Il passato non può tornare
Premesso che ogni singolo titolo in redazione viene accuratamente testato e valutato in maniera oggettiva e con la mano (sul pad) ferma, l’arrivo di un nuovo capitolo di Resident Evil sulla scrivania rappresenta il principio di uno stato di ansia inguaribile. Dopotutto, quella di Capcom è una serie che, nell’ormai lontano 1996, fece la storia del genere survival horror (termine coniato per la prima volta nel 1992 con il primissimo capitolo di Alone in the Dark). Non sembrano poi cosi lontane quelle lunghe serate passate a investigare tra le sale lussuose e silenziose di antiche ville in rovina, armati solo di pistola con poche munizioni, accompagnati dalla nostra paura e osservati dall’alto, come se quelle favolose e indimenticabili inquadrature cinematografiche ? rese sublimi dagli ambienti pre-renderizzati e dalle telecamere fisse- ci spiassero, in attesa dell’arrivo dell’ennesimo zombie dietro l’angolo, pronto a farci la pelle. Eppure di tempo ne è passato: con l’arrivo del quarto capitolo, la serie ha cambiato completamente registro, prediligendo l’azione e accantonando il terrore. Una miscela blasfema per gli appassionati, ma fruttuosa economicamente a tal punto da realizzare Resident Evil 5, il primo capitolo che, senza mezze misure, taglia il cordone ombelicale: ambienti soleggiati, nemici anche fin troppo intelligenti e armati fino ai denti e la totale perdita delle atmosfere lugubri e raccapriccianti. Dall’inizio di quest’anno, Capcom ha iniziato una campagna pubblicitaria mastodontica, degna di un vero e proprio colossal, propagandando senza sosta lo slogan "Questo sarà il survival horror definitivo", grazie alla promessa di un ritorno alle origini, infarcito da un gameplay rinnovato, da un comparto tecnico al top e da situazioni mai viste nella serie. In sintesi, il Resident Evil più vario e spettacolare di sempre. Il titolo è arrivato nei negozi da qualche giorno, e dopo averlo testato vogliamo rispondere ancora prima di iniziare la recensione alle domande che attanagliano tutti i giocatori che non hanno ancora messo le mani su questa ultima fatica del colosso nipponico. Resident Evil 6 rappresenta davvero un ritorno alle origini? E’ davvero il capitolo più rivoluzionario e spettacolare di sempre? Le risposte sono no e si. No, Resident Evil 6 non spaventa e non ricorda minimamente i vecchi capitoli, compresa la tanto chiacchierata e osannata campagna di Leon Kennedy. Si, Resident Evil 6 vanta una regia senza precedenti nella saga e sfoggia una spirale di momenti epici, di sicuro impatto emotivo e dal forte taglio cinematografico. Due esiti diversi, come due sono le nature di questo capitolo, parallele ma diametralmente opposte, sia nel bene che nel male. Scopriamo insieme come e perché.
Come in un film
La storia di Resident Evil 6 vanta un cast d’eccezione: ben sette protagonisti per quattro campagne distinte. I nostri eroi saranno però destinati a incrociarsi più volte scenario dopo scenario, colmando cosi i buchi temporali che irrimediabilmente troverete nel corso delle quattro campagne. Ciò che le accomuna è il letale Virus C, la nuova e catastrofica scoperta batteriologica, creata questa volta dalla Neo-Umbrella. Il nuovo flagello bioterroristico sconvolge diversi paesi del mondo (ormai annichilito dalle B.O.W. vendute illegalmente), in particolare l’Europa dell’Est, la Cina e persino gli Stati Uniti. Il virus è arrivato alla Casa Bianca, dove Leon S. Kennedy è costretto a sparare al Presidente, trasformato ormai in zombie. L’ex poliziotto di Raccoon City deve scoprire chi si cela dietro l’attacco e la sua collega, la misteriosa Helena Harper, sa fin troppe cose, a tal punto da assumersi la responsabilità dell’attentato. Nel frattempo, Chris Redfiled passa le sue giornate a bere fino allo sfinimento: i ricordi traumatici della sua squadra uccisa per colpa di una misteriosa donna, lo hanno cambiato per sempre. Sarà Pears Nevans della B.S.A.A. a ricordagli il suo valore patriottico e a spingerlo a tornare a combattere in Cina, dove le B.O.W. stanno massacrando l’intero paese, dove la squadra ha avvistato la (si presume) responsabile della tragedia in Edonia e della diffusione del Virus G: Ada Wong, che Chris vuole morta. Nella regione dell’Edonia infine, l’agente speciale Sherry Birkin (si, proprio lei) trova Jake Muller (nientepopodimeno che il figlio di Albert Wesker). L’avido mercenario, grazie alla sua preziosa eredità genetica è totalmente immune agli effetti del Virus C, a tal punto che il governo è disposto a tutto per avere il suo sangue, mentre i terroristi lo vogliono morto. Per questo motivo i due super protagonisti (Sherry dal canto suo vanta doti di autorigenerazione grazie a ciò che rimane del G-Virus nel suo corpo) sono inseguiti dall’insistente e micidiale Ustanak, una sorta di gigantesco Nemesis munito di un braccio pericolosissimo. La storia rappresenta uno dei punti di forza dell’intera produzione, non tanto per la sceneggiatura in sé (il solito rischio di un’apocalisse batteriologica orchestrato dall’ennesimo folle di turno. Il punto di forza sta nei mezzi usati per raccontarla: una regia cinematografica di prim’ordine per le cutscene, assolutamente superbe; situazioni epiche e degne dei migliori blockbuster movie di Hollywood e infine alcuni momenti davvero toccanti dal punto di vista emotivo. Alcuni personaggi sono davvero unici e faranno breccia nel cuore dei fan, inducendovi a sviscerare tutte e quattro le campagne per comporre i puzzle di questo mosaico narrativo, non indimenticabile, ma sicuramente appagante. Unica nota negativa: si sente la mancanza di veri e propri antagonisti cattivi, decisamente meno carismatici rispetto ai celebri e immortali villain della serie, come Albert Wesker o i gemelli Ashford.
Gemelli diversi
Valutare il comparto tecnico di Resident Evil 6 risulta praticamente un’impresa, a causa del dualismo pregi/difetti onnipresente, pixel dopo pixel, per tutta la durata del gioco. La versione da noi testata è quella Playstation 3. Inizialmente incantati dalla gradevole e dinamica schermata dei menù e dalle primissime e ottimamente realizzate cutscene, ci accorgiamo dopo le prime schermate di gioco che qualcosa non quadra. Anzitutto i modelli poligonali: da un lato ammiriamo la splendida modellazione caratterizzata da un realismo visibile nelle vesti dei protagonisti, che si muovono nelle zone ventose e si bagnano abbondantemente se fradice. Per non parlare del sudore quando corrono o sono vicino al fuoco o dello sporco e del sangue quando combattono. La magia si spezza non appena notiamo l’effetto "plastica lucida" , soprattutto sulle chiome dei personaggi femminili, che sembrano piene di balsamo. Alcune animazioni sono realistiche e fluide, come il calcio e la scivolata. Altre sono decisamente legnose e obsolete, come la scalata o la corsa (soprattutto nello scenario di Jake). Gli scenari di gioco godono di un motore grafico apparentemente solido: scenari ampiamente dettagliati, natura dinamica e una buona effettistica. Ma ecco che di tanto in tanto noterete texture sgranate, improvvisi picchi di luce/buio al vostro passaggio. La varietà delle location spazia da ambienti ispirati e lugubri, come cimiteri, fogne e città in fiamme, a lande ammantate dalla neve e metropoli cinesi, fino ad arrivare alle classiche basi top secret ricche di congegni supertecnologici. Il tutto impreziosito da tantissimi dettagli. Un plauso va invece alla maggior parte del bestiario nemico: questo capitolo vanta B.O.W. a iosa, alcune delle quali mastodontiche e raccapriccianti, in particolare i boss. Altre invece disturbanti, soprattutto le varianti dei terribili J’Avo, in grado di autorigenerarsi attraverso ali, tentacoli, zampe e tante altre diavolerie. In un certo senso è che come se lo sviluppo di questo titolo fosse stato assegnato a team totalmente diversi, che hanno regalato altrettanti diversi risultati, sia positivi che negativi. Segnaliamo alcuni terribili momenti con la telecamera, a volte davvero frustranti, soprattutto durante le fasi scriptate, dove non avrete tempo per capire cosa fare e realizzare dove vi trovate. Apprezzabile ma non certo epico il comparto audio, ricco di pezzi bene arrangiati, ma non evocativi al tal punto da rimanere impressi nelle nostre memorie. Buono il doppiaggio in italiano (anche se abbiamo notato che di tanto in tanto le voci si alzano e abbassano improvvisamente) , che vanta voci come Claudio Moneta e Alessandro Rigotti. Tuttavia alcune interpretazioni sono poco ispirate e lontane anni luce dalla maestria del doppiaggio originale.
Un (piccolissimo) omaggio al passato?
Dopo il prologo, che fa ovviamente da tutorial all’intero gioco, si potrà scegliere tra ben tre campagne selezionabili sin dall’inizio, sia in singolo che in cooperativa locale a schermo condiviso oppure online. Sarà anche possibile scegliere chi tra i due personaggi per campagna (tranne quella di Ada) impersonare nella nostra avventura; il secondo personaggio a volte svolgerà azioni diverse rispetto al partner, come coprirlo con il fucile mentre è distante o soccorrere un civile mentre l’altro uccide i nemici. Naturalmente abbiamo iniziato con la campagna di Leon ed Helena, più volte considerata da Capcom come un ritorno alle origini. Un’affermazione a nostro avviso oltremodo esagerata. Indubbiamente gli scenari trasudano di vecchi richiami: ambienti lugubri, sporchi di sangue, avvolti nell’oscurità e nel silenzio, spezzato solo dalle grida improvvise dei superstiti e dai versi inquietanti degli zombie. Vanno benissimo anche le location, tra cui il cimitero, le fogne, che tra lampi, tuoni e ombre che appaiono all’improvviso, regalano sicuramente qualche momento di tensione. Abbiamo apprezzato soprattutto il livello ambientato tra le strade di Tall Oaks avvolte dalle fiamme, dove 70,000 mila contagiati non aspettano altro che sbranarci. Gli zombie sono tornati e sono decisamente più inquietanti di quelli del passato. Ma allora dove sta il problema? Il limite di questo scenario risiede nella quasi invulnerabilità dei protagonisti. Leon ed Helena insieme formano una coppia di supereroi: oltre a maneggiare perfettamente le armi da fuoco, sono in grado di sferrare calci (potenziati se effettuati dopo uno sprint), di scivolare, piegarsi e rotolare. Anche il senso di smarrimento svanisce per colpa del nostro utilissimo palmare che, sulla falsariga di quanto accade in Dead Space, ci segnalerà in qualsiasi momento il percorso da intraprendere. E facciamo quindi "ciao ciao" ai livelli labirintici e intricati. Per di più, grazie alle quick time event, sono in grado di evitare la maggior parte degli abbracci e dei morsi e affettuosi dei non morti. Le sequenze sono splendide da un punto di vista cinematico (vedere Leon decapitare zombie, schiacciarli o sbatterli al muro fa il suo effetto). La tensione permane, certo, ma la paura è tutto un altro discorso. Il nostro consiglio è impostare un livello di difficoltà elevato, per godervi al meglio quel piccolo assaggio di survival horror, che dura davvero poco. Anche gli enigmi in questa sede deludono, per nulla complicati e fin troppo intuitivi. Il tentativo, nonostante tutto, intriga e regala qualche sorriso, ma di certo nessun urlo di terrore.
?.per ritornare all’inevitabile presente?
Eravamo stati avvisati: lo scenario con Chris e Pears strizza l’occhio a Call of Duty. Preparatevi quindi all’azione senza respiro, all’appoggio del vostro partner e a volte dell’intera squadra, all’utilizzo di mezzi (persino un aereo da combattimento!) e tutto il repertorio al completo. E sia. Il problema è che come sparatutto in terza persona è inconcepibile ritrovarsi anzitutto con poche munizioni, quando la minaccia da affrontare si traduce in orde di nemici (i temibili J’Avo) armati di mitra, lanciafiamme e in grado di rigenerarsi e sostituire le proprie parti del corpo con ali, zampe di ragno, braccia estendibili e altre diavolerie. Non ha senso gettare le basi per creare un vero e proprio TPS per poi limitarlo facendo un passo indietro. A complicare la situazione ci pensa il pessimo sistema di coperture, che vi costringerà a tenere diversi tasti contemporaneamente per mettervi al riparo. Spiare dietro gli angoli e sparare sarà un’impressa epica, a causa di controlli decisamente macchinosi e obsoleti. Se pensate inoltre che, in modalità cooperativa, non potrete mettere "mai" in pausa il gioco, il nervosismo potrebbe raggiungere picchi elevati. Per giunta, il menù (che cambia a seconda della campagna) degli oggetti non risulta proprio veloce e facilissimo da usare, anche perché il gioco non andrà in pausa quando lo consulterete. E’ vero che adesso le erbette si assumono tramite compresse attraverso un semplice tasto, ma è altrettanto vero che prima dovrete combinarle in tempo reale, a vostro rischio e pericolo nel caso ci fossero nemici di troppo nelle vicinanze. Sappiate anche che, in cooperativa, il gioco non può essere messo in alcun modo in pausa. In tutto questo, i livelli sono lineari al massimo; giusto una strada secondaria per trovare un cassa da aprire, nulla di più. Come premio di consolazione, potrete acquistare (raccogliendo gli oggetti sparsi per i livelli e lasciati cadere dai nemici) le abilità a fine livello: esse spaziano dalla quantità dei caricatori delle munizioni, alle capacità curative del partner, a migliori attacchi nei confronti dei nemici. Possono essere assegnate solo tre abilità per volta. Onestamente ci manca il caro e vecchi mercante di Resident Evil 4. Capcom ha voluto osare, ma non fino in fondo.
..ma in favore di qualcosa di insolito..
Quella di Jake e Sherry rappresenta indubbiamente la campagna più stravagante se consideriamo il contesto. Dopo una spruzzata di survival action con Leon e la massiccia dose di sparatutto in terza persona con Chris, si passa ad una vera e propria avventura action. Diciamo sin da subito che nemmeno qui si respira aria di survival horror, ma nemmeno l’azione patriottica e militaresca dello scenario precedente. Sembra di trovarsi in uno spin-off (bruttino in confronto a sua maestà Naughty Dog) di Uncharted. Sbruffone e impertinente come se fosse un cugino lontano di Nathan Drake, Jake ha sempre la battuta pronta, ma per fortuna anche i muscoli che sfoggia con gli attacchi corpo a corpo molto utili ed efficaci, soprattutto quando le munizioni scarseggiano. Peccato che le sue animazioni non siano altrettanto convincenti, a causa di una visibile legnosità non proprio trascurabile. Tra arrampicate, salti sui tetti, sezioni a bordo di moto e orde di J’Avo, questa campagna risulta decisamente più intrigante di quella del capitano Redfield, grazie ad una varietà di situazioni ben studiate (diverse fasi scriptate dove dovrete correre senza voltarvi e qualche fase platform in primis). Ma la ciliegina sulla torta è rappresentata dal "cugino" Tyrant di Nemesis, l’Ustanak, che rende tutto più intrigante. Le sezioni a lui dedicate sono le più coinvolgenti, e si traducono in uno spassoso quanto accattivante gioco tra gatto e topo (indovinate chi è il topo?).
.. e alla fine arriva il dessert (Ada) e anche la frutta!
Strano ma vero, la campagna accessoria, l’ultima annunciata, quella che credevamo fosse solo un piccolo omaggio ad uno dei personaggi più controversi e amati dai fan, risulta in effetti la migliore di tutto il pacchetto. Dovrete prima terminare le tre campagne per giocarci. Ada Wong è semplicemente irresistibile, non solo per il suo avvenente fascino, la risposta sempre pronta e il suo charme unico (e letale!), ma soprattutto perché giocare con lei è una goduria tutta da gustare. Siete da soli in questa campagna, di conseguenza sarà la più impegnativa, dato che le munizioni anche qui scarseggiano, alcuni nemici sono davvero tosti e infine la balestra (all’inizio) non sarà certo lo strumento più pratico e veloce per far piazza pulita di infetti. Ma qui entrano in ballo alcune fasi stealth, di cecchinaggio, salti nel vuoto con il rampino, inseguimenti; tutte trovate semplici ma efficaci per alimentare la voglia di proseguire. Per di più, gli enigmi sono in questa sede più ispirati e non di una semplicità disarmante come nella campagna di Leon (trova la chiave, apri la porta). Inoltre questo scenario è il più importante a livello di trama e colmerà tutte le volute lacune temporali degli scenari precedenti. Peccato che sia anche la campagna più corta. Chiudiamo la sezioni gameplay accennando agli extra. Anzitutto la cooperativa rende l’esperienza decisamente superiore rispetto alla campagna in singolo, nonostante la buona intelligenza artificiale dei nostri partner. Ma il massimo si tocca in determinati punti dell’avventura in cui ben quattro protagonisti si incontreranno e daranno la possibilità a ben quattro giocatori di affrontare determinate situazioni tutti assieme. Il risultato è positivo, anche se a dirla tutta vi ritroverete praticamente ad affrontare gli stessi nemici più di una volta. E’ vero che le campagne sono quattro, piuttosto lunghe e ciascuna con livelli propri, ma le ambientazioni sono più o meno le stesse ed anche gli esiti e questo porta con sé un leggero senso di "già giocato" mano a mano che si procede, anche se sotto diverse prospettive. Questo potrà incentivare molti giocatori, come annoiarne altri. Ritorna la modalità Mercenari, che non cambia registro: scelti i personaggi da impersonare dovrete fare piazza pulita di nemici nel minor tempo possibile, allo scopo di sbloccare extra e soprattutto punti abilità. L’ultima chicca è la modalità Caccia all’uomo: nei panni di uno J’Avo avrete la possibilità di rendere la vita impossibile ai protagonisti della storia, grazie alla possibilità di sfruttare tutte le variazioni del Virus C ben visibili su vostro corpo. E vi sveliamo una chicca: le azioni del nostro cattivo regaleranno un punto di vista tutto nuovo nelle varie campagne; che Leon e company stiano attenti! Intuirete quindi che stiamo parlando di una longevità che supera complessivamente le venticinque ore di gioco, che aumentano se consideriamo che l’acquisto e il potenziamento di tutte le abilità, la ricerca dei medaglioni azzurri, la conquista delle piastrine e non ultima la già citata possibilità di rigiocare anche con Helena, Pears e Sherry vi impegnerà intere giornate. Un traguardo difficilmente raggiunto in questo genere di videogiochi. Senza contare che Capcom rilascerà presto una manciata di contenuti scaricabili, tra modalità e (si spera) nuove espansioni per le campagne in singolo. Nel bene o nel male, di questo gioco se ne parlerà ancora per parecchio tempo.
Conclusioni
Come concludere questa recensione? Anzitutto chiarendo un punto ormai palese: Resident Evil 6 non è un survival horror. La migliore definizione per definire questo prodotto è: un’avventura action dalle tinte horror. Avventura perché c’è tanta esplorazione (anche se limitata dalla linearità dei livelli), enigmi (elementari per la maggior parte), alcune fasi platform e situazioni alla Mission Impossible. Azione perché le sparatorie frenetiche (caratterizzate da un mediocre sistema di coperture)e le scazzottate da vicoli bui vi perseguiteranno fino ala fine. Infine, le tinte horror sono rappresentate dalle atmosfere dei primissimi livelli, dalla tensione costante che aleggia ora dopo ora e dalle creature nemiche, assolutamente raccapriccianti. In effetti Capcom stessa (secondo noi) avrebbe difficoltà a definire questo prodotto, decisamente un ibrido, che offre di tutto e di più. Ma il troppo stroppia e Resident Evil 6 perde diverse volte l’equilibrio mentre si gioca: brilla per alcune atmosfere del passato, ma la luce è offuscata da un gameplay troppo permissivo per un survival horror. Lo stesso sistema di controllo però, risulta obsoleto invece nella campagna dedicata all’azione, azione già condannata perché responsabile del cambio di rotta della serie, e in questa sede non sviluppata nel migliore dei modi, trasformando questa campagna in un Call of Duty fatto male. Decisamente migliori le ultime due campagne, ma non abbastanza da risollevare gli animi di coloro che nell’espressione "Resident Evil" intravedevano ancora una speranza. Questo sesto capitolo taglia irrimediabilmente con il passato, senza voltarsi indietro. Ingoiato il boccone amaro, abbiamo di fronte un titolo tecnicamente non perfetto (anzi!), ma indiscutibilmente divertente e intrigante. E’ spettacolare, cinematografico, ricco di una varietà di situazioni impressionante e vanta una longevità mica da ridere. Se cercate un’esperienza emozionante questo è il gioco che fa per voi, a patto di non voltarvi mai indietro. Se cercate Resident Evil avete semplicemente sbagliato capitolo, dato che qualche livello, un po’ di oscurità e uno o due momenti impagabili, non bastano per accontentare milioni di fan. Questa è la duplice natura di Resident Evil 6: da un lato sappiamo già che farà successo e sarà probabilmente il capitolo più venduto nella storia della serie; dall’altro segnerà l’abbandono di una fetta di pubblico, ormai stanco di essere preso in giro.