Videogiochi di Dragon Ball: ciò che è stato
Ogni volta che viene annunciata una nuova trasposizione videoludica di Dragon Ball, la paura e la speranza che albergano in me eseguono una danza di Metamor e si fondono in un’unica essenza che non mi abbandona fino al giorno del lancio. Siamo onesti, la fedeltà “enciclopedica” di Dragon Ball Z: Budokai 3 e il feeling dei combattimenti di Budokai Tenkaichi 3 sono anni che non si vedono in giro e, al contempo, sono anni che l’utenza prega in tutte le lingue per avere la possibilità di giocare al gioco di Dragon Ball per eccellenza.
Le risposte di Bandai Namco, dal capolavoro grafico con pochi contenuti Burst Limit, passando per il discreto Raging Blast 2 in stile Tenkaichi, fino a Ultimate Tenkaichi aka “il festival del quick time event”, non hanno mai convinto del tutto le folte schiere della fanbase.
Poi, nel 2015, è arrivato Xenoverse.
Il primo titolo di questa serie è riuscito, almeno in parte, a introdurre meccaniche di gioco inedite e a offrire nuovi spunti di trama, senza operare tagli sui contenuti. Sono giorni che sto giocando al secondo capitolo di Xenoverse, ed è giunto il momento di tirare le somme: occasione mancata, titolo valido o, addirittura, si tratta DEL videogioco di Dragon Ball?
Scopritelo, proseguendo nella lettura.
Sbirri del tempo
Il picchiaduro dei ragazzi di Dimps, come ben sappiamo, si fonda sul concetto di linee temporali. Trunks del futuro, assieme al Kaioshin del tempo e al vecchio Kaioh, coordina l’unità dei pattugliatori temporali per tenere al sicuro la storia di Dragon Ball. Sono passati anni dalla sconfitta di Demigra e, nel frattempo, Toki Toki City, così chiamata in onore dell’uccellino che cova le “uova del tempo”, è diventata Conton City. La città non appare solamente rinnovata, ma anche più grande della precedente. Le aree dei negozi e delle missioni parallele vengono affiancate dal quartiere di Namek, dalla sede della Capsule Corporation, da Kame House e persino dalla navicella di Freezer.
L’eroe col quale abbiamo salvato il tempo, se abbiamo i salvataggi del primo capitolo, potrà apparire in forma olografica nella piazza di Conton City, ma per la nuova avventura saremo chiamati a crearne uno da zero. L’editor del personaggio – che offre la possibilità di scegliere tra 5 diverse razze di guerriero – è solo discreto, ma ciò passerà in secondo piano quando realizzerete che potrete far arrivare il vostro sayan fino al terzo livello o sfoggiare il vostro “Golden Freezer” personale. La storia, come è lecito aspettarsi da un titolo del genere, non offre particolari colpi di scena o plot twist, anzi il senso di “deja vu” è forte, sebbene non manchi un certo guizzo creativo: senza fare spoiler, diciamo solo che Trunks dovrà affrontare sé stesso e rimanere fedele ai propri doveri di pattugliatore temporale, in una particolare situazione che si presenterà dopo la conclusione del capitolo di Cell.
Pugni, calci, onde energetiche e… craniate sui denti
Vanno bene le trovate narrative e le nuove trasformazioni, ma è ora di analizzare il punto cardine dell’intera esperienza. Il gameplay del primo Xenoverse non era indegno, merito anche delle animazioni esclusive dei vari personaggi, ma assolutamente non paragonabile a quello di esponenti del filone Budokai Tenkaichi. Nonostante qualche lieve miglioria, anche qui si riscontra la stessa cosa: le combo prevedono le solite dinamiche, ed effettuare alcuni attacchi avanzati come il classico “pugno nella pancia” risulta un po’ macchinoso. Il ricco roster, con personaggi tratti da Dragon Ball Super, Z, GT e dai vari film, riesce a prevenire in senso di pesantezza e ripetitività ma, di certo, alla lunga non basta. Da segnalare che, finalmente, si riescono a combinare decentemente attacchi fisici e attacchi energetici a distanza.
Questi ultimi, come già detto, sono ben proposti ma hanno perso quella potenza distruttiva che li rendeva così “realistici” e appaganti da eseguire nella serie Tenakichi. In tal senso, Dragon Ball Unreal, fan project in Unreal Engine 4, ha fatto propria la filosofia degli amatissimi titoli di Dragon Ball su PS2 e l’ha migliorata: onde energetiche “instabili”, lucenti, che infondono una sensazione di onnipotenza nel momento in cui distruggono intere aree di gioco, provocando boati colossali e danni permanenti: nel 2016, a mio parere, si dovrebbe (e potrebbe) offrire tutto questo.
Già che ci siamo, non ho apprezzato la finta distruttibilità degli ambienti, e non parlo dei palazzi che si spaccano ma dei “segni” lasciati dalle nostre tecniche energetiche: scie nel terreno e fosse di dimensioni assortite, che svaniscono nell’istante successivo alla loro formazione. Un pugno nell’occhio. Da rivedere la telecamera che, a volte, zooma inspiegabilmente su un personaggio o inquadra porzioni di stage estranee all’azione, impedendo il corretto svolgimento dei combattimenti: il problema si presenta anche in sessioni di multiplayer locale, specie nell’arena del torneo mondiale e su Namek.
It’s over 9000!
Dimenticatevi del pomeriggio necessario a portare a termine Burst Limit, perché Dragon Ball Xenoverse 2 vi intratterrà per decine e decine di ore.
Una volta a Conton City, le possibilità a vostra disposizione saranno davvero numerose: avanzare nella storia, concludere le missioni parallele (molte sono prese di peso dal predecessore), cercare le sfere del drago per sbloccare personaggi aggiuntivi e altri contenuti, farvi assegnare compiti speciali da Mr. Satan, Great Saiyaman e Vegeta, difendere il capo anziano di Namek oppure – e non scherzo – nutrire Majin Bu a sazietà per fargli avere dei figli.
Volete dedicarvi prima all’avanzamento del vostro personaggio, imparando nuove tecniche dai maestri di arti marziali? Potrete fare questo e molto altro, anche consegnare le bottiglie di latte ai pattugliatori temporali (ed è assolutamente il compito meno divertente e riuscito). Fondamentalmente tutte queste attività prevedono il “menare le mani”, ma la struttura del gioco, anche se per un soffio, riesce a sopravvivere alla malattia della ripetitività. Tutte le possibilità della run in solitaria, le avrete anche nel multiplayer: questa è, in assoluto, la più grande forza di Dragon Ball Xenoverse 2. Niente esperienze a metà, deciderete voi come giocare e a quali attività dedicarvi, non importa se in compagnia o meno.
Anche le nuove “Expert Mission” sono affrontabili sia in singolo che in multigiocatore, e offrono un ulteriore punto a favore della longevità: i vostri alleati potranno essere soggiogati da alcuni attacchi speciali del nemico e dovrete fare di tutto per riportarli alla ragione, anche riempirli di mazzate. Graditi i nuovi arrivi nel roster come Goku Black, Hit e Trunks da Dragon Ball Super, ma anche il depressissimo Gohan del futuro, il namecciano Slug, il sayan Turles, Cooler (il fratello di Freezer) direttamente dai film di Dragon Ball… e non solo. In Xenoverse 2 c’è anche un personaggio non canonico che farà la gioia dei fan, ma sbloccarlo sarà tutt’altro che semplice e immediato.
Una nuova realtà, con le sue verità, scaverai nel comparto grafico…
Tartine al salmone affumicato senza burro: è così che definirei il comparto grafico-tecnico di Xenoverse 2. Rispetto al predecessore, la presentazione è, di sicuro, migliorata. I modelli dei personaggi vanno dal “discreto” di Trunks del futuro, fino “all’eccellente” di Cooler ma, in generale, fanno il loro dovere, soprattutto se accompagnati da aure luminescenti e luccichii assortiti. Apprezzabili anche i piccoli dettagli, come le pietre che si sollevano, in puro stile Dragon Ball, quando si ricarica il proprio ki. L’effetto aura non è dei migliori e, ancora una volta, vede le sue incarnazioni più riuscite nei Tenkaichi-like. I 1080p e 60 fps si sono rivelati granitici, tranne che per brevi momenti di défaillance durante le fasi esplorative a Conton City.
La cosa davvero importante è che il gameplay di Xenoverse 2 non risulta minimamente affetto da fluttuazioni del frame rate, che rimane sempre stabile anche nelle fasi più concitate e con gran numero di effetti a schermo. Alcune delle numerose arene sono sopra la media in termini di accuratezza, ma nulla che faccia gridare al miracolo. Parlando di Conton City, è divertente da esplorare, nonostante la presenza di fastidiosi caricamenti che affliggono il passaggio tra la città e le mini mappe esterne. La città è molto colorata e i “mini quartieri” che la compongono risultano piacevoli e ben caratterizzati, ma l’area della foresta di bambù e la resa di molte delle superfici sono sostanzialmente da dimenticare: il dettaglio è infimo e le compenetrazioni poligonali sono all’ordine del giorno.
Siamo nel 2016 e Cyber Connect 2, team della serie Naruto Ultimate Ninja Storm, ha ampiamente dimostrato che i disegni dell’anime possono essere eguagliati e superati. A tal proposito, c’è da dire che in Xenoverse 2 esistono due tipi di filmati, quelli disegnati in stile anime e altri plasmati in cel shading: il lavoro svolto da coloro che li hanno realizzati, tralasciando il (pessimo) lip sync col doppiaggio inglese (e purtroppo anche giapponese), è certamente encomiabile, ma si tratta di quel genere di cose che fanno sorgere spontaneamente un interrogativo ben preciso… perché non far tendere l’intero comparto grafico del gioco a quel livello di dettaglio? Non prendiamoci in giro, se il comparto grafico di Xenoverse 2 fosse migliore e dotato di un’effettistica avanzata, il coinvolgimento del giocatore raggiungerebbe vette finora inesplorate dai videogiochi di Dragon Ball.
Parlando del comparto sonoro, i motivetti che accompagnano la nostra permanenza a Conton City risultano orecchiabili, così come è azzeccato il tema elettro-roccheggiante del primo menù di gioco. Ciascuna arena ha il suo pezzo e il repertorio spazia dal simil David Guetta fino alla “giappo-melodia” udibile nell’area della Capsule Corporation. La sonorizzazione degli scontri è stata presa di peso dal precedente Xenoverse e non ho riscontrato particolari intoppi da segnalare.
Concludendo…
Dragon Ball Xenoverse 2 è un buon sequel e, pur rimanendo fin troppo “fedele” al predecessore, saprà fare la gioia dei fan della serie e dei suoi universi multipli. Il videogioco di Dragon Ball definitivo? Proprio no ma, fortunatamente, non si tratta assolutamente di un passo falso da dimenticare. Diceva Caparezza ne “Il Secondo Album”: “ogni cosa giusta, rivela il suo contrario”. Così come per le convinzioni sociali, lo stesso discorso, va applicato al nuovo titolo di Dimps che per ogni pregio ha un difetto, a volte piccolo, a volte meno.