Dobbiamo piacevolmente ammettere che, sin dalla prima schermata, Machinarium ci ha inaspettatamente impressionati. Non sappiamo esattamente per quale motivo, ma c’è qualcosa di incredibilmente romantico e visionario nell’impersonare un vecchio rottame che cerca disperatamente di ritrovare tutti i pezzi del suo malconcio corpo di latta. Prima raccogliamo un braccio, poi un altro. Una volta completi, ci alziamo, ci guardiamo intorno intorno, e ci incamminiamo verso l’ignoto, nel desolato e scolorito mondo proposto dai ragazzi di Amanita Design.

Attraversiamo un paio di fondali, risolviamo qualche piccolo rompicapo, ed ecco che, senza accorgercene, siamo già dentro la favola.

Machinarium

POESIA SENZA PAROLE

Lo stile di Machinarium è qualcosa di assolutamente singolare, se non unico. Spiegarne le particolarità non è facile, e si potrebbe rischiare facilmente di cadere nell’errore di limitarsi a descriverne il comparto grafico, forse il più stupefacente mai visto in un’avventura grafica.

Perché, da un lato prettamente estetico, Machinarium è quanto di più piacevole e dettagliato  ci sia mai capitato di vedere tra tutti gli adventure usciti fin’ora. Alcuni fondali fanno quasi invidia a Paradise, o ad uno dei due Syberia, e le animazioni, gestite superbamente da un semplice motore Flash, sembrano quasi rubate da un film d’animazione d’altri tempi.

E se forse ci si potrebbe innamorare di questa piccola perla anche solo per lo stile grafico, vi assicuriamo che, se avrete la costanza e la curiosità di andare a scavare più in profondità, ed esplorarne ogni più piccolo e poetico dettaglio, sarete proiettati in un mondo a suo modo utopico e dispotico, comico e inquietante, al tempo stesso.

Ma non serve un critico d’arte, fortunatamente, per cogliere le numerosissime ciliegine sulla torta confezionata dalle menti di Amanita Design (sì, ho un po’ di fame, ndr): vi basteranno pochissimi istanti per immedesimarvi nel buffo e imbranato protagonista, un piccolo rottame di robot, e ancora di meno per ambientarvi nel macchinoso (in tutti i sensi) universo che vi sarà chiesto di attraversare tra un enigma e l’altro. Il tutto è condito da uno strano umorismo, a volte tenero e pasticcione, altre demenziale e quasi disturbante.

Un titolo che gioca sull’atmosfera, partendo dai fondali per finire con la musica: abbiamo avuto il piacere di ascoltare brani pacati e malinconici nei momenti di solitudine, o melodie più grezze e movimentate in altri, magari più concitati.

Al tutto si aggiunge la totale mancanza di dialoghi: i vari personaggi comunicano in un idioma che alla lontana ricorda quello usato in The Sims, accostando alle proprie ‘parole’ delle pratiche vignette animate che spiegano il proseguio degli eventi. Ma tanto, Machinarium non ha bisogno di qualche scambio di battute per comunicare.

Machinarium

PENSARE COME UNA MACCHINA

Se fin’ora abbiamo parlato esclusivamente del design artistico di Machinarium, un motivo in realtà c’è. Il gameplay stesso, infatti, è parte integrante dell’atmosfera di gioco, e in alcune occasioni persino funzionale ad essa.

Il gioco si presenta come il classico punta e clicca. Si raccolgono oggetti, li si combinano, e li si utilizzano su questo o quell’altro elemento del livello. Ma Amanita Design merita un plauso in particolare, per aver donato a Machinarium alcune piccole ma importanti caratteristiche che lo distinguono da tutte le altre avventure grafiche.

Innanzitutto, potete dire addio al pixel finding. Considerando che tutti (e quando diciamo tutti, intendiamo davvero tutti) gli oggetti e i personaggi dello scenario sono stati curati con la medesima attenzione, possiamo assicurarvi che non riuscirete a distinguere un elemento del fondale esaminabile da un altro semplicemente decorativo.

A questo si aggiunge l’impossibilità di interagire con qualsivoglia oggetto finché il protagonista non è adiacente ad esso: questo vuol dire che non potrete più raccogliere tutto fin dalla prima occhiata allo schermo, ma che dovrete pazientemente e minuziosamente ispezionare ogni anfratto della mappa, in cerca di quello di cui avete bisogno. Sembra un dettaglio da poco, ma in un punta e clicca può rimescolare totalmente il mazzo di carte proposto dagli sviluppatori.

Oltre a ciò, si denota la possibilità di variare (lievemente) le dimensioni del nostro simpatico alter ego: con un semplice ‘strattone’ del cursore potremo allungarlo o accorciarlo a piacimento, permettendogli rispettivamente di raggiungere punti eccessivamente alti per la sua statura, oppure di strisciare anche attraverso cunicoli più angusti.

L’ultima chicca, quella che forse rispecchia di più lo spirito di Machinarium, che sembra quasi volerci insegnare di non prendere mai tutto troppo sul serio, è un piccolo oggetto che potremo utilizzare a piacimento tutte le volte che un enigma si rivelerà troppo ostico per le nostre testoline bacate: una sorta di piccolo libro-computer, il quale ci svelerà la soluzione di qualsiasi sfida staremo affrontando, previo il completamento di un piccolo e semplice minigioco.

L’unico problema è che, in certi momenti, l’artefatto in questione ci è stato praticamente necessario per proseguire nella storia, a causa di due o tre enigmi un po’ ostici e ‘macchinosi’.

In effetti (c’è da ammetterlo), gli enigmi di Machinarium potrebbero non andare a genio a tutti gli avventurieri là fuori. Molti si basano su marchingegni da far ripartire o da manomettere, e richiedono il più delle volte il completamento di qualche puzzle incentrato su qualche pannello di controllo o qualche serratura intricata da sbloccare. Tutte le altre sfide proposte consistono nella ricerca e nell’uso di oggetti utili per proseguire: il vero problema è che alle volte tali sfide rasentano i limiti dell’assurdo, costringendoci a risolvere problemi senza effettivamente sapere perché. Giusto per fare un esempio, ci siamo ritrovati a fare un gran baccano per disturbare una robo-signora al piano di sopra, solo per scoprire che dopo un paio di tentativi questa ci avrebbe lanciato addosso un vaso utile per proseguire. In realtà, non è necessariamente un difetto, questo;

nzi, talvolta sembra una rivisitazione in chiave ‘provvidenziale’ delle fortune che qua e là ci capitavano in Monkey Island, ed è comunque coerente con quella che è l’anima alla radice di Machinarium. Più che altro però, tende a confondere non poco chi gioca, e qualche volta siamo andati avanti risolvendo enigmi a casaccio senza sapere bene cosa dovessimo fare. Tutto ciò quindi ci costringe frequentemente ad utilizzare un pulsante di cui non avevamo ancora parlato, ovvero un piccolo baloon in cima allo schermo, soprannominato ‘hint’, che una volta selezionato ci darà una ‘dritta’, spiegandoci per sommi capi cosa dovremo fare, attraverso uno sketch animato: nulla di profetico e rivelatore, ma non è mai un grande piacere sentirsi costretti ad usarlo (specialmente se si tende ad abusarne).

Ma tutte queste sbavature, potete starne certi, non riescono in alcun modo ad intaccare o a minare la qualità degli enigmi, che seppur leggermente macchinosi, meritano più di una lode per l’originalità e la genialità.

Il tutto è condito da numerosi mini-giochi di logica (come una sessione a “Forza Quattro” o il classico ‘riordina i tasselli’), tutti sapientemente posizionati ed immersi nell’atmosfera di gioco, utilissimi tra l’altro per spezzare la ‘tensione cerebrale’ che vi accompagnerà per tutto il titolo.

Ma il vero punto di forza di Machinarium, come forse avrete intuito, non sono questa innovazione o quell’altra in particolare, ma è l’insieme di tutto ciò: Amanita Design è riuscita a mescolare sapientemente ogni singolo dettaglio presente in questo indie game, riuscendo a creare una miscela assolutamente unica e personalissima di macchine, robot e disegni a pastello. Tutto è perfettamente integrato e complementare alla vicenda narrata, permettendo di godersi i vari puzzle (per quando possano essere difficili) quasi come se fossero semplici cinematiche. Impossibile da spiegare, facile da comprendere: se pensate che le avventure grafiche siano morte, provate Machinarium e sarete costretti a ricredervi.

Machinarium

Conclusioni

Forse abbiamo lodato poco Machinarium nella recensione, o sicuramente molto meno di quanto merita, ma solo perché è un’opera basata sui particolari, sulle situazioni proposte e sulle sensazioni suscitate: e fidatevi, svelarle in un banale articolo sarebbe un crimine. Per il resto, l’esperienza di gioco si attesta su livelli decisamente alti: la qualità degli enigmi rivaleggia con i colossi del genere; le piccole ma piacevoli innovazioni danno al titolo un sapore abbastanza diverso dal solito da poterlo distinguere dagli altri punta e clicca, ma non così tanto da allontanarlo dannosamente dalle tradizioni del genere. Un plauso particolare va alla grafica e al sonoro, che raggiungono, senza mezzi termini, lo stato dell’arte. Forse Machinarium non piacerà proprio a tutti, ma nulla gli impedirà di avere un posticino nel vetusto olimpo delle avventure grafiche, tra le quali si consacra come una delle migliori degli ultimi anni.

Marco Maresca

CI PIACE
  • Atmosfera Unica
  • Enigmi ben congegnati e sempre vari
  • Musica e grafica ai massimi livelli
NON CI PIACE
  • I rompicapo proposti potrebbero non piacere a tutti
  • Prima o poi finisce
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