Plethora-Project: il videogioco come opportunità di ricerca
Con ogni probabilità, se Block’hood fosse un album musicale sarebbe un “concept album”. Per chi non lo sapesse, è così definito un album musicale le cui tracce rispecchiano un unico tema centrale, spesso fonte di ispirazione sulla quale è basata l’opera nella sua interezza. Tanto per farvi un paio di esempi, i Pink Floyd e i The Alan Parsons Project erano soliti seguire questa filosofia per le loro creazioni. Lo stesso succede, seppur in chiave videoludica, con Block’hood. Ma andiamo con ordine.
È uno di quei casi non comuni nei quali prima di andare a “mettere le mani” sul prodotto per valutarne la bontà è necessario porre alcune premesse. Cerchiamo innanzitutto di inquadrarne il contesto di realizzazione. Block’hood nasce da un’idea di Jose Sanchez, architetto e programmatore, oltre che insegnante di architettura a Los Angeles. La prima curiosità è che quella che potrebbe essere intesa come una S.H o uno studio di programmazione, in realtà, non è tale: Plethora Project costituisce invece un progetto di ricerca, un esperimento complesso che soltanto negli ultimi tempi è defluito concretamente in quello che è il nostro amato mondo videoludico. Dichiarato apertamente, il “goal” del progetto Plethora risiede nella ricerca e nell’osservazione dei punti di contatto e simbiosi tra design, architettura e media videoludico.
E probabilmente sono proprio le ancora sottovalutate potenzialità di quest’ultimo ad aver destato interesse e condotto all’ideazione di Block’hood, perfetto esempio in grado di dimostrarci quanto il videogioco stia riuscendo, col tempo, a conquistarsi nuovi spazi in ambiti che fino a pochi anni fa avremmo sicuramente definito fuori luogo. Come nel caso dell’elitario ed eclettico mondo accademico, esattamente l’ambiente entro il quale Block’hood ha mosso i suoi primi passi.
Sviluppato da due soli programmatori (il già citato Jose Sanchez con l’aiuto di Gentaro Makinoda per il “lato design”) ed edito da Devolver Digital, Block’hood è arrivato su Steam il 10 marzo 2016. Ancora in pieno sviluppo e rilasciato anticipatamente con la solita meccanica dell’Early Access, il titolo di Plethora Project a oggi ha venduto 18.000 copie, con un userscore pari all’84%.
Scopriamo insieme come si comporta.
Block’hood e la costruzione di “plastici”
Block’hood, concretamente parlando, è un simulatore di costruzione. È tuttavia sconsigliabile spingersi anzi tempo in semplicistiche etichettature. La sua singolarità è duplice, e risiede da una parte nell’organizzazione in blocchi (ognuno dei quali corrispondente a una specifica struttura), dall’altra nell’interessante e inevitabile sviluppo verticale delle creazioni. Lo spazio disponibile sarà infatti sempre (talvolta più, talvolta meno) esiguo e dovremo optare per l’utilizzo di piani superiori, fruibili mediante ascensori o scale.
Proseguendo su questa linea, soffermiamoci ancora un attimo sulla “questione genere” e scomodiamo, a puro scopo esemplificativo, un titolo come Cities: Skylines. Sia quest’ultimo che Block’hood sono due giochi che sulla carta simulano la costruzione di città, ma andando oltre le palesi differenze stilistiche, bastano pochi minuti in compagnia del titolo di Plethora per comprendere come in realtà le somiglianze tra queste due offerte siano pressoché nulle.
Se infatti un titolo come quello di Colossal Order offre la possibilità di edificare una città realistica su vasta scala, con un’attenzione a dettagli minimi e soprattutto con un focus specifico sulla gestione (specialmente economica), per Block’hood il vero nocciolo della questione è invece da ricercare nel compiacimento estetico. Eccoci allora impegnati sì nella costruzione di edifici e complessi urbani, ma con un insieme di meccaniche e fattori estetici che non si avvicineranno mai concretamente alla verosimiglianza. Il vero obiettivo, come avevamo già velatamente anticipato nelle prime righe, è la sperimentazione del design, la costruzione di modelli accattivanti e “innovativi”. Prototipi e “plastici” urbani, dunque, per un iter di gioco rigorosamente rivolto al “colpo” d’occhio. Block’hood è un giocattolino dannatamente ben riuscito, che manifesta senza pudore tutta la passione architettonica del suo ideatore attraverso un’originale e intelligente ode al design, la cui capacità di stimolare il giocatore sul lungo termine è totalmente in dipendenza della sua creatività.
Parola d’ordine: “equilibrio”
Messa per iscritto quella che può essere considerata la filosofia di Block’hood, analizziamo ora le sue semplici (per lo meno a livello concettuale) meccaniche di gameplay. Tutto si basa su un unico e funzionale principio: entrata e uscita, per l’esattezza “imputs” e “outputs”. Qualsivoglia costruzione, per funzionare, necessita di una (o più) specifica risorsa. Se questa necessità verrà soddisfatta, la struttura diverrà operativa e darà inizio alla produzione di nuove risorse, altrimenti comincerà a usurarsi fino alla distruzione. Una meccanica coerente e ben bilanciata, che spinge il giocatore a tentare un approccio il più possibile equilibrato e ragionato, valutando costantemente cause ed effetti dell’inserimento di ogni nuovo blocco.
Ed è proprio così che bisogna procedere, perché in questo gioco i blocchi costituiscono l’origine di ogni cosa. Persino delle risorse, prodotte in qualità e quantità dipendente dai blocchi che decideremo di posizionare. Credete forse di poter ottenere le risorse dal sottosuolo? Impossibile, perché in Block’hood un vero e proprio suolo nemmeno esiste. Niente raccolte o estrazioni, dunque: quelli sono procedimenti che effettueremmo in un videogioco ambientato nella realtà. Qui dobbiamo invece comprendere che quello che stiamo realizzando è “solo” un modello. Un modello che anela all’autosufficienza. Si parte dunque da un’idea che risiede nella nostra testa e si prosegue cominciando a darle una forma, blocco dopo blocco (edifico dopo edificio).
È un gioco fatto di addizioni e sottrazioni continue, alla ricerca di un risultato pari allo zero, l’equilibrio. Immaginiamo di voler inserire quattro appartamenti grandi al centro del nostro spazio di costruzione. Li posizioniamo. Notiamo ora che non sono operativi: ciò perché ognuno di essi necessita di svariati “imputs”, ovvero un’unità di aria fresca ed elettricità, due di acqua e ben tre di comfort. Procediamo allora con il collocamento di una torre dell’acqua, di una pala eolica, di alcuni blocchi d’erba e di svariati alberi, in maniera tale da soddisfare tutti gli imputs degli alloggi. Ecco che ora le quattro abitazioni sono operative e cominciano a fornire, quali outputs, numerose unità di bambini, acque grigie e spazzatura organica. Il modello da noi creato è dunque in equilibrio? No, perché dall’apposito menù di analisi notiamo una variazione negativa per quel che riguarda l’aspetto economico. Dovremo dunque intervenire ancora, al fine di invertire questo trend.
Come probabilmente avrete già intuito, in una simile situazione ogni risorsa acquisisce la medesima importanza. Anche il denaro, che solitamente ha un ruolo centrale in titoli di questo tipo, altro non è che una risorsa qualunque, al pari di acqua, rifiuti organici e inorganici, elettricità, aria pulita, cibo, inquinamento, manodopera, punti cultura e tutte le altre.
Per quel che riguarda ancora l’edificazione, impossibile non sottolineare la varietà e la vastità del “parco blocchi”, suddiviso in quattro differenti sezioni: “spazi pubblici”, “produzione”, “costruzioni” e quella che possiamo semplicemente considerare la vegetazione. Esemplificare, in questo caso, sarebbe inutile. Bastano i numeri: ognuna delle quattro sezioni (con l’aggiunta delle strutture avanzate) comprende complessivamente 48 blocchi.
Valutazione dell’Early access
Al momento, Block’hood presenta tre differenti modalità: un tutorial, una stimolante serie di sfide e ovviamente il cuore dell’esperienza, la sandbox. Le prime due costituiscono quello possiamo sommariamente considerare un “tutorial allargato”. Se nella modalità omonima avremo modo di apprendere celermente le basi di gioco e di prendere confidenza con la UI, nelle challenges cominceremo ad accumulare esperienza, iniziando a utilizzare blocchi sempre più complessi e affacciandoci con le giuste tempistiche alla terza modalità di gioco. Quest’ultima, come da tradizione, ci permetterà di selezionare le dimensioni della base di partenza e di utilizzare liberamente tutti i blocchi di gioco sin dai primissimi istanti.
La suddetta interfaccia merita almeno un paio di elogi: semplice e facilmente leggibile, non manca di rispecchiare appieno lo stile del titolo, che attraverso funzionalità e organicità ci offre una veste grafica e un design altamente gradevoli.
Buon lavoro anche per quanto riguarda il capitolo bug e ottimizzazione. Giocabile pressoché su qualunque PC, Block’hood risulta essere un Early access tranquillamente fruibile. Permane qualche piccolo bug, quale l’improvviso blocco della funzione “elimina” dell’interfaccia, risolvibile tramite la pressione dell’apposito tasto della tastiera. Trattasi comunque di piccole sbavature risolvibili con poco lavoro.
Nel complesso, quella di Plethora Project è un’offerta decisamente accattivante e completa. Per meno di dieci euro potrete acquistare un titolo che potrebbe avere molto da offrirvi. A essere necessaria, come ho già scritto in altre occasioni, è un’accurata valutazione da parte del giocatore in relazione a quelli che sono i suoi gusti personali. Block’hood non farà nulla per mantenere vivo il vostro interesse nei suoi confronti: dopo circa sei ore avrete terminato sia il tutorial che le challenges, e vi rimarrà “soltanto” la modalità sandbox. In quel momento, la vostra esperienza con il titolo di Plethora Project sarà soltanto all’inizio: avrete voglia di cominciare?
Concludendo…
Arrivati a questo punto, potrebbe essere un buon momento per tornare al discorso del “concept album”. Quale è dunque il tema centrale di Block’hood? L’equilibrio, l’ecosostenibilità e la lotta all’entropia, per una “visione architettonica” che, evidentemente, rispecchia quella dell’ideatore Jose Sanchez.
Chic, intelligente e sotto alcuni punti di vista avanguardistico, Block’hood è un prodotto decisamente “inquadrato” e strutturato, più profondo di quanto non possa apparire a una prima occhiata e dotato di un potenziale capace di andare oltre quella che è la semplice sfera ludica.