostro potere “incontrastato” è proprio nel benessere dell’elettorato, che se eccessivamente scontento potrebbe invocare l’intervento delle superpotenze di cui sopra. Starà a noi decidere che impronta dare alla nostra dittatura: perseguire uno stato sociale in cui i servizi sono gratuiti significherà farci nemici gli abitanti più ricchi, mentre liberalizzare il mercato ci renderà invisi a quelle più povere.Le possibilità sono davvero tante e la loro scelta è capace di innescare meccanismi in grado di rendere ogni partita diversa dall’altra.

Quando una sola isola non basta più

Ma Tropico 6, oltre a presentare i tratti caratteristici della saga, riesce a dar loro una rinfrescata attraverso l’introduzione di alcune novità decisamente ben implementate. Le partite saranno ora ambientate non più su una singola isola, ma su interi arcipelaghi proceduralmente generati che rendono assai più complessi (e sicuramente più soddisfacenti) i particolari meccanismi economici che questa feature porta con sé: è probabile che l’isola più ampia e abitabile non abbia le materie prime che invece qualche isoletta poco distanze dispone, sarà a noi decidere se collegarle con ponti o porti in grado di gestire anche il passaggio di merci.Non si tratta di una semplice frammentazione dello scenario, bensì di un level design completamente ripensato per la serie, da imparare a conoscere e gestire in ogni suo aspetto.

Le mappe, come se non bastasse, non sono più “limitate” dalla presenza delle montagne che, in passato, dividevano le singole isole in aree indipendenti tra loro da collegare soltanto via mare. Ora la verticalità è un aspetto importante da considerare nella progettualità economica di El Presidente, poiché sarà possibile costruire – nelle fasi avanzate di gioco – anche tunnel, una novità che potrebbe essere considerata secondaria ma, a parere di chi scrive, è invece uno dei punti di rottura più importanti dell’offerta di questa sesta iterazione di Tropico. Chi ha giocato ai capitoli precedenti si renderà subito conto delle ricadute di una così “semplice” introduzione.
Un’altra novità è rappresentata dall’attività del covo dei pirati, un edificio dal quale partiranno veri e propri raid la cui finalità sarà quella di ottenere in modo poco lecito bottini di ogni genere, siano esse materie prime o prodotti lavorati. Ogni tanto i nostri pirati portino sull’isola alcuni edifici speciali che, una volta costruiti, apporteranno tutta una serie di bonus alla popolazione e al turismo.

In questo genere di giochi il livello di complessità dell’apparato ludico è un aspetto degno di considerazione: pur senza strafare, il gioco dei ragazzi di Limbic Entertainment riesce ad offrire un gameplay stratificato e sfaccettato nonostante l’aspetto scanzonato della produzione, e un livello di sfida che segnaliamo tra i più alti dell’intera saga. E vi assicuriamo che è cosa gradita in un panorama che tende alla semplificazione tout court, spesso banalizzando i giochi in nome di un’accessibilità maggiore.

La grande bellezza della dittatura caraibica

La base dell’offerta ludica di Tropico 6 è davvero minimalista, incentrata palesemente sulla modalità sandbox, ma in aggiunta vi sono anche alcune missioni che richiederanno di raggiungere determinati obiettivi attraverso il superamento di alcuni eventi preimpostati. Sono sicuramente ben strutturate e divertenti da portare a termine ma, nonostante un blando tentativo di narrazione, sono completamente slegate tra loro, cosa che a parer nostro non è assolutamente in grado di colmare l’assenza di una modalità “campagna” che sarebbe calzata a pennello sul carisma del protagonista del gioco.

Dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a un prodotto magnifico, bellissimo da vedere e – soprattutto – da ascoltare, valutazione fatta alla luce di uno dei doppiaggi in italiano migliori che questo genere di giochi abbia mai offerto. Anche l’interfaccia, come accennato prima, è stata realizzata in modo intelligente, facilitando l’operazione di lettura in-game e permettendo così un controllo pressoché totale dei processi economici.

Concludendo…

Tropico 6 è tutto sommato un buon prodotto, che riesce a innovare qualcosina senza snaturare l’identità di una saga che, negli anni, ha saputo conquistare i cuori di molti appassionati di city builder e gestionali grazie a un cocktail di complessità gestionale sia economica che politica. Ci è apparsa eccellente la complessa stratificazione offerta dall’introduzione dell’arcipelago, che sostituisce l’isola come luogo dove far sviluppare la nostra personale “Repubblica delle Banane”, e la tensione ad una maggior attenzione alle dinamiche di sfruttamento del terreno che le nuove infrastrutture portano con sé.
Purtroppo non è esente da difetti: il livello di microgestione potrebbe non essere gradito da tutti e, nonostante le tante ore di gioco che le missioni e la modalità sandbox sono capaci di offrire, la mancanza di una modalità “campagna” si fa sentire più che nei capitoli precedenti, alla luce soprattutto di un protagonista azzeccatissimo e da solo in grado di dare un’impronta precisa all’identità di Tropico.
In conclusione lo consigliamo senza remore a tutti gli amanti del genere, ma anche chi è a digiuno di gestionali (e non è allergico ai ritmi lenti e riflessivi del tipico gameplay) dovrebbe dargli quantomeno una possibilità.

CI PIACE
  • Grafica deliziosa e doppiaggio in italiano superlativo.
  • Gameplay profondo e stratificato.
  • Il level design funziona benissimo.
NON CI PIACE
  • Microgestione non per tutti.
  • Modalità missioni troppo slegate tra loro.
  • Vogliamo una modalità campagna con El Presidente protagonista.
Conclusioni

Tropico 6 è tutto sommato un buon prodotto, che riesce a innovare qualcosina senza snaturare l’identità di una saga che, negli anni, ha saputo conquistare i cuori di molti appassionati di city builder. Purtroppo qualche difetto non permette alla dittatura di El Presidente di diventare la migliore nel suo genere.

7.9Cyberludus.com

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Studente di "Archeologia e Culture Antiche" all'università di Salerno, passa il suo tempo interessandosi di tante, troppe cose. Nulla però è in confronto della sua passione per i videogiochi, quasi insana. Predilige il gioco su PC, il retrogaming, gli RPG e gli strategici, ma non disdegna tutto il resto, ad esclusione dei simulatori di guida che evita neanche fossero debiti.

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