Doom o Doom 4?

È stata una vera agonia per i fan. Nel 2008, quando il gioco si chiamava ancora Doom 4,  eravamo tutti eccitati dall’annuncio del ritorno di quello che è stato uno degli FPS più importanti di sempre. Passati gli anni e capito che ormai il progetto era fallito, le mie speranze erano lentamente morte e decisi quindi di trasferirmi su Brutal Doom. Per chi non lo sapesse, si tratta di una mod del primo Doom che rende il gioco 10 volte meglio di prima. In questa situazione di compromesso, i rumor di un reboot della saga non mi toccarono, specialmente visti i mezzi flop commerciali della ID Software (RAGE) e l’ala protettrice della Bethesda che, non so voi, ma a me non ha mai convinto troppo. Arriviamo al 2013: il progetto rinasce con una nuova direzione, motivata nel cercare un vero spirito capace di caratterizzare quel gioco che quando ancora si chiamava ancora Doom 4 era stato definito “terribilmente scriptato e banale”. E se il titolo ora è orfano di quel suggestivo numero “4”, che serviva a ricordarci incidenti di percorso come il terzo capitolo, in questa nuova incarnazione Doom ha guadagnato qualcosa di molto più importante: uno spirito brutale e selvaggio.

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DoomGuy is back wankers!

Vi ricordate Duke Nuke Forever? Sì? Sto ridendo anche io a ripensarci. Vi ricordate come l’ultima avventura del Duca fosse uno straccio mal modernizzato e senza personalità?
Ecco. Non è il caso di Doom. Non so cosa sia successo al gruppo di Carmack e soci ma, magari aiutati da un mix di droghe e rabbia repressa, hanno tirato fuori un titolo che definire fuori di testa è oltremodo limitante. Arrivati al menù principale avremo a disposizione tre “macro” scelte: Multiplayer, Campagna e Snapmap. Giustamente mi sono gettato a capofitto sulla campagna selezionando il terzo livello di difficoltà (su un totale di cinque), che tra l’altro vi consiglio caldamente visto il divertimento e la sfida che ha regalato ai miei scontri. Il concetto di questo Doom è chiaro sin dal prologo: neanche 10 secondi dopo che ho premuto il tasto start, il gioco ha visto il nostro DoomGuy legato e disarmato, in balia di diversi demoni. E non è stato uno di quei noiosi intro pieni di script, perché il protagonista appena riuscito a liberarsi (ricordate, sempre nell’arco di 10 secondi) afferra la prima arma che trova e da lì passa al controllo del giocatore. E diamine che goduria. Il gameplay alla mano è frenetico, furioso e appagante, sulla scia di quel concetto di FPS old school che è andato ormai perduto da tempo. Per farvi un esempio, il movimento del personaggio è fluido e veloce, in conseguenza della saggia scelta degli sviluppatori di non includere un tasto per la corsa, bensì di lasciare il controllo del movimento in base alla scelta dal giocatore. Allo stesso tempo, non ci saranno tempi di ricarica per le armi, che potranno essere alternate mediante un menù circolare che rallenterà il tempo del gioco, senza quindi interrompere davvero gli scontri. L’unico vero cenno moderno che Doom si concede riguarda le uccisioni brutali, delle vere e proprie “fatality” eseguibili una volta che il nemico avrà perso una certa quantità di vita. Per chi non apprezzasse l’idea, comunque, sarà possibile disabilitare la cosa nelle impostazioni. La particolarità di Doom è proprio questa, non riesce mai a stare fermo: è un’esperienza costantemente in movimento, che non si sofferma troppo sulle pause e ha fretta di catapultare il giocatore nel prossimo e sanguinoso scontro. Proprio l’esempio del prologo fa ben capire come la filosofia del gioco sia quella di non badare a ciance e di andare dritto al sodo, tanto che la storia di fondo viene a malapena citata non soltanto all’inizio, ma per tutta l’intera l’esperienza. Perché la storia qui è semplicemente un espediente, una trama scialba e superficiale, con tre personaggi in croce che possono essere tranquillamente ignorati, proprio come fa il nostro silenzioso protagonista. Quest’ultimo, con le sue azioni guidate da rabbia e disinteresse, pur senza parlare riesce a essere più esplicito che mai, concentrandosi unicamente su ciò che i fan della saga desideravano per davvero: armi più grosse per eliminare demoni ancor più assatanati.

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Gli scontri si svolgeranno principalmente in grosse arene disseminate di demoni e corridoi. Spesso incapperete in bozzoli demoniaci che continueranno a vomitare mostruosità a ritmi serrati, pertanto dovrete stare attenti a sbarazzarvene il prima possibile, per non sprecare vita e munizioni, che saranno sì presenti qua e là, ma mai in quantità eccessive. Le mappe sono complesse e presentano una certa verticalità di fondo che renderà gli scontri più interessanti, così come l’esplorazione più complessa: visitare ogni anfratto dei livelli ripaga infatti con power up momentanei (il berserk è spettacolare, vi permetterà di giustiziare ogni nemico a pugni), ma anche con la scoperta di punti strategici utilissimi per gli scontri più complicati, specialmente da metà gioco in poi. Le mappe nasconderanno inoltre armi, segreti e potenziamenti, di solito situati dietro porte sigillate che necessiteranno di particolari tessere per poter essere attraversate. Per quanto riguarda i potenziamenti, potremo contare su una buona varietà: da una parte avremo dei nuclei dedicati all’armatura, attraverso i quali potremo modificare parametri unici come salute o corazza; dall’altra avremo due differenti tipologie di punti appositamente dedicati alle armi e allo stato del personaggio. Questi punti potranno essere acquisiti completando le missioni e le sfide secondarie, e permetteranno di rinforzare, per esempio, la velocità del personaggio o il power up delle armi. Tuttavia, per accedere a quest’ultimo fattore dovranno prima essere recuperate le mod, piazzate su dei piccoli droni che svolazzeranno liberamente per le mappe. Queste mod delle armi sono decisamente interessanti, ma soprattutto possono essere sostituite in qualsiasi momento da parte del giocatore, che avrà quindi completa libertà nel gestire gli scontri. Le armi sono circa una decina, alcune delle quali semplicemente epiche, come nel caso della BFG, che ha saputo regalarmi delle belle soddisfazioni riuscendo a sterminare un intero esercito di demoni con un singolo colpo ben piazzato. A proposito dei demoni: il design e la varietà sono ottimi (specialmente per i boss), ma non aspettatevi troppo nelle prime due orette di gioco, durante le quali i nemici (così come gli scenari) saranno abbastanza contenuti e limitati. Subito dopo, però, Doom ingrana alla grande, e verso il “giro di boa” diventa un vero e proprio pandemonio. Il motivo per cui il gameplay è così ben riuscito non è tanto per l’assenza della rigenerazione della vita, o della presenza di oggetti raccoglibili, ma piuttosto per la presenza di un equilibrio e una cura che, uniti all’appeal che è stato ricreato, rendono ogni scontro una goduria. Per intenderci: se vi ritroverete a corto di vita, portando a termine un’uccisione brutale otterrete più medikit; se sarete a corto di munizioni, usando la motosega, oltre a un’uccisione spettacolare otterrete cascate di proiettili. E quanta violenza. ID Software non si è contenuta sul gore e ci ha regalato uno dei giochi più violenti di sempre. Giuro: vi renderete conto di essere così brutali da chiedervi se, in realtà, all’inferno non ci siano finiti quei miseri demoni che state massacrando.

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You can either die as Doom, or live long enough to become Call of Duty

È proprio un vero peccato che con una campagna così ben riuscita il multiplayer non riesca a reggere il confronto. Specifico che questo comparto è sviluppato da un team a parte (oltretutto lo stesso che ha lavorato al multiplayer di Halo 5), ma è fin troppo palese come il formato online risulti eccessivamente semplice e commerciale, andando a ripescare qua e là elementi che già caratterizzano altri FPS. Ecco dunque modalità classiche come i deathmatch e gli scontri a squadre, nei quali avremo modo di muoverci in una discreta quantità di mappe adoperando differenti classi personalizzate. In alcune particolari occasioni sarà anche possibile trasformarsi in demoni. Quest’ultimo è l’unico elemento che ha saputo davvero coinvolgermi. Il multiplayer di Doom fallisce nel trovare un equilibrio tra il gameplay old school (fin troppo lento negli scontri online) e gli elementi moderni come le classi e l’avanzamento del personaggio. Nel complesso non si tratta di un completo fallimento, perché le ore di divertimento non mancheranno e le potenzialità della modalità Snapmap (facile editor che permette di creare mappe personalizzate e nuove modalità multigiocatore) non sono da sottovalutare, tuttavia, con nomi del calibro di Overwatch e Battleborn in circolazione, viene da chiedersi quanto questo multiplayer riuscirà a mantenere effettivamente vivo l’interesse dei giocatori. Sul fronte tecnico abbiamo finalmente una versione stabile e ottimizzata dell’ID Tech. Dimenticatevi le magagne di RAGE, perché attraverso le ampie impostazioni visive potrete raggiungere ottimi compromessi anche per i pc non di prima fascia. Nel caso siate determinati a spingere il gioco al limite – la leggendaria modalità Nightmare Ultra a 4K – sappiate che per farlo vi servirà una scheda video con almeno 5 gb di memoria dedicata. Ritenetevi avvertiti. Messe da parte le rassicurazioni tecniche, a livello di qualità visiva Doom offre scorci spettacolari e dettagliati. Poligoni, texture, ombre ed effetti di luce sono notevoli e finalmente caricati in tempo reale, al contrario del buon vecchio RAGE che forse sto citando un po’ troppe volte. Non si tratta del motore grafico mostruoso e “avanti” che forse qualcuno si aspettava, ma la maggior parte degli elementi convince, specialmente l’uso dell’aliasing, lo stream delle texture e gli effetti di luce, il tutto alla bellezza di 60 e passa fps. Il risultato definitivo, al di là di qualche texture un po’ scialba, è quindi eccellente, e l’aggiunta di un design “vivo”, perfettamente caratterizzato e accattivante rende il comparto visivo di Doom una vera gioia per gli occhi. Il comparto audio, inoltre, è quasi divino. Con quell’industrial-metal così pompato e orecchiabile, la sezione sonora di Doom dà vita e fibra al gioco, inondando il giocatore di dosi massicce di adrenalina e testosterone. Davvero complimenti al compositore. Peccato per alcuni effetti sonori delle armi poco convincenti, e per qualche sporadico bug che causa l’interruzione dell’audio per qualche secondo.

QItfrgCConcludendo…

Sarò sincero: ho amato questo gioco. È arrogante, brutale e ignorante nel suo modo di porsi, andando più e più volte a sputare in faccia alle convenzioni videoludiche moderne, così ossessionate dalla regia e dalle storie, quando a volte bastano solo un gameplay curato e tanta spensieratezza per essere un bel videogioco. Doom fa questo. Esce dalle masse di prodotti cinematografici e impegnati, getta subito nella mischia e lo fa con uno stile e una passione che non vedevo da un bel pezzo. Il multiplayer è sì deludente, ma la campagna, con la sua decina di ore, è una delle migliori che mi sia mai capitato di giocare in uno sparatutto. Questo, unito all’ottima realizzazione tecnica e alla grande quantità di contenuti, rende in definitiva Doom un titolo da non perdere, che siate amanti – come me – dei vecchi episodi o che siate semplicemente amanti del divertimento. E qui c’è. Quello vero.

CI PIACE
  • Gameplay fenomenale e tanti contenuti da sbloccare
  • Campagna epica e piena di divertimento e gore
  • Bellissimo comparto tecnico. Chapeau al sonoro
  • Snapmap intrigante e ricco di potenziale
NON CI PIACE
  • Multiplayer banale e senza una sua identità
  • lo stile old school non sarà apprezzato da tutti purtroppo
Conclusioni

Forte di una campagna spettacolare e di un gameplay epico, Doom segna un glorioso ritorno nel mondo dei videogiochi. Avvalorato da un’ottima realizzazione tecnica e, in parte, penalizzato da un multiplayer non all’altezza del resto, siamo di fronte a uno dei migliori sparatutto degli ultimi anni.

9Cyberludus.com

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