Se c’è un genere che, nel corso della storia videoludica, ha avuto un destino peggiore dei giochi sui supereroi, questo è sicuramente quello dei tie-in. Come molti già sapranno, Lanterna Verde e L’ascesa dei Manhunters è di fatto entrambe le cose. Forse l’intrepido Hal Jordan non godrà della medesima fama di certi suoi colleghi della DC Comics (come Batman e Superman, giusto per citarne due), ma tra gli appassionati di fumetti era ben conosciuto da molto prima che, quest’estate, arrivasse sul grande schermo, per il grande pubblico. C’è da riconoscerlo, videogiochi di questo tipo partono già svantaggiati – specialmente a causa della grossa fetta d’utenza che si propongono di soddisfare – ma il lavoro svolto da Double Helix Games si può dire almeno dignitoso. Batman: Arkham Asylum non avrà forse trovato un degno rivale, ma chi ha apprezzato film e fumetti del meno blasonato Lanterna Verde forse vorrà dare al titolo di Warner Bros più di una chance: scopriamo perché.
I sorci verdi
Il modo in cui L’ascesa dei Manhunters ci introduce nel suo universo non è proprio dei più convincenti. Senza troppi complimenti veniamo introdotti al personaggio principale, Hal Jordan, divenuto da poco la nuova Lanterna Verde del settore 2814 e già pronto ad entrare nel vivo dell’azione, scatenata dai malefici robot Manhunters. Riceviamo giusto le informazioni essenziali, e poi un calcio nel di dietro ci manda a massacrare orde e orde di nemici inferociti. Poco male: il gioco è stato pensato per chi ha guardato il film al cinema, e non si preoccupa minimamente di spiegarci in maniera approfondita l’evolversi della vicenda; del resto, non è una novità in produzioni come questa.
Fortunatamente, però, il sistema di combattimento ci mette subito a nostro agio. Come in molti altri titoli d’azione, a nostra disposizione abbiamo un attacco veloce e leggero, ed uno pesante ma lento; a questi si accostano un pulsante adibito ad una sorta di “carica” utile a spostarsi velocemente facendo un po’ di danno, e un altro destinato all’uso di un “lazo” che ci permette di afferrare e scagliare i nemici in lontananza o contro i loro alleati. Questi quattro elementi basilari di combattimento si alternano e si combinano tra loro con immediatezza e facilità, permettendo di eseguire semplici combo che, sostanzialmente, fondano la propria intuitività sulla possibilità di mettere in coda più mosse e di far sì che queste generino una sequenza di colpi più o meno efficace.
Ben presto però ci si rende conto che il gameplay di Lanterna Verde , molto vicino a quello dei classici picchiaduro, è ben più profondo di quanto possa sembrare. Esiste infatti la possibilità di acquistare nuove tecniche di distruzione grazie ad una graduale e inesorabile progressione del livello del protagonista, regolata dagli immancabili punti esperienza (ottenuti dai nemici sconfitti). Le mosse a disposizione sono veramente tante: ne abbiamo contate diverse decine ed ognuna di esse permette di ottenere effetti diversi e di diversa utilità. In linea di massima, l’esecuzione di questi attacchi non richiede un eccessivo sforzo mnemonico, né tanto meno una destrezza sovraumana nelle dita; tra l’altro, le varie combinazioni di tasti sono molto logiche, e una volta ottenuta l’abilità adatta sortiscono gli effetti che ci si aspetterebbe: usare il lazo e l’attacco pesante, ad esempio, consente di afferrare e scagliare contro il suolo il nemico. Approssimativamente, si arriverà ai titoli di coda con tutte le abilità sbloccate: permettere di usarne soltanto una parte le avrebbe forse valorizzate maggiormente, e avrebbe potuto essere un ottimo incentivo per rigiocare il titolo, la cui longevità non supera le 6-7 ore.
A questa già nutrita schiera di possibilità si aggiungono i cosiddetti “Costrutti”, ovvero armi particolari che l’anello di Jordan è in grado di riprodurre. Totalmente slegati dal numero di punti esperienza guadagnati, e piuttosto regolati dal progredire della “storia”, questi strumenti speciali (che sono 15 in tutto) arricchiscono le capacità offensive di Hal, oltre che fornirgli abilità particolari. Ad esempio, il Costrutto “Mazza da Baseball” permette, formalmente, di spingere i nemici lontano dal protagonista, ma allo stesso modo si rivela essenziale in certe sezioni in cui è richiesto rispedire al mittente sfere energetiche o missili. Ciascuno di essi ha la propria specifica funzione, e in alcuni casi il loro utilizzo permette di raggiungere aree altrimenti inarrivabili e trovare alcuni dei meteoriti segreti sparsi in giro per i livelli, la cui funzione è allungare la barra di salute del personaggio o di incrementarne l’energia verde (che si consuma proprio utilizzando i succitati Costrutti). È possibile personalizzare i comandi dei Costrutti, che si attivano con la pressione dei canonici tasti frontali abbinata a quella di uno dei due grilletti dorsali.
“Io vado”
Qualunque fosse il sistema di combattimento, però, questo non avrebbe alcun senso d’esistere senza un appropriato level design a rendergli giustizia. E, purtroppo, è proprio sotto quest’aspetto che L’ascesa dei Manhunters genera le più forti perplessità. Anche volendo tralasciare una tragica linearità dei livelli, in cui non bisogna far altro che procedere nell’unica direzione consentita e far fuori tutti i nemici che ci sbarrano la strada, il gioco non offre alcuno spunto originale nelle situazioni proposte. La varietà è ciò di cui si sente più la mancanza, nel titolo di Double Helix. Elementari e poco ispirati puzzle danno un attimo di respiro, di tanto in tanto, per quella trentina di secondi necessari ad accorgersi che fino a quel momento non si è fatto altro che malmenare i malcapitati di turno. Ma si tratta di casi più unici che rari. Persino i boss tendono a ripetersi, magari cambiando in skin grafica o numero, al più con qualche elemento di difficoltà aggiuntivo come un piccolo gruppo di nemici “blandi” a dargli manforte. Fortunatamente i tipi di Manhunters da affrontare sono numerosi, ed in un certo qual modo impediscono di ricorrere al furioso “button smashing”, peraltro ingiustificato dato il gran numero di mosse divertenti da eseguire.
Tra un paio di livelli e l’altro, però, alcune brevi missioni palesemente ispirate a certe sezioni di God of War spezzeranno la forte ripetitività di fondo. In questi momenti, sostanzialmente, Lanterna Verde volerà attraverso un percorso scriptato e dovrà schivare ostacoli e sparare a nemici o detriti. Non si tratta di momenti particolarmente epici e galvanizzanti, ma il fatto che ci siano è quanto meno rassicurante, nonostante siano evidentemente scopiazzati.
A donare una dose extra di divertimento ci pensa però la modalità co-op, in cui è possibile affidare un secondo controller a un amico e affiancare a Hal Jordan il proprio fidato amico, Sinestro. Il multiplayer non arricchisce di molto l’esperienza, ma sicuramente la rende più dinamica e movimentata, attutendone (in parte) i difetti.
Dopotutto, il titolo di Double Helix svolge il proprio lavoro dignitosamente: in fondo è destinato a un pubblico che, in larga parte, desidera svagarsi senza troppe cerimonie e magari rivivere le avventure del proprio supereroe preferito. Ma purtroppo anche in questi termini Lanterna Verde può rivelarsi una delusione. Oltre alla già sopracitata e arronzatissima trama, a minare l’atmosfera generale, tutto sommato ben riprodotta dal comparto grafico, ci pensa il terribile doppiaggio italiano; nonostante la presenza di voci più o meno importanti nel cast, infatti, la recitazione dei vari personaggi è tra le più orrende a cui ci sia mai capitato di assistere. Risulta quindi difficile immedesimarsi in un personaggio mal doppiato, di cui non viene spiegato nulla e le cui frasi vengono di tanto in tanto riciclate giusto per risparmiare qualche spicciolo.
Commento finale
A dispetto dei numerosi difetti elencati in questa recensione, Lanterna Verde e L’ascesa dei Manhunters non è un fallimento totale. Anzi, a tratti risulta parecchio divertente e frenetico a sufficienza per chi volesse scaricare un po’ di tensione senza pensarci su. Gli evidenti difetti di design, resi ancora più amari dalle buone possibilità del sistema di combattimento, sono in fin dei conti l’ultima delle preoccupazioni di cui un appassionato dovrebbe tener conto. Veri punti deboli della produzione sono la narrazione e il pessimo doppiaggio, che rischiano di allontanare dal titolo persino i fan del (non poi così) noto supereroe; a fronte di questo, ci sentiamo di raccomandare il gioco soltanto a chi proprio non vede l’ora di calarsi nella celebre tutina verde di Hal Jordan, o chi proprio è totalmente in astinenza da picchiaduro. Noi, frattanto, cominciamo ad accendere il bat-segnale.