I videogiochi che restano
Poche settimane fa Strauss Zelnick, il CEO di Take-Two, ha parlato di una delle grandi piaghe (per noi videogiocatori) dell’industria videoludica: le release annuali.
Questa pratica non può nascere da un giorno all’altro, ma necessita di brand famosi e basi solide per poter essere attuata. Basi gettate dai titoli che prenderò in esempio adesso.
Perché Assassin’s Creed 2 lo rigiocherei, nonostante il passare degli anni? Perché la gente compra Infinite Warfare in Deluxe Edition solo per avere la versione rimasterizzata di Call of Duty 4 (che non viene venduta singolarmente per un motivo)?
Semplice.
Si tratta di videogiochi creati con passione e, soprattutto, con una visione di base molto chiara. Un processo lungo e ragionato, con un’idea che si concretizza in righe di codice e trovate geniali, in linea col concetto stesso di game design.
La qualità della rimasterizzazione è discutibile? Fa nulla, c’è Ezio e l’Italia rinascimentale.
La Deluxe Edition di Infinite Warfare mi costa una tombola? Chissene, potrò rigiocare alla “missione del cecchino” a Chernobyl… a me il portafogli.
Soltanto grazie a questi indimenticabili capolavori si può costruire il castello delle release annuali (o delle remaster).
E che c’entra Zelnick? Andiamo con ordine…
Assassin’s Creed, le erezioni di gioventù e la puzza di marcio
Quando, nel lontano 2009, Patrice Desilets presentò il secondo capitolo di Assassin’s Creed, con un trailer che vedeva un giovane Ezio Auditore librarsi in aria grazie alla macchina volante di Leonardo da Vinci, il me quindicenne rimase totalmente sbalordito e stupefatto.
In pratica? Mi si fece il ca*zo duro.
Non lo nascondo, la mia pudicizia venne messa a dura prova anche quando l’anno successivo uscì Assassin’s Creed Brotherhood, ma più ci giocavo, più mi rendevo conto che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Questa sensazione aumentò ulteriormente con un Revelations che aveva due filmati strafighi piazzati in un gioco totalmente inutile, con missioni stupide, un’ambientazione non più così convincente… e quei fot*utissimi fortini da difendere.
Il resto, come si suol dire, è storia.
I vantaggi delle release annuali e le critiche di Zelnick
Giganti del gaming come Ubisoft e Activision hanno ben compreso che le release annuali, almeno su specifiche serie studiate apposta, rappresentano enormi fonti di guadagno che arrivano a scadenza regolare e, soprattutto, con dispendi economici più contenuti in fase di sviluppo.
Torniamo a Zelnick e a una sua giustissima considerazione: “i nostri competitor bruciano i loro franchise perché non riescono a garantire ogni anno prodotti di alto livello qualitativo e, anzi, finiscono per stancare l’utenza con minestre riscaldate”.
Ci tengo a precisare che il buon Strauss non ha utilizzato queste esatte parole ma non ho fatto altro che riassumere in breve il suo (giusto) discorso.
E qui potreste domandarmi… e allora perché parli di bue che dice cornuto all’asino?
Perché Take-Two non possiede solo Rockstar.
Qualcuno ha detto 2K?
Il caso Mafia III
Strauss Zelnick ha criticato con estrema facilità i suoi avversari, e ci può stare, salvo poi non riconoscere gli errori commessi in casa propria:
“Mafia III ha avuto alcune recensioni negative e sia noi che altre software house iniziamo a vedere delle anomalie in questo tipo di articoli. Il gioco sta vendendo bene quindi la cosa non è importante”.
Non è importante?
Apprezzi l’animazione della corsa di Lincoln e l’istante successivo c’è Donovan che viene teletrasportato nella tua macchina, rimani affascinato dai bellissimi giochi di luce della sera (preferibilmente con pioggia) e dopo poco il clima si bugga e manda al manicomio i riflessi sulle superfici. Resti sbalordito dalle “morti dei nemici” salvo poi assistere ad alcuni dei peggiori esempi di IA della galassia. L’incredibile feeling cinematografico e il riuscitissimo metodo di narrazione, non fai nemmeno in tempo a goderteli, che si perdono completamente per colpa di un doppiaggio italiano totalmente sbagliato: il doppiatore di Nathan Drake presta la voce a un prete ultrasettantenne, e una feroce boss della malavita di colore che parla come una liceale di 16 anni… potrei continuare per settimane.
Questo è Mafia III.
Quel gioco che “porca tro*a siamo sul 9.5… ah no aspetta, è un 3.5!”.
In questo caso, certo, non stiamo parlando di un esempio di release annuale ma permettere la pubblicazione di un videogioco in queste condizioni non mi sembra assai più nobile della pratica su citata.
Mafia III ha venduto e sta vendendo benone, ma soltanto perché è il terzo capitolo della serie “Mafia”. Take-Two sta sfruttando la fama alla base di un brand per assicurarsi una bella fetta di introiti, esattamente la stessa cosa che fanno altre big del gaming con Call of Duty, Assassin’s Creed e compagnia.
Se c’è un denominatore comune, come fa Zelnick a criticare?
Diteci la vostra.