Che il folklore nipponico sia affascinante e ricco di sfumature è cosa risaputa. Non a caso, diverse opere negli ultimi anni hanno basato le proprie storie proprio sulla mitologia giapponese. A livello videoludico gli esempi più recenti che ci vengono in mente sono certamente rappresentati da titoli come Nioh o il più recente Ghostwire Tokyo.  Questi giochi ci hanno immerso in storie affascinanti caratterizzate dalla forte presenza dei famigerati yokai, ossia i demoni appartenenti al folkore del Sol Levante. A differenza dei titoli sopracitati, Ikai non ha una componente action, si impegna piuttosto nel catapultarci in una storia horror claustrofobica in cui il male è una presenza palpabile e disturbante, in un’avventura in cui l’unica via di salvezza è la fuga.

Paure che diventano realtà

Il gioco sviluppato da Endflame – un piccolo team indipendente composto da appena tre persone – ci mette nei panni di una donna chiamata Naoko, chiamata a prendersi cura del santuario del villaggio mentre suo zio, il sacerdote, è in “missione”. Le cose vanno ben presto per il peggio, con la foresta circostante che viene improvvisamente invasa da mostri e spiriti maligni. La protagonista deve a questo punto scoprire il mistero che permea questa terrorizzante situazione, ritrovandosi persino a scavare nel proprio passato. Ikai è un prodotto che trasuda passione per la materia trattata ma, purtroppo, allo stesso tempo palesa un’evidente livello amatoriale per quanto concerne la realizzazione di diverse componenti dell’avventura. Ci si rende conto fin da subito della banalità con la quale sono stati scritti i dialoghi, così come è innegabile che diverse situazioni di gioco siano semplicistiche ma al contempo non particolarmente intuitive.

Le creature demoniache esordiscono subito dopo il prologo, immergendoci in una tetra esperienza in cui il giocatore si sente quasi totalmente inerme. Naoko, infatti, non usa armi e non ha modo di affrontare direttamente i malevoli Yokai. La protagonista può soltanto scappare sperando di farla franca. Alcune sequenze di gioco ci permettono di bloccare porte o intrappolare il male disegnando sigilli protettivi. Ciò avviene utilizzando la levetta analogica, una scelta di mappatura dei comandi poco convincente a dirla tutta. Avendo avuto modo di testare la versione PS5 avremmo auspicato un design molto più naturale e fluido di queste fasi di gioco, sfruttando possibilmente il touchpad del DualSense. Ikai è comunque un gioco che offre una gradevole alternanza tra esplorazione ed enigmi. Questi ultimi, in determinati casi, ci hanno realmente sorpreso grazie ad un design di apprezzabile fattura.

Ikai prologue

L’esperienza si rivela dunque generalmente impegnativa ed appagante, con la protagonista che spesso si lascia andare a considerazioni utili ad aiutare il giocatore nella risoluzione dei puzzle, senza mai dar l’impressione di prender eccessivamente per mano l’utente. Insomma, salvo un paio di cadute di stile, gli enigmi di Ikai sono intelligenti e rappresentano una dei punti di forza della produzione.

Paura e delirio nel Giappone feudale

Ikai gode di un’atmosfera forse non particolarmente terrorizzante ma riesce tuttavia a causare disagio ed ansia, anche grazie ad un sound design convincente che tra agghiaccianti stridii ed improvvisi rumori tiene costantemente sulle spine. Il gioco è stato presentato al pubblico come un horror psicologico ma la verità è che il titolo fonda la sua natura su una rappresentazione il più accurata possibile della cultura mitologica giapponese e dei classici racconti del folklore annessi. Gli appassionati godranno nel veder rappresentati a schermo alcuni degli yokai più terrificanti e secondo il nostro punto di vista è stata proprio la passione per tale materia a spingere il team di sviluppo nella realizzazione di un così sincero omaggio al folklore nipponico.

Ikai Temple

Ne sono un chiaro esempio le pergamene nascoste che forniscono interessanti dettagli sui vari spiriti maligni presenti in Ikai, questo sì è che è un interessante modo di inserire collezionabili in un gioco! Come anticipato, però, il lavoro di Endflame è tutt’altro che scevro di imperfezioni. L’uso dei jump-scare è forse esagerato ed alcune sezioni di gioco sono tristemente frustranti, tanto che in una situazione l’incedere si è rivelato talmente poco intuitivo al punto da darci l’impressione che il gioco si fosse buggato.

Concludendo…

Ikai racconta una claustrofobica storia horror avvalendosi di enigmi di tutto rispetto. Alcune fasi di gioco non sono realizzate particolarmente bene e la scrittura dei dialoghi lascia certamente a desiderare, tuttavia il lavoro svolto dai ragazzi di Endflame ci ha intrattenuto a dovere per tutta la sua breve durata. Inoltre, il comparto artistico del gioco è veramente ottimo ed il riuscito sistema di illuminazione riesce ad immergere in ambientazioni affascinanti e spaventose.

L’esperienza offerta da Ikai è certamente ricca di imperfezioni, abbiamo però voluto premiare la dedizione e la passione di un minuscolo team di sviluppo che è comunque riuscito nell’intento di omaggiare più che dignitosamente l’affascinante folklore nipponico, mettendoci tra le mani un gioco che debutta sul mercato ad un prezzo veramente irrisorio.

CI PIACE
  • Stilisticamente d’impatto
  • Enigmi stimolanti
  • Il fascino del folklore nipponico
NON CI PIACE
  • A tratti frustrante
  • Narrazione rivedibile
Conclusioni

Ikai è in definitiva un ottimo horror, irrinunciabile per chi ama il folklore tipico della terra del Sol Levante.

7.4Cyberludus.com

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Alla costante ricerca di se stesso e del suo ruolo nel mondo, perde la sua verginità videoludica con la gloriosa PS1 e da allora è un amore in costante crescita. In quanto appassionato di cinema apprezza particolarmente i videogames in grado di raccontare storie interessanti e coinvolgenti. Attende con impazienza una cruenta apocalisse zombi per mettere in atto tutto ciò che ha imparato grazie a Resident Evil e The Last of Us.

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