Stardock & Impulse Driven
“Stardock” ed “Impulse Driven” sono nomi che suoneranno sempre più familiari ai videogiocatori di tutto il mondo.
La “Stardock” è nata nel 1991 come compagnia di sviluppo software per ambiente OS/2. Tra il 1997 e il 1998, l’andamento del mercato costrinse l’azienda a spostare il proprio interesse sul sistema operativo Windows offrendo i migliori programmi per modificare ed estendere l’interfaccia grafica a disposizione dell’utente.
Fortunatamente, per i giocatori di tutto il mondo, la ” Stardock” inizia anche ad interessarsi al mercato videoludico entrando in scena con la serie ” Galactic Civilizations”, strategico a turni degno di grande lode, e regalandoci col tempo ottimi titoli quali “Sins of a Solar Empire” e “Demigod“.
Ciò che ha fatto la fortuna della compagnia in ambito videoludico non è stata la sola qualità dei titoli proposti, ma anche la capacità di saper offrire un ottimo supporto, di saper costruire una fedelissima community di giocatori e di scegliere una politica di mercato completamente opposta a quanto, le grandi case, ci hanno abituato.
Con l’avanzare della tecnologia e l’avvento di Internet il mondo ha dovuto fare i conti con nuovi emergenti filosofie: comunicazione immediata, file sharing, informazione libera e tutto quanto Internet sia riuscito a metter a disposizione dei suoi utenti. La diffusione della banda larga nel mondo e la possibilità per la massa di accedere al servizio, hanno reso possibile la nascita di questi nuovi fenomeni culturali. Giusti o sbagliati che siano, tali cambiamenti hanno avuto un notevole impatto nella vita quotidiana così come nel mercato.
Negli ultimi anni, molte grandi compagnie, profondamente legate a vetusti paradigmi di mercato, sono state incapaci di modernizzare i propri punti di vista ed inventare nuovi modi con cui presentarsi al mercato. Che sia pura e semplice ignoranza o desiderio di mantenere lo status-quo economico, è innegabile come la figura del videogiocatori sia notevolmente mutata: non è più un semplice acquirente ma è, innanzitutto, un potenziale pirata.
Gli sforzi, talvolta disumani e a cui ogni acquirente di videogiochi ha assistito inerte ed indifeso, per proteggere la proprietà intellettuale, sono sotto gli occhi di tutti. La soluzione adottata è quella più invadente e limitante possibile.
All’installazione del software l’acquirente viene costretto ad accettare un folle contratto in cui acconsente di ritrovarsi installati sulla propria macchina software dalla natura sconosciuta senza alcuna forma di controllo; talvolta, alla stregua dei malware, veri e propri root-kit in grado di oltrepassare ogni difesa dell’utente ed impedirgli di poter usufruire liberamente e completamente di quanto possegga. Starforce ne è un esempio lampante: driver che si insediavano a tal punto nel sistema della macchina da esser addirittura potenzialmente dannosi; molteplici sono state le segnalazioni di lettori ottici distrutti o perduti a causa della loro installazione.
Tali sistemi di protezione, tecnicamente invasivi e talvolta deleteri, sono stati il cavallo di battaglia delle case distributrici più famose e, il più delle volte, sono stati installati senza alcun esplicito consenso e senza proporre la possibilità di rimuoverli.
L’acquirente, negli ultimi tempi, è stato demonizzato; colpevole fino a prova contraria; egli non è altro che un potenziale pirata.
Se prima poteva gustare il prodotto acquistato nella più completa libertà, ora ne è limitato dal numero di installazioni, dalla presenza della connessione internet, dall’inserimento di improbabili codici prestampati, dalla registrazione del titolo e dai check sulla presenza del cd nel lettore. Addirittura il semplice cambio dell’hardware della macchina, nella continua corsa di aggiornamento per riuscire a godere dei titoli proposti, può creare problemi inaccettabili.
Pura follia.
Il “Far-West” informatico.
Purtroppo, un simile trattamento non è stato affiancato da un miglior servizio: le uscite dei videogiochi rimangono pur sempre costellate dalle innumerevoli patch e l’assistenza tecnica rimane invariata nella sua qualità. L’assurdo viene raggiunto quando è il pirata a non incontrare alcun intoppo o difficoltà nel gustarsi un’opera videoludica, mentre l’acquirente onesto deve sobbarcarsi intere odissee tra meccanismi utopici di protezione dalle insensate richieste di tempo e pazienza al limite dell’umana concezione.
Il consumatore inoltre, non ha nemmeno modo di rivalersi su queste presunte ingiustizie e mancanze. La stessa accettazione del contratto richiede che prima il prodotto venga scartato e solo successivamente possa esser siglato l’accordo. Salvo grandi catene, difficilmente il piccolo negozio ha la saggezza o la correttezza di ritirare un videogioco per PC scartato.
La Carta dei Diritti dei Videogiocatori
In una realtà tanto fangosa e priva di certezze, la Stardock riesce a distinguersi; se il mercato preferisce tutelarsi limitando all’inverosimile la libertà dei consumatori piuttosto che offrire servizi appetibili e prezzi concorrenziali, la Stardock crede di dover ricordare al mondo intero che l’acquirente è importante ed è innocente fino a prova contraria.
Nasce la “Carta dei Diritti dei Videogiocatori” in cui vengono citati i dieci punti con cui l’azienda desidera distinguersi dal resto del mondo.
- I giocatori hanno il diritto di poter rientrare in possesso del denaro speso nel caso i giochi non funzionino sul loro computer.
- I giocatori hanno il diritto di richiedere che i giochi vengano rilasciati completi e funzionanti.
- I giocatori hanno il diritto di attendersi significativi aggiornamenti ai titoli dopo il loro rilascio.
- I giocatori hanno il diritto di richiedere che eventuali strumenti di download o aggiornamento non lo forzino ad eseguirli per poter godere del prodotto.
- I giocatori hanno il diritto di attendersi che i requisiti minimi siano adeguati per gestire effettivamente il titolo.
- I giocatori hanno il diritto di attendersi che i prodotti acquistati non installino driver nascosti o altro software potenzialmente dannoso senza il loro consenso.
- I giocatori hanno il diritto di riscaricare le ultime versioni dei titoli che possiedono in qualsiasi istante desiderino.
- I giocatori hanno il diritto di non veri trattati come potenziali criminali dagli sviluppatori e dai publisher.
- I giocatori hanno il diritto di richiedere che un titolo a giocatore singolo non li forzi a connettersi alla Rete ogni qualvolta desiderino giocare.
- I giocatori hanno il diritto a non esser costretti ad inserire CD/DVD nel lettore ottico per poter godere di titoli già installati su HD.
Ciascun punto è talmente ovvio e palese da lasciar spiazzati chiunque inizi a leggerli; eppure, al giorno d’oggi, difficilmente vengono rispettati o esistono metodi effettivi con cui tutelarli.
A prova di questa presa di posizione la Stardock rimane coerente con i punti della “Carta dei Diritti dei Videogiocatori” ed offre a tutti i clienti paganti la possibilità di iscriversi alla propria community, registrando il prodotto ed ottenendo una serie di appetitosi aggiornamenti esclusivi e gratuiti così come un lodevole supporto tecnico. Come accade raramente, è molto più interessante acquistare i titoli, piuttosto che ottenerli illegalmente.
Direttamente a casa tua
In un simile grottesco panorama generale (escludendo alcune realtà come la Stardock) si è evoluto il concetto di “digital delivery”, ovvero la capacità di accedere a prodotti digitali semplicemente attraverso la rete; l’acquisto avviene in tutta sicurezza ed è seguito dal download del prodotto sulla macchina su cui si desidera goderne. Anche in questo caso il panorama videoludico ha presentato differenti soluzioni commerciali, dai molteplici pregi e difetti.
Il “Digital Rights Management” (“DRM” ndr.) è stato uno dei concetti maggiormente fraintesi dalle industrie; necessario per poter dar vita ad un mercato online è ormai considerato come un sinonimo di protezione dalla copie fraudolente. Le politiche sbagliate hanno fatto in modo che alla parola “DRM” il terrore si dipinga sul volto di ogni acquirente. Il concetto ne è stato letteralmente esasperato trasformando una teoria corretta ed interessante, in un’arma con cui cercare di assassinare la libertà di chi acquista e la macchina in suo possesso. La stupidità non ha mai fine ed i suoi effetti non possono che rivelarsi deleteri.
Lo scopo del “DRM” è permettere la protezione delle proprietà intellettuali; per ovvie e plausibili ragioni chiunque metta sul mercato un prodotto digitale deve aver modo di godere i frutti del meritato lavoro senza castigare, in alcun modo, il cuore pulsante dell’economia: l’acquirente. Dopo anni di “Far-West”, la situazione sembra vagamente migliorare: si parte dall’Unione Europea che desidera discutere su come tutelare i consumatori da politiche discutibili, al vero e proprio colpo di stato contro la protezione inserita nel rinomato “Spore” . E’ certo che il cammino verso un sistema migliore sia ancora lungo.
Anche la Stardock ha avuto modo di riflettere su di un simile argomento; la ragione principale è la necessità dell’azienda, di potersi inserire nei meccanismi della rete offrendo un nuovo servizio di “digital delivery” chiamato “Impulse Driven”. Di conseguenza è necessario l’uso di un “DRM” dalle caratteristiche peculiari che cerchi di rispecchiare appieno le dieci regole della “Carta dei Diritti dei Videogiocatori”. Ovviamente una simile presa di posizione non può avere l’esatto effetto opposto, demonizzando i publisher; il “DRM” è una tecnologia a due vie che deve tutelare sia l’acquirente che il venditore. Di conseguenza, un prodotto, deve esser liberamente usufruibile ma non installabile su centinaia di macchine contemporaneamente; inoltre, ciò che deve esser compreso appieno è che la proprietà intellettuale di un titolo sviluppato con un costo di svariati milioni di euro non potrà mai essere acquisita con la modica spesa di qualche decina di euro. Fin dall’alba dei tempi le installazioni sono sempre state accompagnate da una noiosissima tonnellata di caratteri intitolata “Eula”: un contratto in piena regola; per chi abbia avuto la pazienza di leggerlo (e dovrebbe sempre esser fatto per rendersi conto delle follie che puntualmente l’utente accetta…) scoprirebbe che l’acquisto conferisce il diritto ad utilizzare il software; mai e poi mai se ne ottiene la proprietà vera e propria. Il tutto è palesemente dimostrato dall’assenza del codice sorgente allegato all’acquisto e dall’impossibilità di modificare gli eseguibili legalmente senza previa autorizzazione degli autori!
Impulse Driven
Seguendo una simile filosofia nasce “Impulse Driven”, una piattaforma di distribuzione relativamente giovane, ma in continua evoluzione.
“Impulse” non è paragonabile ai suoi concorrenti più anziani e blasonati (primo fra tutti il famoso “Steam” della Valve ): lo strumento messo a disposizione dalla Stardock ha interessanti ed uniche caratteristiche che, col tempo, potrebbero risultare vincenti e giovare all’ hobby tanto amato dai videogiocatori.
Progettato per esser il più possibile intuitivo ed immediato, la piattaforma è un portale per la community così come un ingresso al negozio online. L’idea di base su cui si fonda è che i programmi siano sempre associati ad un utente e che il dialogo tra sviluppatori/publisher e clienti sia il più possibile trasparente e diretto.
In effetti, nel mercato digitale i prodotti vengono proposti da terze parti che, in genere, si inseriscono tra chi vende realmente il prodotto e chi lo acquista, generando lo spiacevole effetto “telefono senza filo” nel caso sia necessario un particolare supporto tecnico, mentre i meccanismi di protezione più diffusi, tendono a legare un prodotto ad una macchina precisa piuttosto che ad un utente (con il triste effetto di considerare “differente” una macchina che abbia subito un semplice aggiornamento dell’hardware).
“Impulse” si presenta con un duplice aspetto: un client in grado di permettere di gestire il proprio account, integrarsi nella community, effettuare acquisti online e ricevere aggiornamenti o supporto tecnico, ed una semplice libreria dll chiamata “ImpulseReactor.dll” estremamente utile per tutti gli sviluppatori che desiderano beneficiare dei vantaggi offerti dalla tecnologia senza esser costretti a vendere il prodotto in bundle con il software client.
In questo modo la Stardock si propone al mercato come venditore neutrale e non costringe, chiunque si appoggi alla sua tecnologia, a propagare il loro servizio online.
GOO per tutti!
Non si sta parlando delle palline gelatinose presentate dall’immortale “World of Goo” , ma del “Game Object Obfuscation” della Stardock . Detto ancor più semplicemente si tratta del meccanismo “DRM” con cui, attraverso il sistema di distribuzione digitale “Impulse Driven”, si ha intenzione di proteggere i prodotti delle parti che lo desiderano esplicitamente.
Il meccanismo è molto semplice e possiede la più grande potenzialità finora proposta dal mercato.
Procedendo con ordine, sebbene la Stardock sia adamantina nel desiderio di continuare a proporre titoli liberi da ogni tipologia di protezione, è conscia del fatto che, per poter sopravvivere nel mercato della distribuzione digitale, deve necessariamente proporre un meccanismo in grado di accontentare i publisher, gli sviluppatore e, contemporaneamente, l’amata Carta dei Diritti dei Videogiocatori.
Per questo nasce “GOO”.
Cercando di semplificare al massimo il concetto di base su cui si basa la tecnologia (evitando possibilmente di snaturarlo) si può descrivere in due semplice parole: “Licenze d’uso”. Venditore e cliente rispettivamente vendono e acquistano licenze utilizzando la piattaforma “Impulse Driven” come mezzo di scambio. “GOO” si occupa di offuscare il codice contenuto negli eseguibili e, al primo avvio, è sufficiente inserire le credenziali e il numero seriale per legare l’eseguibile all’utente. In questo modo l’utente stesso ha il potere di installare liberamente su più macchine il prodotto, avendone pieno diritto con l’acquisto della licenza d’uso.
I pregi di una simile tecnologia sono principalmente tre: la possibilità di poter scaricare, ovunque ci si trovi, il prodotto acquistato semplicemente accedendo con le proprie credenziali al servizio; l’eliminazione delle terze parti che, in genere, si frappongono tra il venditore ed il cliente, creando un rapporto diretto tra chi acquista e chi vende; ed infine, l’importantissima possibilità di poter “rivendere” la propria licenza d’uso, dando vita ad un vero e proprio mercato dell’usato digitale!
Impulse a me!
Perchè scrivere uno speciale del genere ?
Tanti caratteri e tanti complimenti rendono chiunque curioso; soprattutto chi non si è mai avvicinato al mondo della distribuzione digitale.
Con l’accrescersi dei prezzi in Italia è ormai ovvio che il videogiocare sia un hobby di lusso. La distribuzione digitale ha l’enorme vantaggio di essere immedita, sicura ed accessibile ovunque ci sia una connessione di rete. E’ pur vero che nel Paese di Dante, la copertura è a dir poco ridicola ma, col tempo, si spera possa davvero raggiungere i risultati dell’America. Inoltre (fattore di un certo peso) la distribuzione digitale taglia tutta quella catena di intermediari che hanno come unico grande effetto l’aumento considerevole del prezzo finale.
Per poter provare ad accedere a questo servizio è sufficiente:
- rivolgersi alle poste italiane per ottenere una postepay ( per chi ancora non lo sapesse è una carta di credito ricaricabile e gratuita) e ricaricarla con la somma che si desidera spendere.
- scaricare il leggerissimo client da Impulse Driven e provvedere alla sua installazione
- seguire le istruzioni a video per crearsi in pochi istanti un account
- ed infine navigare le proposte del negozio della Stardock alla ricerca del titolo più interessante (non lasciatevi sfuggire la serie di Sins of a Solar Empire, Braid, Demigod e Galactic Civilization II Ultimate Edition
Provare per credere!
Riccardo “Rial” Re