Nell’arco di dieci anni, la saga di Disgaea ha visto apparire nei negozi otto episodi. La saga di giochi di ruolo giapponesi con forte base strategica, sviluppata da Nippon Ichi, è riuscita a costruirsi un discreto seguito di appassionati che attendono sempre un nuovo episodio della serie e non si fanno mai trovare impreparati di fronte alle novità. Disgaea D2: A Brighter Darkness arriva su PlayStation 3 per la gioia dei fedelissimi alla saga strategica del Sol Levante e si presenta come insolito sequel ad un titolo della saga stessa: Disgaea: Hour of Darkness.
Un’allegra rimpatriata
Disgaea D2: A Brighter Darkness, riporta sui nostri schermi personaggi, da molti, mai dimenticati come Laharl, Flonne e Etna, protagonisti di scenette fra il comico ed il goliardico. Autentiche "macchiette" del teatro o del cinema, stravaganti ed imprevedibili pazzoidi che, tra una scenetta e l’altra devono vedersela con i consueti nemici che gli si parano davanti. La missione, che principalmente sembra riguardare Laharl, è quella di fare ascendere quest’ultimo ad autentico "Oscuro Signore di Netherworld" facendo calare la cresta ad insidiosi oppositori.
Poco fumo e tanta carne al fuoco
Sotto l’aspetto meramente tecnico, Disgaea D2: A Brighter Darkness si presenta come un videogioco essenziale, all’antica. Gli ambienti tridimensionali e suddivisi in tradizionale scacchiera isometrica sui quali agiscono i personaggi controllati dal giocatore e quelli gestiti dall’intelligenza artificiale appaiono, da un lato, colorati e ben strutturati, dall’altro carenti di tutti gli orpelli di fondo che possano far pensare ad un salto di qualità o un tentativo di voler imporre nuovi standard visivi e di gradimento. Sembra che gli sviluppatori si siano dedicati più alla gestione e all’offerta "contenutistica" che a quella estetica e di primo impatto. L’ho intuito praticamente da subito, gamepad alla mano, quando i menu di giochi che riguardano abilità, equipaggiamenti e poteri si sono delineati davanti a me facendomi esclamare "tanta roba, insomma!". A questa esclamazione segue la consapevolezza che il fulcro dell’offerta ludica di Disgaea D2: A Brighter Darkness risiede in una grande mole di contenuti di tipo strategico e di tempo peso sul campo di battaglia, piuttosto che in altro (grafica, narrazione, colpi di scena indimenticabili).
Cosa c’è di nuovo
Fra conferme e novità, in termini di gameplay c’è qualcosa da evidenziare, perché questo Disgaea D2: A Brighter Darkness non è un mero "copia-incolla" quanto il tentativo di conciliare le esigenze di budget di Nippon Ichi a quelle di sperimentazione, il tutto, ovviamente, finalizzato alla felicità della vecchia guardia di appassionati. Ma veniamo al dunque, a quel che è cambiato rispetto al passato: in primo luogo è stata semplificata la parte relativa all’evoluzione dei nemici e adesso i personaggi possono diventare apprendisti di altri, apprendendo abilità e poteri direttamente dai propri maestri. Fanno la loro comparsa i tratti Evility, che si rilevano utili per uscire da diverse situazioni, a patto di avere il giusto acume tattico per comprendere il momento giusto per sfruttarli. Altra nota di colore va dedicata alla metamorfosi dei mostri alleati: prima potevamo trasformarli in armi utili alla nostra causa. Ora possiamo renderli delle cavalcature la cui utilità risiede principalmente nel condividere il danno subito con il proprio cavaliere: questo diventa importante per rendere i personaggi meno resistenti un po’ più coriacei.
Per tanti, forse, ma non per tutti
Disgaea D2: A Brighter Darkness si delinea, come un omaggio al lontano Disgaea: Hour of Darkness, pubblicato nel 2003 su PlayStation 2. Un titolo dedicato più alla vecchia guardia degli appassionati della saga, che verso nuovi, potenziali clienti. Tanta sostanza, pochi orpelli, trama pretestuosa e la giusta dose di fan service per accontentare i fedelissimi, trascurando gli altri. A rafforzare questa affermazione segnalo una curva d’apprendimento decisamente ampia, che suggerisce la natura di titolo dedicato all’appassionati della saga.