“…riempiendo l’universo di stupore e gloria…”
Ragazzi, sono veramente euforico! No, non sono impazzito per l’incredibile quantità di denaro nel mio account su una piattaforma di investimenti binari assai discutibile, ma è per aver messo le mie manine su quello che per me è il sesto capitolo del gioco della vita – avendo letteralmente divorato ogni prodotto del brand dal 1991 ad oggi, ovvero dall’uscita di quel primo Civilization che rivoluzionò immediatamente il mio concetto di divertimento – .
Da allora sono passati ben venticinque anni ma, nonostante sia una quantità di tempo decisamente ampia in relazione al progresso tecnologico, mi sono accorto che avviando Civilization VI le sensazioni di stupore e meraviglia sono rimaste pressoché identiche. Anche dal punto di vista ludico siamo di fronte ad un titolo che non riesce a snaturare sé stesso neanche volendolo, facendo la gioia dei videogiocatori più conservatori. Tuttavia anche chi è alla ricerca di “qualcosa di nuovo” troverà pane per i suoi denti nelle novità che i ragazzi di Firaxis hanno inserito nell’economia di gioco: ci troviamo di fronte al capitolo che più di tutti cerca di osare in quanto a dinamiche, sia per quanto riguarda la gestione macroeconomica, sia per quanto riguarda la microgestione delle unità. Resta solo da vedere insieme le modalità con le quali vengono a trovarsi sintetizzati tutti questi aspetti.
Scopriamo insieme se il nostro caro Sid Meier è riuscito a ripetersi per la sesta volta.
Benvenuti alla festa…delle unità!
Per chi non conoscesse la saga di Civilization ci troviamo di fronte ad uno strategico a turni su caselle – prima quadrangolari, e dalla quinta iterazione della serie esagonali – nel quale prenderemo il controllo di una civiltà per riscrivere la storia dell’uomo, scoprendo tecnologie, accumulando risorse, costruendo meraviglie e il tutto mazzuolandosi allegramente con chi vorrebbe mettersi tra voi e il dominio incontrastato del pianeta. Ma se siete giunti fino ad ora senza averne sentito parlare un po’ di colpa ce l’avete e per questo vi meritate di essere spediti a giocare a No Man’s Sky per punizione.
Come già detto nell’introduzione, Civilization VI riesce a mantenere inalterata la propria identità, introducendo però nuove meccaniche di gameplay in grado di destabilizzare, positivamente, il giocatore di lunga data che dovrà necessariamente cambiare prospettiva per imparare a padroneggiarle.
Partiamo con la novità più significativa: i distretti. Ora non sarà più possibile costruire nella sola casella cittadina tutti gli edifici a nostra disposizione, ma dovremo dedicare un certo numero di caselle intorno ad essi per “specializzarle” in un determinato ambito. Le strutture a carattere economico-finanziario come i mercati e le banche, potranno essere edificate soltanto se quella città ha precedentemente dedicato un esagono all’apposito distretto finanziario, così come le varie caserme potranno trovar luogo soltanto nel distretto militare, le biblioteche in quello scientifico, e così via. Ma attenzione, alcuni edifici avranno anche dei requisiti geomorfologici che potrebbero ostacolare il vostro cammino verso la vittoria: l’Acropoli non potrà essere edificata sulla pianura, così come il mulino avrà bisogno di un corso d’acqua dolce. Alla luce di quanto detto, per poter avere la meglio sulle altre civiltà occorrerà, molto più che in passato, un’attenta pianificazione territoriale e una necessità di caselle che, molto più spesso del solito, vi porterà ad entrare in contrasto con i vostri vicini.
La gestione delle unità è semplice ed efficace, molto più dinamica rispetto a quanto visto in passato. Innanzitutto i lavoratori non sono più vere e proprie unità da utilizzare, salvo imprevisti, per tutta la durata della partita ma sono una serie di interventi immediati che si muovono sulla griglia come se fossero delle unità. In poche parole una volta “reclutato”, il lavoratore rimane visibile fino a quando non utilizzeremo il numero di interventi da operare sulle caselle (di solito tre, ma è possibile aumentarlo con determinate ricerche). Però tali interventi non prevedono più la creazione delle strade, elemento vitale e imprescindibile per l’economia di gioco. A questo scopo è stata riformulata la figura delle carovane – che in età moderna diventano commercianti – che, oltre a spostare e accumulare risorse commerciali, tracceranno lentamente il loro tragitto consentendoci la formazione di una rete stradale. Davvero forte è stato il ridimensionamento delle capacità dei grandi personaggi, ma la loro frequenza di apparizione sembra essere maggiore rispetto al passato. Le spie invece potranno essere inviate in una città nemica, eseguire vari tipi di missione e, se colte in flagrante, imprigionate per diventare materiale di “scambio” durante la fase di negoziazione.
Ultima, ma non meno importante, cosa da dire sulle unità è sulla loro gestione nella fase di combattimento. Permane l’impossibilità di raggruppare più di un’unità per casella (scelta compiuta sulla falsariga del quinto capitolo), ma più unità belliche dello stesso tipo possono unirsi fra loro in formazione, fino ad un massimo di tre. Possibile anche l’aggancio tra unità civili e belliche, cosa decisamente utile soprattutto nelle fasi iniziali, ovvero quando il pericolo dei barbari – decisamente più aggressivi e organizzati che in passato – è più stringente. Inoltre lo scontro è consentito anche a due unità religiose: in pratica i vostri apostoli e inquisitori potranno letteralmente darsele di “santa ragione” (questa era veramente bella, bisogna riconoscermelo) con unità nemiche dello stesso tipo per diffondere il credo di cui sono forieri, rendendo più complicato il raggiungimento della vittoria religiosa.
Facciamo le giuste distinzioni
Una delle cose che mi aveva sempre fatto storcere il naso era come la serie amalgamasse, in un unico grosso calderone, le tecnologie e le tecniche con aspetti maggiormente sovrastrutturali, come religione, arte e filosofia. Civilization VI offre finalmente due distinti “techtree”, uno dedicato alla tecnica e per il quale sono utilizzati i punti scienza, mentre un altro, per il quale saranno invece utilizzati i punti cultura, interamente dedicato alla ricerca delle scoperte culturali. Tra queste ultime sono degni di essere annoverati i sistemi di governo, non più preimpostati come accadeva nei capitoli precedenti, ma apertissimi nella loro composizione. Mi spiego meglio: ognuno di essi dispone di determinati slot che dovremo riempire con delle carte, queste ultime sbloccabili proprio attraverso la progressione dell’albero culturale di cui sopra. Se ne troveranno di quattro colori diversi, ognuno con una funzione peculiare: le carte gialle sono legate alla progressione economica, le rosse all’industria bellica, le verdi alla diplomazia e le viola alla produzione di grandi personaggi. Questo permetterà a due fazioni con lo stesso sistema di governo di avere vantaggi e svantaggi completamente diversi, aumentando in complessità e, soprattutto, in dinamicità.
Altro aspetto che ho trovato decisamente migliorato è il fattore diplomazia legato ai momenti di conflitto. Ora sarà possibile dichiarare un casus belli che, se pertinente con la situazione geopolitica, puo’ diminuire – anche di molto rispetto alla solita “guerra a sorpresa” – le varie penalità, sia diplomatiche che interne, causate dall’entrata in conflitto con un’altra fazione. È davvero impagabile la sensazione di muovere guerra, dichiarandola “di liberazione”, contro la civiltà che qualche turno prima aveva preso indebitamente la vostra città, il tutto mentre gli altri leader non solo vi lasciano fare, ma vi supportano anche peggiorando il loro atteggiamento verso “l’invasore”.
Non tutte le fazioni di Civilization VI si comporteranno allo stesso modo vista la loro incredibile diversità nella caratterizzazione psicologica. Se avere una flotta mediocre potrebbe screditarvi agli occhi della Norvegia, e se avere la bomba atomica sarà un deterrente nelle relazioni diplomatiche con tutti tranne che per quell’indiano testa calda di Gandhi, allora sarà inutile cercare di stringere alleanze con Qin Shi Huang se in possesso di un numero minore di meraviglie rispetto a quelle possedute dalla Cina. Potrebbe sembrare una cosa esaltante, soprattutto alla luce del fatto che avremo la possibilità di incontrare ben venti civiltà, ma alla lunga sembra uscir fuori una loro eccessiva rigidità attitudinale. Avremmo preferito un fattore, anche parziale, di casualità in grado di rendere più interessante e difficile l’approccio ai vari vicini, ma si tratta di una considerazione puramente personale che non inficia in alcun modo la qualità di Sid Meier’s Civilization VI.
Piccola nota stonata in questa sinfonia magistralmente eseguita è l’implementazione del fattore turismo. In pratica ce ne sono di due tipi, uno legato alla vostra città e alla sua produzione di punti cultura, funzionale per accelerare l’espansione dei confini, e uno legato ai rapporti con le altre civiltà, influenzato dalla quantità di capolavori artistici e dei manufatti archeologici che avete depositati nei vostri musei. Purtroppo questa dinamica ci è apparsa confusa e l’implementazione meno curata rispetto ad altri aspetti, nonostante la sua importanza ai fini della vittoria culturale. Aspettiamo, come da tradizione, la prima espansione per vederci più chiaro…
Dallo swahili a Leonardo Da Vinci
Dal punto di vista audiovisivo la nuova creatura di Sid Meier raggiunge vette altissime.
Lo stile grafico di Civilization VI è accostabile, per certi versi, a quanto visto nel coloratissimo Age of Empires Online, dalle rappresentazioni molto più semplificate e cartoonesche, per questo sempre perfettamente leggibili su schermo, anche in condizioni di affollamento. L’interfaccia di gioco non stravolge quanto visto di buono in precedenza, ma cambia quel tanto che basta per esaltare la sensazione di controllo sul proprio impero e rendere l’esperienza di gioco maggiormente fruibile.
Il comparto audio è sempre stato curato con dovizia da Firaxis e questo Civilization VI non fa eccezione: ogni fazione presenta un commento sonoro peculiare, in linea con le tradizioni culturali del vostro gruppo e il momento storico che esso andrà ad affrontare. Da segnalare anche la presenza di Sean Bean – Ned Stark in Game of Thrones e Boromir nel Signore degli Anelli – come doppiatore ufficiale dei testi per la versione inglese del gioco: il risultato è veramente stratosferico, almeno quanto fece a suo tempo Leonard Nimoy in Civilization IV undici anni fa… mica pizza e fichi?
Ma è con il tema principale che il gioco riesce a superare letteralmente sé stesso. Il quarto capitolo, grazie al genio di Christopher Tin, aveva meravigliato il mondo con un’incredibile “Padre Nostro” in Swahili, brano – “Baba Yetu” è il titolo – capace di vincere addirittura il Grammy, il primo vinto da un media prodotto appositamente per un videogoco. Chi poteva bissare il successo di Christopher Tin se non Christopher Tin stesso? Per questo capitolo è stato prodotto il brano “Sogno di Volare”, una versione musicata e corale di uno scritto sul volo di, nientepopodimenoche, Leonardo Da Vinci e, vi assicuro, se ascoltata guardando il toccante video di introduzione in computer grafica, è capace di scatenare violenta pelle d’oca e a far scendere la lacrimuccia da commozione. L’inchino è, mai come questa volta, d’obbligo.
Concludendo…
Sid Meier’s Civilization VI è quello che un tradizionale capitolo di una serie intramontabile dovrebbe essere, ma lo fa riuscendo ad offrire un’esperienza contemporaneamente fresca e “al passo con i tempi” grazie all’implementazione di elementi e dinamiche nuove. Paradossalmente queste novità introdotte spaeseranno più i fan di vecchia data che i nuovi acquirenti, ma vi assicuriamo che non è un qualcosa di negativo visto che la vera sfida del titolo è proprio quella di imparare ad adattarsi con dinamismo. Ma niente paura, l’approccio risulta stratificato come pochi, complesso per chi desidera approfondire la microgestione del proprio impero, snello e veloce per chi vuole solo “giocare”. Forse abbiamo individuato nell’implementazione del turismo e nella rigidità psicologica dei vari leader due piccoli difetti, ma da soli non possono davvero rovinare il giudizio, più che entusiastico, di un’opera davvero magistrale, incredibile non solo dal punto di vista ludico ma anche da quello artistico.
Civilization VI è sicuramente un acquisto consigliato soprattutto a chi segue da anni la saga e che cercava un nuovo titolo con il quale riscrivere letteralmente il cammino dell’uomo e affrontare l’ignoto delle difficoltà, siano esse naturali o civili, che porta con sé. Sì, perché il vero fascino della saga è insito proprio nella voglia di rapportare sé stessi alla storia, ricercando nuovi modi – e soprattutto nuovi mondi – di approcciare ad essa, il tutto per soddisfare la connaturata curiosità dell’uomo, che lo ha spinto a sperimentare ed esplorare sin dall’alba dei tempi. Naturalmente facendo tutto con leggerezza, caratteristica tipica del nostro media preferito.
Proprio per questo inno all’esplorazione dell’ignoto, vorrei consigliare Civilization VI anche a chi non ha mai voluto\avuto la possibilità di giocare ad un titolo della serie di Sid Meier, parafrasando una strofa presa direttamente da quel piccolo capolavoro del tema principale: “ Una volta che avrai spiccato il volo, deciderai, sguardo verso il ciel saprai, lì a casa il cuore sentirai”.