Abbiamo recentemente dibattuto sul termine “soulslike” e sulla, probabilmente esagerata, moda di appioppare questa nomea a qualsiasi action-gdr che punti su un intenso livello di difficolta. E’ proprio questo il motivo per cui in questa recensione di Wo Long: Fallen Dynasty, a partire dal prossimo paragrafo, non utilizzeremo più la parola “soulslike” anche se, e questo è innegabile, il videogioco preso oggi in esame abbia molteplici punti in comune con la serie di opere realizzate da From Software.

Sviluppato da Team Ninja e pubblicato da Koei Tecmo, Wo Long: Fallen Dynasty potrebbe esser visto come una fantasiosa fusione tra Nioh e Dynasty Warriors. Il gioco è infatti (molto) liberamente ispirato agli eventi narrati nel romanzo cinese Il romanzo dei Tre Regni, aggiungendo al setting storico un pizzico di demoni e stregonerie qua e là. Un po’ come Nioh mixava sapientemente reali eventi storici avvenuti nel Giappone del 1500 a Yokai e miti di varia natura.

Non vogliamo assolutamente sminuire la creatività del team di sviluppo ma pare evidente che Wo Long: Fallen Dynasty rappresenti l’ennesima risposta di Koei Tecmo nei confronti dei giochi di casa FromSoftware. Se infatti Nioh debuttava sul mercato col chiaro intento di ergersi come alternativa a DarkSouls, Wo Long pare puntare più che altro a rivaleggiare con Sekiro: Shadows Die Twice.

Non si tratta di puerili campanilismi videoludici, sia chiaro, ma è innegabile che le varie opere citate godano di numerosi punti di contatto.

Dalla Cina con furore

Se appartenete a quella categoria di giocatori che hanno avuto serie difficoltà nel terminare Nioh o uno qualsiasi dei lavori di FromSoftware rilasciati dal 2009 ad oggi, sappiate che Wo Long: Fallen Dynasty potrebbe causarvi un turbinio di dolore e frustrazione ancora più dannatamente marcato. L’ultimo gioco di casa Team Ninja richiede spesso al giocatore riflessi spaventosi ed estrema dedizione, palesando ancor di più queste caratteristiche nei difficilissimi scontri con i boss che ad un certo punto diventano dei veri e propri duelli in cui il tempismo nel premere il pulsante giusto al momento giusto diventa fondamentale, per non dire inevitabile.

Questa difficoltà “cattiva”, quasi esageratamente tarata verso l’alto in certi frangenti di gioco, siamo certi che rappresenterà uno spartiacque definitivo nel grado di coinvolgimento che il gioco saprà offrire. Tanti giocatori ameranno un tale livello di sfida ma siamo certi che molti altri abbandoneranno il gioco già dalle fasi iniziali.

In tal senso, il team di sviluppo è stato estremamente corretto nei confronti dei giocatori, costringendoli ad affrontare già dopo mezz’ora di gioco un boss estremamente difficile da abbattere, praticamente impossibile da mandare al tappetto senza padroneggiare a dovere l’arte difensiva della deflezione.

Wo Long first boss

O muori da eroe.. O muori e basta.

Le sfide proposte da Fallen Dynasty sono difficilmente aggirabili con trucchetti di sorta. Il trionfo, come accennato, è visceralmente connesso alla padronanza della meccanica del cosiddetto “parry”. Una volta metabolizzato questo concetto, capirete che nonostante l’elevato livello di sfida, con estremo impegno è possibile andare avanti. Proprio in questo aspetto il gioco ricorda pesantemente Sekiro, un gioco in cui bisogna dedicarsi maniacalmente all’apprendimento di un combat system tanto tecnico quanto essenziale. Il tutto è riassumibile in: pari un attacco col giusto tempismo (ripetendo questa azione più volte nel caso di scontri contro i boss) portando il nemico ad uno stato di stordimento in cui diventa sensibile ad un colpo critico.

Questa dinamica si ripete continuamente, crea quasi dipendenza e rappresenta il vero fulcro del combat system, quasi svilendo le altre meccaniche di gameplay, che risultano quindi decisamente superflue, quasi degli inutili orpelli. Sono per esempio presenti degli incantesimi basati sugli elementi (acqua, fuoco, terra, metallo e vento) ma la loro utilità è spesso imbarazzante, anche se quando utilizzati con cognizione di causa possono persino causare delle alterazioni di stato nei nemici. Si tratta certamente di un’aggiunta al combat system che più che altro funge nel rendere il tutto più vario anche se nulla sostituisce mai l’importanza della combo “respingi e contrattacca”.

In sintesi: o padroneggi il parry o muori, il concetto è questo. Proprio come in Sekiro.

La differenza sostanziale col capolavoro di FromSoftware, per quanto concerne le meccaniche di gioco, è la quasi totale assenza di dinamiche stealth. Wo Long: Fallen Dynasty al massimo permette di sgattaiolare alle spalle di alcuni nemici ignari per sorprenderli con un “backstab” ma si tratta di possibilità decisamente marginali.

Wo long Fallen Dynasty

Spirito e tempra

Team Ninja ha deciso di giocare su un campo familiare ma ha comunque cercato di metterci del suo immettendo alcune meccaniche di gioco utili a spezzare la monotonia e a proporre qualcosa di nuovo in un sottogenere decisamente inflazionato. Ci sono, ad esempio, le Bestie Divine, invocazioni magiche utili ad aiutarci in caso di necessità. Particolarmente interessante è la meccanica che riguarda la “Barra dello Spirito”, un indicatore di fondamentale importanza per quanto riguarda l’esito di una battaglia.

Quest’ultimo è posizionato in maniera neutra all’inizio del combattimento ed aumenta, o diminuisce, in base alle azioni offensive e difensive che effettuate. In Wo Long non esiste la stamina, potete dunque spammare qualsiasi azione senza troppe remore. Gli attacchi più efficaci, però, vanno a segno soltanto gestendo a dovere la Barra dello Spirito.

In sostanza, attaccare un nemico permette di far salire lo Spirito, dandoci dunque la possibilità di eseguire arti marziali (attacchi secondari unici relativi alle varie armi presenti) o lanciare incantesimi. Deflettere gli attacchi nemici senza contrattaccare, invece, fa scendere la Barra dello Spirito. Se quest’ultima scende al minimo, il protagonista subisce uno stordimento e diventa vulnerabile per qualche secondo alle offensive nemiche.

E’ presente anche un altro indicatore da tenere particolarmente d’occhio: “la Tempra”.

La tempra è rappresentata a schermo da un indicatore numerico e rispecchia, fondamentalmente, il livello del protagonista. Si tratta però di un indicatore variabile che, all’inizio di ogni missione, parte da 0 e aumenta o diminuisce in rapporto ai colpi messi a segno ed a quelli subiti dai nemici. Più il nostro livello di tempra è simile a quello dell’avversario e più lo scontro risulterà equilibrato. 

Va segnalata anche l’assenza delle canoniche classi presenti solitamente negli action gdr. In Wo Long: Fallen Dynasty saremo chiamati a creare il nostro alter ego personalizzandone, attraverso un ricco e sfaccettato editor, le fattezze estetiche e nulla più. Ogni tipo di personalizzazione delle abilità avviene una volta cominciata l’avventura, riposando presso le Bandiere da Battaglia. Apprezzabile, in tal senso, la possibilità concessa sin dalle prime battute di gioco di effettuare un respec delle abilità totalmente libero, in modo da poter creare liberamente build basate su incantesimi e caratteristiche in qualsiasi momento.

Tutto ciò rappresenta certamente la voglia di proporre qualcosa di inedito e creativo in una formula ormai fin troppo abusata e per ciò va lodato il lavoro di Team Ninja. E’ tuttavia innegabile che, a parte queste meccaniche di gioco, il lavoro del team di sviluppo risulti in definitiva piuttosto conservativo, proponendo una formula di gioco che sa pesantemente di già visto ed una struttura ludica a cui siamo ormai pesantemente abituati, penalizzata però da un level design tutt’altro che brillante purtroppo.

Nonostante tutto, non sarebbe corretto additare questo gioco di essere una copia malriuscita di Sekiro o sminuirlo etichettandolo come un nuovo Nioh. Quello che abbiamo avuto il piacere di giocare è il primo Wo Long, un gioco derivativo ma dotato di una propria identità che, se valorizzata a dovere, potrebbe aver gettato le basi per un roseo franchise di successo.

Terminiamo questa analisi segnalando che anche in Wo Long: Fallen Dynasty è presente una modalità cooperativa in cui è possibile convocare altri giocatori in proprio soccorso con lo scopo di affrontare insieme i boss o ripulire aree dai nemici. Tale possibilità si estende anche alla possibilità di cooperare con degli NPC. Ciò rappresenta la chiara intenzione, nonché quasi un’ammissione di colpa, da parte di Team Ninja di mettere nelle mani dei giocatori un prezioso strumento utile ad attenuare la diabolica difficoltà del gioco. Sta a voi dunque scegliere se servirvi di tali possibilità per rendere l’esperienza più accessibile, è una possibilità opzionale ed, in quanto tale, non può che essere apprezzabile.

Un appunto sulla longevità: l’avventura è terminabile in circa 30 ore che possono diventare anche più di 40 se siete fanatici del completismo.

Concludendo…

Wo Long: Fallen Dynasty è un prodotto dalla doppia anima: in un certo senso prova rimescolare le carte in tavola proponendo qualche stuzzicante meccanica di gioco discretamente innovativa. In fin dei conti, però, rimane ancorato ad una struttura di gioco che nell’ultimo decennio ha prodotto decisamente troppi cloni e che risulta ancora più stantia se pensiamo che appena un anno fa irrompeva sul mercato quel capolavoro di Elden Ring., quello sì capace di rinnovare egregiamente senza snaturare una formula ormai rodata.

L’ultimo lavoro di Team Ninja è comunque estremamente apprezzabile, soprattutto se siete alla ricerca di un action punitivo e capace di proporre un combat system stuzzicante e deliziosamente tecnico. Il tutto elevato da un’ambientazione che, quantomeno artisticamente, lascia a bocca aperta.

 

CI PIACE
  • Combat system tecnico e adrenalinico
  • Editor soddisfacente
  • Longevo
  • Alcune meccaniche di gioco interessanti…
NON CI PIACE
  • .. Ma generalmente fin troppo conservativo
  • Level design spesso confusionario
  • A tratti fin troppo punitivo
  • Comparto grafico deludente
Conclusioni

Wo Long: Fallen Dynasty non riesce a reinventare un genere ormai saturo ma si impone comunque come un action godibile ed appagante, seppur a tratti frustrante.

7Cyberludus.com

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Alla costante ricerca di se stesso e del suo ruolo nel mondo, perde la sua verginità videoludica con la gloriosa PS1 e da allora è un amore in costante crescita. In quanto appassionato di cinema apprezza particolarmente i videogames in grado di raccontare storie interessanti e coinvolgenti. Attende con impazienza una cruenta apocalisse zombi per mettere in atto tutto ciò che ha imparato grazie a Resident Evil e The Last of Us.

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