Un’occasione persa per il panorama sci-fi horror

L’onestà e la buona fede investite nella realizzazione di un gioco sono chiaramente identificabili da chiunque abbia la capacità di leggere tra le righe, di intravedere le reali intenzioni del team di sviluppo e di trovare qualità distintive anche in un mare di difetti. Syndrome vanta un’onestà intellettuale intrinseca molto spiccata, ma fallisce nel tentativo di crearsi un’identità propria, ispirandosi fin troppo ad opere dello stesso genere, divenendone così una “brutta copia” e perdendo – di fatto – l’occasione di scavarsi una propria nicchia nel panorama di genere.

Perché? Ve lo spieghiamo noi.

Svegliarsi in un’astronave deserta non è più così esaltante

L’incipit di Syndrome è uno dei più familiari per quanto riguarda l’horror fantascientifico: il protagonista si sveglia, totalmente solo e privo di qualsiasi ricordo, in un’astronave deserta e lasciata nel totale abbandono. Cominceremo quindi, come è ovvio che sia, a girovagare per le stanze della nave, tentando di comprendere cosa sia accaduto a tutto l’equipaggio. Non passerà molto tempo che verremo contattati dall’ufficiale di turno, unica anima rimasta in vita a bordo, che ci svelerà poco o nulla sugli avvenimenti precedenti il nostro risveglio, limitandosi a interpretare il ruolo di “guida” e ad affidarci incarichi di vario genere finalizzati alla fuga dall’incubo dentro cui ci siamo destati.

L’introduzione non è delle più originali, e prende spunto a piene mani da titoli fantascientifici ben più conosciuti e marchiati a fuoco nelle nostre memorie videoludiche, mentre la trama verrà man mano svelata tramite i soliti documenti sparsi qua e là negli ambienti. Come da norma di genere, il gioco consiste nel girovagare – più o meno silenziosamente – all’interno dell’astronave per svolgere diverse mansioni, venendo spesso ostacolati dalle presenze ostili e mostruose che ne infestano i vari ambienti. Sicuramente non contestiamo la scelta dell’incipit e dello svolgimento degli eventi visto che, a partire da queste basi sci-fi horror, si può tirar fuori un prodotto più che ottimo, che riesca a promuovere “a colpi d’atmosfera” uno stato di ansia perenne, alimentando inoltre la curiosità del giocatore con una trama intrigante e coinvolgente.

Syndrome, malgrado le premesse, fallisce però su entrambi i fronti. La trama risulta totalmente derivativa e non curata come ci si aspetterebbe, colma tra l’altro di buchi narrativi e priva di colpi di scena degni di tale nome. A mancare è un carattere ed un’individualità distinguibili, elementi assolutamente fondamentali per questo genere, essendo l’horror fantascientifico una categoria ormai più che inflazionata, spremuta e sfruttata in tutte le salse. Forse uno degli errori più grandi del team è stato il proporre un’ambientazione fin troppo asettica e pulita, priva di quella decadenza morbosa e scellerata che, invece, un titolo così dovrebbe veicolare in ogni secondo di gioco: Syndrome non possiede quella puzza di morte, di purulenza e di malattia che si pretende da un horror di questa tipologia.

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Backtracking e legnosità fanno rima con frustrazione

Syndrome si presenta come un gioco action con componenti survival horror. L’elemento prettamente survival non è da sottovalutare, visto che in tutte le fasi di gameplay avremo a disposizione kit medici, munizioni e altre risorse in quantità ridottissime, e sarà nostra premura cercare di utilizzarle nel miglior modo possibile. Per illuminare le stanze o i corridoi più bui avremo a disposizione una torcia elettrica a batterie, e anche l’utilizzo di quest’ultima avrà bisogno di essere centellinato, visto che di zone molto oscure ce ne saranno a bizzeffe. Durante l’avventura sarà inoltre molto facile rimetterci le penne, sia per mano delle creature che ci tormenteranno, sia a causa di elementi ambientali come i gas nocivi o i cavi elettrici scoperti, che spesso si riveleranno fatali.

Insomma, sarà obbligatorio tenere entrambi gli occhi aperti ed anche di più, per evitare fastidiosissimi e continui game over. Ad offrire maggiore profondità all’elemento survival ci sarà anche la mancanza totale di puntatori o aiuti che ci mostrino la strada da seguire. Dovremo infatti fare affidamento solo sul nostro senso dell’orientamento e sulla mappa dei vari ponti della nave, otto in tutto, con sopra segnata la nostra posizione del momento. Considerando come il backtracking sia una componente onnipresente in Syndrome, con un ruolo fondamentale nello svolgimento delle missioni, in tempi relativamente brevi conosceremo a memoria molti luoghi della nave, anche se questi spesso “muteranno” a causa della presenza di una o più nuove minacce, costringendoci a trovare nuove scorciatoie o ad ingegnarci per distrarre i nemici e attrarli lontano.

Fortunatamente – si fa per dire – l’IA dei nostri aguzzini risulta particolarmente scarsa, ma non si tratta certo di una novità nel panorama indie horror. Lo stile di combattimento è alquanto legnoso (non volutamente, si intende) e agli inizi ci vorrà del tempo per imparare a gestire al meglio l’arma da mischia che impugneremo. D’altra parte, però, il pattern di movimento dei nemici più comuni sarà facile da imparare e, con un po’ di pazienza, potremo anche permetterci l’azzardo di uno scontro (kit medici alla mano, ovviamente) per eliminarli definitivamente. Se l’elemento survival è apprezzabile, tutto ciò che ruota intorno alle sfide coi nemici risulta invece frustrante e gestito in maniera approssimativa: l’accento fin troppo marcato sulle dinamiche “trial and error” uccide – di fatto – l’immersione, e dopo un po’ tensione e ansia andranno significativamente scemando. Anche l’eccessiva disgiunzione tra le fasi di sola esplorazione e quelle con la presenza di creature da evitare\affrontare aumenta questo “distacco” emotivo del giocatore, mentre la qualità generale della narrazione fatica a riconquistare il suo interesse e, di conseguenza, a riattivare il coinvolgimento.

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 Tra luci e ombre si cela la nostra sindrome

In Syndrome l’ottima cura data alla veste grafica salta subito all’occhio. Il team dei Camel 101, nonostante le poche risorse a disposizione, non si sono risparmiati nello sviluppare dei modelli poligonali definiti e d’effetto. Il design dei mostri non spicca per fantasia e innovazione, ma si percepisce l’impegno nel voler tirar fuori abomini spaventosi, nonostante diversi di questi risultino “cugini” dei ben più noti necromorfi. I caricamenti di gioco sono abbastanza lunghi (anche se c’è di peggio), ma il tutto è compensato dall’ottima fluidità del titolo per tutta la sua durata. Il gioco di luci e ombre è ben studiato e saremo costretti, in alcuni luoghi, ad usare la torcia per poter vedere e non finire vittime dei pericoli che si celano tra le tenebre.

Peccato che il comparto sonoro non sia all’altezza del resto della produzione: la colonna sonora è inesistente – anche se non è da considerarsi un difetto -, e manca anche tutto quello spettro di effetti sonori che, da norme di genere, serve ad alimentare il disagio del giocaotore. I pochi effetti che verranno uditi dal giocatore potranno risultare all’inizio quasi (e dico, quasi) impressionanti ma, col passare del tempo, ci accorgeremo che i rumori sono sempre gli stessi, ripetuti ciclicamente per tutta la durata dell’avventura. Solo gli incontri coi mostri, ogni tanto, ci daranno un piccolo picco di adrenalina, ma questa sfumerà in men che non si dica, sostituita dalla frustrazione e dalla voglia di abbandonare definitivamente il gioco. Insomma, per giocare e completare Syndrome avrete bisogno di molta pazienza e sangue freddo.

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Concludendo…

Syndrome avrebbe tutte le carte in regola per lasciare almeno un piccolo segno nel panorama indie horror. Purtroppo il titolo non è supportato da uno storytelling coinvolgente e si caratterizza per dinamiche fin troppo frustranti, ripetitive e alienanti, che rischiano di annoiare rapidamente. Sul lato grafico e sulle dinamiche survival non possiamo operare critiche, ma questi punti forti non bastano per rendere Syndrome un titolo veramente memorabile nel panorama di genere. Rimane un buon titolo da giocare, ma non certo un acquisto irrinunciabile per coloro che desiderano una vera esperienza da brivido.

CI PIACE
-Ottime dinamiche survival

- Grafica di ambientazioni e creature curata

- Buon gioco di luci e ombre

 
NON CI PIACE
- Trama non coinvolgente e troppo derivativa

- Combattimenti legnosi e frustranti

- L'atmosfera non è per niente horror
Conclusioni
Syndrome non è una delusione totale. Non si urla al miracolo per innovazioni atmosferiche e di trama, ma non si può negare che è stato fatto un buon lavoro di produzione in alcuni campi, mentre molti di meno in altri. Non è da mettere nella lista nera, ma non si può nemmeno mentire sulle evidenti mancanze che, da titolo che si autodefinisce horror, possiede senza alcuna ombra di dubbio.
6Cyberludus.com
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Giocatrice tendenzialmente onnivora, nonostante la sua fede primaria rimanga il survival horror classico, avendo trovato la sua dimensione nutrendosi di pane, ansia e Silent Hill. Il suo campo di competenza è l’indie game e l’horror e perde sudore e fatica nell’analisi del lato artistico e, spesso, poetico del videogioco.

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