Inutile girarci attorno, l’opera ludica digitale dei polacchi CD Projekt RED è uno dei primi esponenti di una nuova corrente del videogioco di ruolo. Forse perché il witcher Geralt di Rivia non vive all’interno di un fantasy stereotipato, costretto ad impugnare una spada e fare le veci dell’eroe di turno scagliandosi contro il primo drago che incrocia lungo il sentiero. Nossignore, il Lupo Bianco (uno dei molteplici soprannomi del protagonista) è un uomo che ha deciso di sottoporsi ad un terribile addestramento e subire svariate mutazioni alchemiche per diventare un cacciatore di mostri, lavoro assai redditizio, ma visto di traverso sia dalla gente comune che dai governanti locali.
Il re è morto, lunga vita al re!
Le vicende narrate in The Witcher 2 vertono sul peregrinare di Geralt per la turbolenta zona attraversata dal fiume Pontar (focolaio di guerre e giochi di potere tra i regni di Temeria, Kaedwen e Aedirn ) al fine di scoprire chi si cela dietro al regicidio di Re Foltest e altre “teste coronate”, così come riscattare il proprio nome mentre al contempo riemerge il tragico passato del protagonista che lui stesso sembrava aver dimenticato sin dal primo episodio della serie. Si tratta pur sempre di un medioevo originale ed alternativo dove la differenza risiede, com’è lecito immaginare, negli elementi fantastici. Eppure quest’ultimi ben s’innestano in quest’ipotetico periodo risalente attorno al XIV secolo, presentato dal punto di vista mitteleuropeo, distinguendosi più per l’eleganza e l’arguzia delle storie narrate che per le meccaniche ruolistiche o l’esplorazione. Dopotutto non siamo a Skyrim.
Tragedia in salsa polacca
All’inizio di ciascuno dei tre atti di The Witcher 2 si gettano le fondamenta dell’evolversi di svariate sottotrame, sempre introdotte con argomenti concreti e che spaziano dalla strategia militare alle situazioni politiche (per esempio si pensi al commento di Re Foltest sul funzionamento delle baliste durante l’assedio al castello di La Vallette nel prologo del gioco, uno degli innumerevoli e minuscoli dettagli tecnici che contribuiscono a plasmare l’ossatura dell’ambientazione). Proprio in virtù di quest’espediente narrativo il videogiocatore riesce a farsi strada in un mondo verosimile e coinvolgente, non un banale intruglio di quest principali e secondarie (molto variegate, dalla caccia ai mostri al recupero di artefatti ed ingredienti passando per una serie di minigiochi come braccio di ferro e il poker con i dadi dei nani), caratterizzato da complotti politici, vicende dinastiche, conflitti bellici, convivenza e intolleranza tra razze diverse: elementi di per sé credibili ed avvolti da uno strato superiore, una storia fantasy appunto. Una storia che spulciando il codex all’interno del gioco non è narrata dal protagonista o da un narratore onnisciente super partes bensì dal bardo Dandelion (uno dei comprimari di Geralt, che sovente arricchisce i testi con osservazioni personali frivole e inconcludenti) in cui le scelte morali hanno differenti declinazioni di grigio.
Infatti, ogni decisione intrapresa dal “nostro” Geralt non provoca sempre effetti immediati ed evidenti sul piano morale (nonostante non si discosti dal classico schema dei dialogo a scelta multipla) e l’assenza di una marcata scelta da “buono o cattivo” genera un reale pathos scongiurando l’adozione di un comportamento standard da parte del giocatore e costringendo quest’ultimo a riflettere e convivere con le proprie scelte, un po’ come il primo appuntamento romantico con una ragazza appena conosciuta. Persino la sessualità in The Witcher 2 è presente, ma non risulta mai volgare o pretestuosa come in altri GdR (pensate alle serie Mass Effect o Dragon Age di Bioware ). Ad esempio è possibile intraprendere del sesso mercenario, ma le sequenze più significative sono quelle con i comprimari del witcher (ho adorato personalmente quella con Triss all’interno delle rovine dei bagni elfici coperti da un soffitto a nervature sottili con motivi gotici fioriti che riesce a tradurre l’esatto gusto architettonico di quest’antica razza, NdR).
Cappa e spada, argento e acciaio
L’ Enhanced Edition non nasconde la sua natura hack’n’slash tout court del sistema di combattimento rustico in tempo reale (ma dotato di una pausa parziale che rallenta temporaneamente l’azione durante la selezione di armi e magie, che ricorda alla lontana il menù radiale di Dragon Age: Origins ). All’estrema versatilità tattica che consente di infilzare i nemici con fendenti acrobatici, bloccarli o stordirli con segni magici, trappole e bombe varie non corrisponde mai quella duttilità che trasformerebbe lo strigo di campagna Geralt in un Batman medievale col codino, passando così da un avversario all’altro con soluzione di continuità della schermaglia. Infatti, nell’enfasi dello scontro s’inanellano una serie di colpi di spada, s’intrecciano le lame durante le parate, si rotola via, si scaglia una magia o una bomba, si esegue una mossa finale se gli avversari sono storditi, ma la naturalezza dell’azione ha comunque subito troppe frammentazioni.
Inoltre sembra che The Witcher 2 prediliga gli avversari umani, in quanto maggiormente variegati nelle movenze (poiché sono gli unici in grado di parare, scagliare incantesimi e richiedere approcci differenti a seconda dell’armatura) nonostante l’abbondanza di quest che richiedano di cacciare nekker, endriaghe e boss mostruosi, la quintessenza del gioco. Le battaglie contro i boss in particolare sono avvincenti, si pensi al Kayran, durante la metà del primo atto: è possibile (ma non obbligatorio) ricorrere al segno Axii per imbrigliare il tentacolo da troncare oppure, con la dovuta preparazione e quest secondarie sfruttare una trappola artigianale, o ancora potenziarsi all’inverosimile con pozioni e unguenti prima dello scontro. Più il giocatore studia e scava nelle profondità di The Witcher 2, più quest’ultimo lo ricompensa in seguito con possibilità aggiuntive.
Non è tutto oro quel che luccica
L’estetica dell’ Enhanced Edition su Xbox 360 è ammaliante, con i suoi anfratti bui e scorci lussureggianti baciati dalla luce solare che varia a secondo del momento della giornata, mentre il cielo si colora a tinte rosee e azzurre. È probabilmente uno dei giochi esteticamente più curati sulla console di Microsoft, ma l’abisso con un PC di fascia medio-alta è dietro l’angolo, non si lasci fuorviare il videogiocatore (in)consapevole. Perché nonostante sia caldamente raccomandata l’installazione su hard disk, i problemi di tearing e fenomeni di pop-up delle texture permangono, ripresentandosi ogni tanto.
Tanti pregi e più di un difetto
Non mi stancherò mai di tessere le lodi del secondo capitolo del protagonista nato dalla penna di Andrzej Sapkowski, dai capelli bianchi e gli occhi simili a quelli di un felino, ma nemmeno esimermi dal trattare alcune brutture. Innanzitutto si avverte sin dalle prime ore di gioco una dose massiccia di backtracking, causato dall’assenza di un autentico free-roaming. Infatti ciascuno dei tre atti è sviluppato intorno ad un centro abitato, un hub principale colmo di barriere architettoniche, dislivelli e ostacoli che purtroppo generano la sensazione a tratti di essere all’interno di un plastico vivente (e a volte non si riesce a capire subito dove dirigersi per il proseguo di una missione, a causa dell’inutilità della minimappa e dell’imprecisione del segnalino delle missioni). E se in Skyrim era possibile gettarsi da una scarpata, a discapito dell’incolumità del proprio alter ego digitale, Geralt non può cadere giù oppure arrampicarsi su un dislivello se non in luoghi appositamente previsti. Infine, perché il pessimo sistema di raccolta del bottino costringe a raccogliere ogni oggetto anziché uno per volta, ritrovandosi costantemente sovraccarico ad ogni piè sospinto? E perché implementare un sistema di autosalvataggio piuttosto avaro, costringendo il giocatore a ricominciare un’intera missione dall’inizio?
Concludendo…
The Witcher 2 Enhanced Edition è, in ultima analisi, un gioco di ottima fattura, una pietra di paragone per i GdR a venire. Perché è possibile liberarsi da innumerevoli fardelli nel gameplay senza perdere l’originalità e soprattutto la maturità nei temi e nella narrazione. Come ha testé dimostrato un manipolo di sviluppatori illuminati…