Con un gioco come The Witcher 2 , varrebbe quasi la pena di saltare ogni presentazione e passare immediatamente ai fatti, data la quantità e la vastità degli argomenti da trattare. Eppure, non si può fare a meno di riservare almeno un attimo di ovazione a CD Projekt , casa di sviluppo che qualche anno fa, con un singolo gioco d’esordio, ha saputo riportare sui monitor di tutti gli appassionati di Gdr la stessa, magica atmosfera che si respirava negli anni ’90 con giochi come Baldur’s Gate o Planescape: Torment , i cui memorabili e magnetici punti di forza (come la trama, o la libertà di scelta lasciata al giocatore) sembravano ormai vani ricordi. Non a caso, il successo di quel fenomeno che è stato The Witcher ha confutato l’ormai diffusa e detestabile idea secondo la quale, almeno in larga parte, ai giocatori della nuova generazione piaccia arrivare ai titoli di coda con la pressione di un unico tasto. Non si tratta di una definizione del tutto falsa, ma almeno sicuramente non vera per quei due milioni (o forse più) di giocatori che hanno apprezzato una narrazione matura, moralmente ambigua e in buona parte non lineare, assieme a meccaniche di gioco inedite e originali. Era inevitabile, quindi (per fortuna), un seguito che continuasse a raccontare le gesta dell’albino più temuto dei Regni Settentrionali: Geralt di Rivia, l’ammazzamostri, il witcher.
Tra acciaio e argento
Non un uomo, non un elfo (e sicuramente non un nano), Geralt è uno degli ultimi rimasti dei witcher (o strighi), una specie odiata da tutti, ma di cui tutti hanno disperatamente bisogno. Le loro abilità mutanti, l’immunità alle malattie, la forza e la longevità sovrumane li rendono i candidati perfetti per compiti pericolosi come l’uccisione di mostri o la scongiura di antiche maledizioni. Ma i tempi sono cambiati a Temeria, e alla spada d’argento, efficace contro le creature mostruose, Geralt è ormai costretto ad affiancarne una d’acciaio, buona per difendersi dagli umani.Diventato guardia del corpo del Re (per motivi legati alla storia di The Witcher , che di certo non saremo noi a svelare), lo strigo ormai rimpiange i momenti in cui cacciava nelle foreste o nelle cripte, ritrovandosi invece faccia a faccia contro soldati che, in effetti, appaiono come nemici soltanto per il colore della divisa. Un evento inaspettato, però, darà lui e a Triss Merigold, la sua amante, l’occasione per tornare a una vita libera e lontana dalle corti, facendo però al contempo gravare sulle loro teste una pesante e pericolosa minaccia. In questa recensione non accenneremo altro, riguardo alla storia di The Witcher 2: Assassins of Kings , il cui unico, vero neo è da imputarsi a un finale che, suggerendo l’imminente annuncio di una futura espansione, lascia in modo voluto molte questioni in sospeso.Le prime fasi del gioco ci vedranno combattere ed esplorare in maniera piuttosto limitata e lineare, dandoci il tempo per far pratica con le innumerevoli opportunità offerteci dalle meccaniche di gioco e dalla trama stessa. Sin dalle prime ore, risulterà evidente che l’apporto del protagonista durante il filmati e i dialoghi (nonché in alcuni momenti d’azione) sarà più che determinante per l’esito degli eventi e il destino dei personaggi secondari. Ogni scelta potrà potenzialmente condurre in direzioni totalmente diverse, a tal punto da variare non solo intere sezioni di gioco, ma persino i luoghi che visiteremo. Potremmo ritrovarci in una città oppure in un’altra, a seconda di come ci saremo comportati. Non a caso, i finali previsti sono ben sedici, contro i quattro possibili del precedente episodio. In questo senso, CD Projekt ha praticamente segnato la storia di un genere. Mai erano state date così tante possibilità al giocatore, e di certo le sole 30-40 ore necessarie per completare il gioco sono ben controbilanciate da un fattore di rigiocabilità senza precedenti.
Inoltre, la sceneggiatura ci ha stupito per la sua duttilità e per la maturità dei temi affrontati. Mai, in nessuna occasione, ciò che viene posto di fronte al giocatore riesce a essere classificato in categorie banali e puerili come “bene” e “male”, “legge” o “anarchia”. Sempre (e con sempre includiamo anche le missioni secondarie) avremo più valide risoluzioni ad un singolo problema, e spesso le conseguenze non saranno mai immediate, impedendo ai giocatori, quindi, di ricorrere alla brutta pratica del “trial & error”. Si tratta di un notevole passo avanti per gli RPG. Gli sviluppatori sono riusciti nel difficile intento di rammentare al genere dei Giochi di Ruolo il perché del proprio nome. Il “ruolo”, in The Witcher 2 , è tutto ciò che realmente conta, tutto ciò che veramente fa peso nell’economia di gioco. Il più delle volte le battute di Geralt saranno del tutto fisse e inalterabili: l’intervento del giocatore sarà richiesto più frequentemente quando sarà necessario esprimere un’opinione, o intervenire tempestivamente in una data situazione. Moltissime sezioni si risolvono col semplice uso della favella (anche se è quasi sempre consentito fare tutti a fettine), spesso nei modi più disparati. Tralasciando il già sopracitato sistema di scelte, che meritava un discorso a parte, nulla ci vieterà di intimidire i nostri interlocutori, corromperli, farli ragionare oppure utilizzare un particolare trucchetto ipnotico non dissimile da quelli che si vedono usare nella saga di Guerre Stellari . Naturalmente, l’esito di molte di queste situazioni sarà anche dettato dal livello delle nostre abilità, di cui parleremo a breve.
La Caccia Selvaggia Una buona storia, però, non è tutto quello che The Witcher 2 ha da offrire. Quello che si può sicuramente dire dei suoi sviluppatori, infatti, è che abbiano fatto di tutto per garantire un’esperienza a tutto tondo in grado di soddisfare più stili di gioco, senza però scendere a compromessi grossolani. In alcune occasioni l’intuito e la logica si riveleranno fondamentali, mentre in altre occorrerà muoversi di soppiatto ed eliminare i nemici silenziosamente. Non mancano i Quick Time Event (la cui difficoltà è regolabile), le scazzottate, fughe a rotta di collo e, naturalmente, scontri di cappa e di spada. Quasi tutto di ciò che abbiamo elencato è in parte o totalmente influito non solo dalle capacità del personaggio, ma anche dall’uso che si farà di alcuni oggetti fondamentali che costituiscono il cuore del gameplay del titolo. Come chi ha giocato al primo The Witcher saprà, le doti combattive e magiche di Geralt non sono gli unici strumenti messi a sua disposizione per sopravvivere nel pericoloso regno di Temeria. Il protagonista è infatti in grado di mescere pozioni e preparare bombe o altri composti alchemici, utilissimi a far fronte ai mostri più massicci, o ai gruppi di avversari più nutriti. Anche in questo capitolo, il livello di difficoltà selezionato starà proprio ad indicare l’effettiva necessità che si avrà di questi oggetti. A livello “facile” le spade sono sufficienti, ma già a livello “normale” bisognerà contare sull’uso delle magie e di qualche pozione di rigenerazione; a “difficile” invece (quello che consigliamo a tutti coloro che desiderano godersi il gioco a 360) non si potrà fare a meno di alcuna risorsa; esiste, in realtà, anche un quarto livello di difficoltà, “folle”, che in sostanza non permette di ricaricare il gioco una volta morti, costringendo a ricominciare da capo – e che probabilmente in pochi vorranno sperimentare. La creazione delle pozioni è strettamente legata al recupero degli ingredienti. Mai come prima d’ora in un Gdr c’erano stati così tanti elementi da mescere. Fiori, funghi, pelli e organi di mostri saranno, con tutta probabilità, i padroni dei vostri inventari, e ciascuno di essi avrà una particolare funzione alchemica. In tal modo si potranno produrre potenti elisir in grado di renderci più forti, più agili o addirittura di rigenerarci e di farci vedere attraverso le pareti. Non potremo sfuggire, però, alle tossine contenute in queste sostanze, le quali, se somministrate con poca cautela, si tradurranno in autentici veleni. Inoltre, a differenza dei comuni giochi di ruolo, l’assunzione degli elisir non è “istantanea”; potremo berli soltanto durante una meditazione, e quindi soltanto in previsione di un eventuale scontro. Tutt’altra dimensione, invece, è quella delle trappole, in grado di indebolire i mostri prima di uno scontro. Sebbene Assassins of Kings sia tutto fuorché un sandbox (come Oblivion o GTA IV ), sovente le aree con cui Geralt avrà a che fare saranno notevolmente vaste e disorientanti, nonché (inutile dirlo) pericolosissime. I nemici più grossi, specie se in compagnia dei “fratellini” più piccoli, saranno duri da abbattere senza una buona preparazione. Pertanto, in molte occasioni, attirare le creature avversarie in zone irte di trappole si rivelerà la strategia più efficace per venire a capo anche degli scontri più violenti, nonché dei boss fight. Alcune esche consentiranno di agevolare l’operazione, distogliendo l’attenzione dei nemici più stupidi dalla presenza del protagonista. Tutti gli elementi di gioco sono sviluppati e ingegnati ad hoc per incentivare il giocatore ad avvalersi di ogni mezzo a sua disposizione e di tutta la propria astuzia. La sensazione che si prova giocando a The Witcher 2 è paragonabile a quella che un cacciatore avverte mentre è sulle tracce della propria preda. Ogni cosa, persino l’aspetto e le animazioni del protagonista, restituisce un forte senso di animalità. Non per caso Geralt, proprio come una pantera, è in grado di saltare da un nemico all’altro con naturalezza e veemenza. Attacca gli avversari proprie spalle senza voltarsi ed è incredibilmente veloce nel colpire. In questi termini, i polacchi di CD Projekt hanno svolto un lavoro senza precedenti, compiendo passi da gigante rispetto al gioco precedente. I combattimenti non hanno nulla da invidiare alla maggior parte degli action in terza persona, e anzi, si rivelano anche più completi ed efficienti. A dimostrarlo non ci sono soltanto le innumerevoli opzioni offerte dal sistema delle abilità, ma anche la totale assenza di un qualunque tipo di pausa tattica, ora convertita in una super slow motion durante la quale è possibile riflettere su quanto fare e selezionare l’abilità desiderata. Essenziale è l’uso dei Segni, particolari incantesimi che variano dalla classica fiammata dirompente alla scarica telecinetica, spesso in grado di rovesciare le sorti di una battaglia. I nemici, dal canto loro, sono reattivi e aggressivi; la maggior parte di essi cerca di accerchiare Geralt, e di attaccarlo (anche in gruppo) nei momenti in cui abbassa le difese. Peccato che alle volte qualcuno resti impalato a fissare il vuoto, in dolce attesa di farsi fare a pezzi senza molti complimenti. Invero, anche al protagonista, di tanto in tanto, tocca lo stesso destino: a causa di un fastidioso bug relativo all’uso delle bombe, capita che i controlli si “congelino” per un paio di secondi, naturalmente sufficienti per rimanere uccisi.
Cambiando natura
Nonostante la figura di Geralt lasci ben poco spazio alla libera personalizzazione a cui ci hanno abituati titoli come Dragon Age: Origins o Fallout 3 , la scelta di un personaggio dai tratti fisici e caratteriali ben precisi non può far altro che contribuire ampiamente all’originalità e alla personalità dell’intera produzione. Complice, naturalmente, il fatto che la saga è ispirata nella sua interezza ai romanzi di Andrzej Sapkowski, il background narrativo ha offerto agli sviluppatori opportunità immense, ovviamente superiori a quelle date da brand inediti e prettamente “ludici” come quelli di Mass Effect o di The Elder Scrolls . Anzi, c’è da dire che i riferimenti e le citazioni ai libri della serie sono tantissimi, sebbene coglierli tutti non sia una necessità irrinunciabile, ai fini di comprensione della storia.
Naturalmente, le storie di Sapkowski hanno ispirato gli sviluppatori anche nella realizzazione del protagonista e delle sue abilità, legate, come già accennato, all’alchimia, la magia e l’uso delle spade. A ognuno di questi campi corrisponderà un nutrito gruppo di talenti racchiusi in rispettivi schemi ad albero, grazie ai quali potremo prediligere lo stile di gioco che preferiremo. Si può scegliere tra una vastissima gamma di capacità, attive e passive, tant’è che eccellere in ciascuna disciplina è matematicamente impossibile. Non si intimorisca chi ha paura di non poter scegliere la propria classe a piacimento: per certi versi, le opzioni di sviluppo di The Witcher 2 sono di gran lunga più vaste rispetto alla media; solo, sono di natura differente.
Ai fondamentali talenti si accostano le abilità, le quali, a differenza di quanto accade in molti giochi di ruolo, non sono direttamente personalizzabili dal giocatore. Piuttosto, la loro progressione è legata alle quest che Geralt completerà, agli oggetti che troverà e ai comportamenti che adotterà. Ricorrere alla diplomazia in un dialogo, ad esempio, aumenterà istantaneamente la nostra esperienza in quel campo, ma ci precluderà inevitabilmente lo sviluppo massimo dell’abilità intimidatoria.
A chiudere il ricco carnet di opzioni, c’è un vasto gruppo di power-up in grado di migliorare la qualità di armature e armi, nonché di Geralt stesso. Dopo le prime ore di gioco, infatti, si entrerà in possesso dei Mutageni, sostanze in grado di alterare geneticamente il corpo dello strigo, rendendolo più coriaceo o maggiormente performante in combattimento.
L’Arte dalla Polonia
Nessuna recensione degna d’essere chiamata tale potrebbe omettere quello che, a tutti gli effetti, costituisce uno degli elementi più affascinanti di questa produzione polacca. Stiamo parlando, naturalmente, della sua realizzazione artistica, curata sin nei minimi dettagli, a partire dalla colonna sonora per arrivare alla stessa scatola.
In termini grafici, The Witcher 2 segna un decennio. Non tanto quello che si è appena concluso, ma quello che si prospetta all’orizzonte. Il Red Engine stabilisce nuovi standard e lascia assaporare ciò a cui probabilmente dovranno adeguarsi tutti gli altri titoli Tripla A. A parte l’ottimo lavoro svolto dagli sviluppatori con l’illuminazione, le texture e i modelli poligonali, l’intero mondo che fa da teatro al gioco traspira realismo e profondità. Vagare per le città è un vero piacere: ognuno è indaffarato a modo suo e segue la propria routine con animazioni realistiche e piacevoli. Gli interni e gli esterni sono stati evidentemente realizzati uno per uno, ciascuno con la medesima cura. Potete dimenticare le “finte foreste” e le ambientazioni ridicolmente riciclate di Dragon Age II , perché in ogni angolo di Assassins of Kings c’è qualcosa di bello da guardare e da ammirare, che sia un paesaggio o una catapecchia.
Anche giocato a livello di dettaglio minimo, il titolo è un vero spettacolo e qualitativamente anni luce lontano da qualunque altro videogioco. Persino Crysis 2 a fatica riesce a competere, graficamente, con l’opera firmata da CD Projekt . Tutto questo, ovviamente, a patto d’avere una macchina piuttosto performante, non solo che rientri nei requisiti minimi, ma che sia anche in grado di attutire la povera ottimizzazione del motore, che potrebbe mettere in difficoltà persino i sistemi più recenti. Il motore è fortemente orientato sulle GPU, piuttosto che sulle CPU, ed al momento presenta alcuni bug con le configurazioni Sli e Crossfire, ma è tutto sommato godibile anche per computer risalenti a due-tre anni fa, a meno che non si voglia fare a meno dell’UberSampling, opzione grafica che spinge il motore a renderizzare quattro volte ciascuna immagine, incrementando incredibilmente la qualità video a spese delle prestazioni. Nel momento in cui scriviamo, comunque, una patch è in dirittura di arrivo, e stando a quanto annunciato risolverà gran parte dei problemi relativi alle performance.
All’impeccabile resa estetica si accosta un comparto audio meraviglioso, reso tale da una colonna sonora originale e un doppiaggio (inglese) degno di una produzione cinematografica; è possibile anche scaricare le voci originali in polacco, conservando naturalmente i sottotitoli in italiano.
Infine, ci sentiamo di lodare e di incoraggiare la cura per la scatola e per i contenuti extra dimostrata tanto dagli sviluppatori che dal distributore, Namco Bandai . La versione “liscia” del gioco, infatti, comprende un making of, la colonna sonora, una mappa, un pamphlet, una moneta temeriana e persino un walkthrough completo di tutte le quest: il tutto in un elegante cofanetto rigido, degno di una collector’s edition. Se non esiste un modo migliore di scoraggiare la pirateria, non riusciamo ad immaginarcelo, senza considerare che una serie di DLC totalmente gratuiti (di cui uno già disponibile) è stata annunciata dagli sviluppatori.
Concludendo…
Assassins of Kings è un’opera monumentale, assolutamente fuori da ogni comune parametro con cui il mercato degli ultimi anni ci ha insegnato a misurare la qualità dei Gdr. La non-linearità delle singole quest e della trama stessa, la completezza dell’esperienza offerta e la realizzazione artistica superba lo rendono praticamente un titolo imperdibile per chiunque possieda un computer più o meno recente. CD Projekt ha fissato nuovi standard nella storia dei videogiochi, non solo quelli di ruolo, riuscendo a confezionare una storia originale, matura e d’atmosfera, ma soprattutto interamente governabile dal giocatore. Immaginate di leggere un bellissimo romanzo fantasy, ma di avere totale controllo sulla storia: ecco, immaginatelo e, forse, avrete una mezza idea di cosa vi attende in The Witcher 2: Assassins of Kings .