“Da qualche parte bisogna pur iniziare!”
L’antico (e anonimo) adagio può esser tranquillamente traslato in quasi ogni campo dell’azione umana. Perché, come recita un altro aforisma popolare, “nessuno nasce imparato” e quindi, con il tempo, un piccolo “seme” può divenire un albero secolare o giù di lì. Ed è, in linea di massima, questa l’epopea della saga di The Last Stand: dalle origini di un semplicissimo (o quasi) pseudo-tower defense statico sviluppato in flash, passando per un action con elementi ruolistici a scorrimento per poi giungere, infine, ad un quarto capitolo che può essere, quanto meno formalmente, considerato il “primo” videogame nell’accezione più comune del termine.
Ed è proprio del capitolo più recente, The Last Stand: Aftermath, che ci occuperemo in questa sede: sviluppato da Con Artist Games ed edito da Armor Games, il titolo è una più complessa evoluzione della saga che, sulla carta, mescola diversi elementi appartenenti a generi diversi ma che puntano tutti verso il ramo “survival” del settore videoludico.
Basta, dunque, indugiare sulla presentazione e largo alla recensione della versione Steam di The Last Stand: Aftermath!
L’ultimo baluardo
The Last Stand: Aftermath è un gioco d’azione con visuale angolata e dall’alto (in gergo, isometrica), il quale accoglie al suo interno diversi elementi di stampo sia ruolistico, vicinissimi ai canoni classici dei dungeon crawler, roguelite che più squisitamente gestionali, seppur in questo caso siano molto più tenui. Ma, di base, The Last Stand: Aftermath avrà diverse e particolari caratteristiche che, già dai primissimi istanti, lo rendono sui generis e molto particolare. Ad esempio, nel mondo di gioco sconvolto da una classicissima apocalisse zombie derivata dal diffondersi di un terribile virus, noi rivestiremo il ruolo di un “morsicato”: un uomo o una donna che hanno di già contratto il virus e il cui destino è ormai segnato. Ma, nonostante il terribile ed irreversibile destino, il nostro protagonista “casuale” avrà un compito: cercare quante più risorse possibili da riportare al campo base per permettere la sopravvivenza della propria comunità, ormai ad un passo dalla “dannazione”. Da questa premessa, si svilupperà una trama piuttosto standard e condita dai classici cliché, anche emozionali, che caratterizzano le produzioni ambientate in mondi post-apocalittici e tesi all’horror. Nulla di particolarmente eccezionale o geniale, ma sufficiente per esser considerata un buon collante dei vari segmenti di gioco.
Una premessa narrativa tanto semplice, ma comunque intrigante, che ci porterà ad esplorare il mondo di gioco con un velo di “tristezza” e rassegnazione, anche perché la morte sarà una compagna di gioco onnipresente. Il nostro sopravvissuto non solo dovrà combattere l’infezione cercando degli anti-virali nel corso del gioco, che però rallenteranno solo di poco il corso “naturale” degli eventi, ma al contempo respingere orde di zombie famelici e dai diversi “poteri”. Però, tra le tante buone idee messe in pratica, The Last Stand: Aftermath ne mette in campo diverse, a nostro avviso, eccezionali su più fronti: ad esempio, man mano che la mutazione procederà il suo corso, il nostro alter ego otterrà delle mutazioni che porteranno con se bonus particolari, come danni aumentati o più salute, sacrificando però concretamente la propria barra vitale, composta da diversi segmenti che non potranno più esser recuperati una volta “insidiati”. Dunque, sin dai primi istanti, il titolo ci mette innanzi ad una difficile scelta: giocare in modo conservativo per resistere più a lungo o sfruttare il potere della mutazione, accorciando notevolmente la nostra permanenza in vita? E sarà una scelta che, nelle circa 30 ore di gioco orientative necessarie per completare la campagna, sarà la vera “protagonista adombrata” delle nostre peripezie zombiesche.
Brains!
Il cuore pulsante del gioco, ovviamente, sarà la concreta esplorazione delle aree devastate dal virus. Una volta abbandonata la sicurezza del campo base, si aprirà dinanzi ai nostri occhi una mappa divisa in tante mini aree interconnesse, progressivamente più difficili, e che dovremo raggiungere utilizzando un’auto di fortuna gentilmente messa a nostra disposizione. Per muoverci tra un’area e l’altra, avremo necessità di accumulare sufficiente benzina per il mezzo, oltre che eventualmente avere pezzi di ricambio sufficienti nel caso in cui si danneggi. Esploreremo, visivamente parlando, diverse aree tra urbane, boschive ecc. che, sostanzialmente, si ripeteranno a grandi linee in modo eguale variando solo alcuni particolari (come la disposizione degli edifici, delle auto in cui sarà possibile cercare oggetti ecc.). Ma le traversie non finiscono qui: ogni area sarà di grandezza variabile, “chiusa” (almeno finché non decideremo di abbandonarla con l’auto) e variamente popolata da non morti di diverso tipo. Ovviamente, lo scopo del gioco sarà accumulare sufficienti risorse per proseguire il più a lungo possibile il nostro viaggio, al contempo tenendo d’occhio diverse “variabili” fra cui, principalmente, la raccolta di oggetti utili a fronteggiare le orde di nemici (in verità, non molto vari e con pochi individui “speciali” ma comunque davvero ostici da masticare). Naturalmente, nel corso del gioco, avremo la facoltà di sbloccare diverse abilità passive, dalla resistenza fisica alle capacità più squisitamente tecniche, che renderanno la nostra sopravvivenza un po’ più semplice.
Le nostre ricerche ci porteranno non solo ad ottenere oggetti di varia natura e utili per la nostra sopravvivenza e quella del nostro gruppo, ma faremo anche la conoscenza di diversi sopravvissuti che rivestiranno ruoli di primaria importanza nelle nostre peripezie. In generale, The Last Stand: Aftermath funzionerà meccanicamente come un ideale inframezzo fra un classico sparatutto “top down”, nel momento in cui decideremo di utilizzare le armi da fuoco, e un più comune hack ‘n slash quando opteremo per delle armi da mischia, tra machete, pistole e fucili di varia natura e grandezza. Ed è bene specificare che, dato il funzionamento effettivo delle meccaniche di combattimento, con annessa la scarsità dei proiettili e il fattore “resistenza” delle armi da mischia (le quali, dopo alcuni utilizzi, si romperanno), il titolo è nato per essere giocato con un pad. Mouse e tastiera saranno più ostiche da padroneggiare, non solo per mirare in modo chirurgico con pistole e affini, ma anche per lanciare correttamente molotov e affini ad orde “impazzite” di non morti. Fatta questa doverosa premessa, si può tranquillamente affermare che il titolo di Con Artist Games funziona più che egregiamente: i combattimenti sono meccanicamente pulite e divertenti e, al contempo, gli sviluppatori hanno inserito tutta una serie di chicche per far si che il gioco non si tramuti in una sorta di Rambo a tema zombie. Rompere un vetro o esplodere un colpo di pistola, attirerà tutti i non morti vaganti in un’area molto vasta (la qual cosa, spesso, si tradurrà in un precoce game over).
Restando in tema e come già anticipato, The Last Stand: Aftermath sarà caratterizzato da una forte impronta roguelite: in sostanza, si morirà parecchio ma non tutto sarà perduto. Infatti, i “nuovi” sopravvissuti, i quali saranno dotati di caratteristiche uniche e diverse ogni volta, erediteranno dai “vecchi” diversi attributi passivi ottenuti nelle precedenti run, nei fatti andando a calmierare l’effetto “depressivo” classico dei roguelike. In generale, tirando una somma “provvisoria” del gameplay, si può tranquillamente affermare che The Last Stand: Aftermath è divertente e ben costruito, visto e considerato che gli oggetti ottenibili e i nemici saranno, di volta in volta, generati proceduralmente. Ovviamente, è naturale che il titolo, data la sua natura, soffra di una certa ripetitività di fondo e limitatezza delle situazioni, concettualmente parlando, che affronteremo. Secondariamente, il livello di sfida del gioco è piuttosto alto, sfiorando alle volte delle vette di “impossibilità” specialmente quando ci troveremo, nostro malgrado, ad essere puntati da un’intera orda di non morti: ciò, ovviamente, potrebbe “bloccare” i neofiti al contempo però stimolando l’interesse dei veterani. Margini “negativi” per antonomasia mitigati comunque da un sistema di gioco ben pensato per calmierarli.
Una questione di… ingranaggi
Non è un Tripla A, ma è sicuramente paragonabile ad un doppia A: potremmo così riassumere The Last Stand: Aftermath, sia da un punto di vista tecnico che più squisitamente artistico. Il prodotto, considerata l’origine indipendente, è sicuramente ben realizzato sotto tutti i punti di vista. Artisticamente parlando, le ambientazioni e i dettagli inerenti i personaggi saranno più che egregi, seppur ci sarà una visibile reiterazione “ad libitum” di alcuni dettagli e/o modelli di oggetti. In generale, gli sviluppatori hanno profuso un ottimo lavoro nella caratterizzazione “emozionale” degli stage, che daranno sempre e comunque una costante sensazione di “disperazione apocalittica” e di fine definitiva della società, andando in definitiva ad impattare in modo positivo sulla complessiva immersività.
Da un punto di vista più squisitamente tecnico, l’opera svolta da Con Artist Games è di buona fattura e i diversi bug che affliggevano il titolo all’uscita, tutti comunque tendenzialmente minori, sono di già stati ampiamente risolti con due patch uscite nell’arco di un mese circa dalla release del gioco, avvenuta a novembre scorso. In generale, la sensazione è di un gioco piuttosto pulito e senza grosse imperfezioni tecniche tali da esser degne di menzione. Se proprio volessimo trovare il pelo nell’uovo, è piuttosto facile assistere a zombie “bloccati” o incastrati in elementi scenici (ad esempio, orde incastrate in finestroni da supermercato rotti) Un plauso anche per la complessiva fluidità: si dovrà giocare davvero poco con le opzioni per raggiungere i “sindacali” 60 fotogrammi al secondo in full HD, anche su sistemi non particolarmente nuovi. Buono anche il comparto audio, sia per quanto concerne l’effettistica che il lato più squisitamente musicale, seppur forse un po’ troppo tendente alla genericità e senza nessun “guizzo” personale.
Concludendo…
The Last Stand: Aftermath è un ottimo prodotto, che unisce diversi elementi che spaziano dal ruolismo ai crismi dei roguelite, in una formula divertente e sufficientemente immersiva. Tolte alcune minime imperfezioni tecniche ed una ripetitività “genetica” del genere, il titolo è sicuramente uno dei migliori prodotti indipendenti attualmente disponibili e sufficientemente originale da attrarre anche chi non abbia il tema zombie “particolarmente a cuore”.