Con l’arrivo delle piattaforme di distribuzione delle pellicole cinematografiche, divenute col tempo un fenomeno che ha introdotto numerosi utenti (anche non amanti di questo medium) al mondo dei film e serie TV, anche il mercato dello sviluppo dei videogiochi ha subito un profondo mutamento, producendo sempre più numerosi prodotti provenienti da quel settore dell’industria, più o meno fedeli al contenuto originale. Il caso più recente di tale porting crossmediale è Peaky Blinders: Mastermind, sviluppato da FuturLab e pubblicato da Curve Digital, rilasciato su tutte le piattaforme di attuale generazione il 20 agosto di quest’anno. Nel tentativo di portare agli amanti della controparte filmica una narrazione inedita ed accattivante, la banda più temuta di Birmingham si appresta ad arrivare sugli schermi dei giocatori, nelle vesti grafiche di un puzzle game a visuale isometrica.

Sarà stato il team di sviluppo capace di creare un capolavoro videoludico rilevante, o la fama che precede il nome di questa avrà innalzato eccessivamente le aspettative sull’opera?

I peaky blinders sono nuovamente in città

Distaccata dalla vicenda della principale produzione cinematografica, quest’ultimi eventi della famiglia Shelby prendono nuovamente luogo a Small Heath, una frazione di una Birmingham dal forte carattere postbellico. Collocata antecedentemente agli eventi della prima stagione della serie TV, un avvio poco intrigante fungerà da pretesto per lo svolgimento delle vicissitudini della fazione, capeggiata dai fratelli Tommy ed Arthur, membri di spicco dei Peaky Blinders: con il ritorno dei componenti più importanti del gruppo, essi si ritroveranno a dover affrontare alcune minacce pronte a sovvertire la solidità del loro dominio sulla città.

Questi “usurpatori”, mossi dal desiderio di ristabilire ordine in un contesto di forte degrado sociale, tenteranno di creare delle inside tra il clan degli Shelby e le altre gang della zona, portando ad una faida tra queste a seguito della morte di un componente dei Peaky Blinders, attorno a cui aleggia il mistero di un presunto omicidio.

Narrazione, tra limiti e problematiche

A costituire le fondamenta dell’ultimo titolo targato Curve Digital, dunque, è proprio la cornice narrativa, sviluppata principalmente attorno alla figura di Tommy Shelby: essendo quest’ultimo necessario per l’evoluzione della trama, che di per sé risulta estremamente lineare, la manifestazione del proprio ruolo chiave si intravede sin dal titolo dell’opera. Peaky Blinders: Mastermind, infatti, fa riferimento alla sua capacità di pianificazione di scenari mentali e dalla logica complessa. Tale peculiarità, in termini ludici, si traduce nella possibilità per il giocatore di tornare indietro e avanti nel tempo, coordinando le azioni di più membri della banda in simultanea.

Seppure tale aspetto si possa evincere discretamente su tutti i fronti, essendo dato ad ogni personaggio un ruolo chiave nella risoluzione degli enigmi ambientali, il forte limite concettuale impatta sulla fruizione generale dell’opera. Basata infatti su una narrazione a cutscene testuali, lo stile generale evidenzia maggiormente i difetti della produzione, incentrati su un character design poco caratteristico, a cui si somma una sceneggiatura dalla scrittura insoddisfacente e prevedibile dall’inizio alla fine.

Esercitando il potere della mente per controllare i Peaky Blinders

La povertà concettuale dell’opera sviluppata da FuturLab si riflette purtroppo anche sul fronte ludico di Peaky Blinders: Mastermind, che vacilla sotto numerosi aspetti. Manchevole di quell’appeal necessario per motivare il giocatore a proseguire con l’avventura, la semplicità che caratterizza il titolo si manifesta anche sulla creazione di un gameplay (anch’esso semplice e lineare), con la presenza di puzzle ambientali eccessivamente semplificati. Nonostante la difficoltà possa essere gestita dall’apposito menu, modificandola da “standard” a “difficile”, il bilanciamento di questa mostra come la complessità legata alla risoluzione dei puzzle venga modificata artificialmente.

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Privando il videogiocatore, incrementando la difficoltà, di alcuni indicatori a schermo, visualizzabili mettendo in pausa lo scorrimento del tempo e con la pressione del touch pad, questi saranno rilevanti con gli ultimi capitoli del gioco, dove la presenza di numerosi personaggi e la coordinazione di più azioni possono tutt’al più destabilizzare il giocatore all’inizio dei suddetti livelli. Ad aggravare ulteriormente la situazione, un pessimo sound design e la ripetizione degli asset in gioco fungono da sfondo ad un titolo in cui l’interazione ambientale si limita alla risoluzione degli enigmi.

Concludendo…

Peaky Blinders: Mastermind non ha raggiunto minimamente il risultato desiderato, anche a causa della fama che la produzione Netflix riscontrò a seguito della sua uscita. Essendovi delle aspettative sulla riuscita del prodotto, nella iniziale speranza che questa sceneggiatura potesse minimamente eguagliare la controparte cinematografica, anche il gameplay presenta delle criticità nella composizione degli ambienti, nel sound design e nel bilanciamento della difficoltà, sfruttando spregevolmente Unity, motore grafico correlato ad altre produzioni minori ma dalla rilevanza ineguagliabile. Dalla durata media di cinque minuti per livello – per un totale di dieci livelli – solo con gli ultimi due il titolo trasmette realmente al giocatore l’idea del genio di Tommy Shelby, il Mastermind dei Peaky Blinders.

CI PIACE
  • Gameplay dalle forti potenzialità
  • Ultimi livelli divertenti da giocare
NON CI PIACE
  • Game design grezzo, privo di un polishing accurato
  • Intreccio tra i personaggi ed il generale svolgimento della trama
  • Longevità inesistente
  • Incremento artificiale della difficoltà
  • Intelligenza artificiale eludibile per tutti i capitoli del titolo
Conclusioni

Nell’attesa che un prossimo porting crossmediale giunga negli scaffali dei videogiocatori, speriamo che Peaky Blinders: Mastermind funga da monito per un titolo dalla pessima fattura. Dal prezzo di lancio di 25 euro (attualmente in sconto su alcune piattaforme ufficiali), il prezzo irrisorio del titolo non giustifica un’estensione del titolo che si attesa ad un massimo di due ore, qualora il completismo di un giocatore lo porti all’ottenimento di tutti i collezionabili presenti nei vari livelli.

4.5Cyberludus.com

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Nato successivamente all'uscita di Playstation 2 e poco prima dell'approdo di Microsoft nel settore del gaming con la sua primissima Xbox, il suo amore per i videogiochi sboccia con i Pokémon, nella quale vi approda con l'indimenticabile Game Boy Advance SP. Ancora alla ricerca di un genere videoludico ideale, l'interesse per i vecchi classici del cinema gli ha permesso di comprendere l'ineccepibile importanza della narrazione nel videogioco, seppur non gli dispiaccia affatto destreggiarsi con prodotti antitetici dal calibro di Animal Crossing e Monster Hunter, o in alternativa recuperare perle del retrogaming a lui non appartenenti.

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