Cambio di “residenza”** **
Già lo splendido Resident Evil 4, per quanto notevole in ogni sua sfaccettatura, ha rappresentato un chiaro messaggio da parte di Capcom ai giocatori: la serie Resident Evil non sarebbe mai stata più la stessa. Dopo anni di inquadrature cinematografiche degne di George Romero, pochissime munizioni, location sconsigliate ai deboli di cuore e un sistema di controllo volutamente macchinoso, per rendere il giocatore impotente e sottomesso alla paura più nera, il colosso nipponico ha detto basta con il genere survival horror. E’ cosi che il nostro immaginario, che pullulava di ville sinistre e pericolose, nascoste nella fitta vegetazione a due passi da una città assediata da orde di zombie famelici e armi batteriologiche provviste di zanne e artigli, si è dovuto scontrare con la dura realtà, simboleggiata dalla direzione marcatamente e definitivamente action di Resident Evil 5.
Lo stesso discorso vale per il sesto capitolo: Capcom, senza troppi giri di parole, ha dichiarato che la serie dovrà competere con brand del calibro di Call of Duty e l’impronta action sarà la regola, anche in futuro, dove l’obiettivo primario sarà vendere a più non posso, dato che il genere horror non fruttava più alle tasche non ancora troppo piene dei piani alti.
Questo preambolo è importantissimo per tentare di comprendere e valutare Resident Evil: Operation Raccoon City per quello che è: uno spin-off della serie sviluppato da Slant Six Games , che segue alla lettera la nuova politica di Capcom. Ingoiato il boccone amaro e assodato che questo nuovo capitolo di Resident Evil porta solo il marchio (ed è solo per questo che venderà milioni di copie), possiamo preoccuparci di analizzare questo titolo e scoprire se la formula ” Spara in compagnia tutto quello che si muove” funziona a dovere.
Con gli occhi della Umbrella** **
Operation Raccoon City è a tutti gli effetti uno spin-off della serie, a cavallo tra il secondo e il terzo capitolo. Facciamo un po’ di ripasso: le vicende ruotano ovviamente attorno alla imponente casa farmaceutica Umbrella Corporation, una multinazionale che ha le mani dappertutto e che in gran segreto finanzia esperimenti illegali per creare armi batteriologiche distruttive da vendere al migliore offerente. Peccato che la presunzione, il doppio gioco e l’inaffidabilità, hanno portato ai disastrosi eventi di villa Spencer nel primo episodio (che non vi sveliamo naturalmente) e hanno costretto il colosso a prendere seri provvedimenti per nascondere le prove della propria responsabilità sull’accaduto. Per questo motivo la squadra Delta della Security Service, guidata dal celebre Hunk, viene inviata per ricongiungersi con il team Alpha: l’obiettivo della missione è insabbiare la vicenda, occultare le prove, mettere a tacere i superstiti e soprattutto recuperare il prezioso G-Virus (evoluzione del Virus-T e decisamente più instabile) creato dal dottor Birkin. La situazione precipita, il virus si diffonde a macchia d’olio e la città di Raccoon City diventa un circo ambulante di morti che camminano, pronti ad affondare carne umana sotto i denti.
Nulla di nuovo per i giocatori che hanno giocato RE 2 e Nemesis: la novità sta nel fatto che vivrete l’esperienza sotto gli occhi del nemico e beniamini come Leon Kennedy e Claire Redfield saranno solo bersagli da terminare.
Il tutto si traduce però in una trama abbastanza piatta, che desta attenzione solo grazie ai pregevoli filmati d’intermezzo, che vedono i protagonisti scontrarsi con i nostri (ex) eroi superstiti del contagio o con boss storici, come il terribile Nemesis o il letale Tyrant.
I protagonisti sono semplici mercenari senza carisma, esclusivamente interessati al denaro e a concludere la missione quanto prima. Personalità stereotipate al massimo naturalmente: c’è la combattente figa dal grilletto facile e dalla parolaccia pronta, il medico premuroso e cauto, il bullo tutto muscoli, il furbo che si mimetizza e poi attacca e via discorrendo. Nessuno di loro sostituirà i “veri” protagonisti: la cosa ironica sta nel fatto che arriverete ai titoli di coda solo per rivederli nelle varie cut-scene e non certo per sapere cosa accadrà alla nostra squadra!
Ricordi sbiaditi
Se Slant Six Games ha totalmente centrato l’obiettivo sul fronte del gameplay (rendere questo spin-off interamente action), lo stesso non si può dire per il comparto tecnico. In pieno 2012 e in una serie come questa, che tecnicamente è sempre stata al top, è inconcepibile ritrovarsi nel bel mezzo di una città totalmente diversa da come ce la ricordavamo. Scenari poveri di dettaglio e poco reattivi ai proiettili delle armi da fuoco; colori slavati, effetti particellari datati e una cappa di grigiume fin troppo accentuata (nemmeno fossimo a Silent Hill). Inoltre, la voluta oscurità potrebbe costringere più di un utente a cambiare non solo i settaggi standard del gioco, ma anche quelli della vostra tv. Se tutto questo potrebbe essere giustificabile in un survival horror, dove l’oscurità è parte integrante dei sadici meccanismi di terrore orchestrati dagli sviluppatori di turno, in un action dove bisogna sparare per non essere sparati o affettati, si rischia di perdere la partita (per non parlare della vista) se il nemico è distante o in una zona sopraelevata. Più che sufficiente il level design: strade della città immerse nel caos più totale, edifici pattugliati dalle squadre di soccorso, cimiteri e ovviamente location storiche, come il municipio, l’ospedale e la stazione di polizia. Abbiamo apprezzato anche le insegne (come quella del negozio di Kendo) che innescano non poca nostalgia.
Piacevole anche il lavoro svolto sui nemici, assolutamente gradevoli e caratterizzati da un design rinnovato e decisamente più inquietante e minaccioso di come ricordavamo: i licker e gli hunter incutono ansia oggi come allora e l’avanzare incessante di alcuni boss verso di voi riserveranno momenti piacevoli da gustare. Peccato che il lavoro svolto sulle animazioni sia lacunoso e vedere cadere a terra i nemici come se fossero birilli o peggio, in preda a una crisi isterica, non rappresenta il massimo del realismo. Chiudono il cerchio le compenetrazioni poligonali, inevitabili per tutto il gioco e i caricamenti a volte troppo lunghi.
Buono il comparto audio: le musiche e i pezzi scelti svolgono il loro dovere e risultano adatti ad ogni situazione, sia essa una fuga contro il tempo o una sparatoria senza quartiere. Anche il campionario suoni funziona egregiamente, grazie agli effetti realistici relativi alle armi e alle munizioni, agli inquietanti versi di zombie e B.O.W. e all’affanno dei membri della nostra squadra, soprattutto se messa alle strette. Godibile l’inaspettato doppiaggio in italiano, una novità per la serie (inaugurata con Revelations), anche se non mancano urla e conversazioni un po’ troppo forzate e prive di patos, ma nulla di cosi catastrofico da rovinare il coinvolgimento.
I.A. : Intelligenza Assente
Gli sviluppatori sono celebri per la serie SOCOM e tale influenza sarà più che palpabile non appena inizierete a giocare. Il gameplay di Operation Raccoon City si basa sulle più classiche meccaniche degli sparatutto in terza persona: visuale alle spalle del protagonista selezionato, telecamera liberamente ruotabile, un tasto per la mira, uno per il fuoco e un attacco rapido per il corpo a corpo, utile da usare se circondati dai nemici. Non mancano naturalmente le ormai irrinunciabili features più in voga negli ultimi anni, come il sistema di coperture per ripararsi durante le sparatorie e lo spostamento della telecamera dietro le spalle non appena si passa alla modalità mira. Finalmente in Resident Evil si potrà sparare e avanzare contemporaneamente e addirittura sarà possibile afferrare i nemici e usarli come scudo.
Iniziando con la campagna principale, dovrete scegliere quattro tra i sei membri disponibili della squadra, uno controllato da voi, i restanti tre dalla CPU. Un party eterogeneo sarà essenziale per superare le numerose missioni disponibili: Wolf ad esempio è perfetta per le azioni d’assalto, come Bertha è indispensabile, essendo un medico, per la cura immediata durante gli scontri. Ottime sono anche le scelte di Vector, capace di mimetizzarsi, Spectre per fare fuori i cecchini in un attimo o Beltway per la sua forza. Ogni personaggio vanta un’arma principale e una di supporto: gli strumenti di morte che troverete livello dopo livello o che potrete acquistare grazie ai punti esperienza dopo ogni missione, spaziano dai classici fucili d’assalto ad ordigni più vivaci, utili per fare piazza pulita di nemici. Utilissime le granate, soprattutto quelle incendiarie e stordenti, per farvi largo nelle zone aperte e più affollate. Non dimenticate le singolari abilità di ogni singolo membro della squadra; potrebbe salvarvi la vita. Ogni missione comprende diversi obiettivi da portare a termine checkpoint dopo checkpoint. Sin dai primi istanti, verrete gettati nel bel mezzo dell’azione, dato che oltre a vedervela con zombie e creature di ogni sorta, ci saranno i militari da dover terminare, molto più furbi delle B.0.W. e che regalano quindi un’impronta lievemente più tattica a questa titolo.
Basteranno purtroppo pochi muniti (dopo essere scesi a patti con i controlli macchinosi e con la pessima scelta di dover tenere premuto lo stick analogico per attivare lo sprint per la corsa), per rendervi conto che la squadra siete praticamente solo voi. Il trio guidato dalla CPU mostra un’intelligenza artificiale a dir poco pietosa, capace di rovinare intere missioni a livelli di difficoltà interessanti. Va detto che già in modalità facile, il gioco si rivela decisamente impegnativo; se non sarà un’impresa ardua mettere k.o. da soli un’orda di zombie, sarà invece disperato il tentativo di abbattere anche i militari che si mescoleranno nello scenario già abbastanza affollato. In tutto questo non potrete impartire ordini alla squadra e più di una volta il team rimarrà impalato a fissare il vuoto, in balia degli eventi e in attesa che la morte sopraggiunga con estrema calma e comodità. Solo superando il checkpoint la squadra si materializzerà magicamente accanto a voi. Anche nelle missioni più semplici, il team si lancerà in battaglia sparando alla cieca, senza la minima strategia, immolandosi per la causa all’insegna del “O la và o la spacca”. Il culmine lo si raggiunge negli scontri con i nemici più letali, dove suderete freddo per minuti interi passando da punto A a punto B per rianimare i compagni feriti a morte (medico compreso!), in tutto questo cercando di non farvi ammazzare o contagiare.
Molto utili risultano dunque, oltre alle casse strapiene di proiettili, gli spray da primo soccorso, le storiche erbe verdi e l’antivirus, da recuperare e utilizzare il prima possibile, dato che , se contagiati, avrete pochissimo tempo prima di tramutarvi in zombie.
Dopo diverse ore, fatta eccezione per alcune boss fight interessanti (con tanto di fasi quick time event), la monotonia inizierà a regnare sovrana: spara, avanza fino al checkpoint, salva i compagni.
Non possiamo escludere una sana dose di divertimento, momenti intensi dove la fuga è l’unica soluzione e altri ancora dove l’ansia ci ha davvero colti alla sprovvista. Ma sono emozioni direttamente proporzionali al vostro grado di tolleranza nei confronti dei tanti limiti di questa campagna. Se sarete pazienti, potreste anche apprezzarlo più del dovuto.
Totalmente diverso e decisamente più frenetico l’approccio con l’esperienza multiplayer invece.
La possibilità di affidare a un cervello la sorte del nostro team rende l’intera esperienza avvincente e marcatamente tattica. La cooperativa permette naturalmente ad altri tre giocatori (amici o utenti) di partecipare e accompagnarvi durante l’intera campagna principale, rendendola totalmente diversa (vi consigliamo in effetti di iniziarla direttamente online).
Alla cooperativa si aggiungono ben quattro modalità versus: due squadre in campo dovranno destreggiarsi tra orde di zombie, proiettili e sfide a tempo. In Rischio Biologico dovrete raccogliere cinque campioni di virus per primi e in Deadmatch catturare la solita bandiera e c’è persino una modalità sopravvivenza dove sarà necessario prelevare membri e metterli in salvo su un elicottero. Infine la tanto pubblicizzata modalità Eroe: due squadre composte da buoni e cattivi storici della serie, come Ada Wong e Claire Redfiled. Nulla di rivoluzionario, s’intende, ma decisamente una manciata di ore e di divertimento in più da sommare a quelle della campagna in singolo.
Conclusioni
Premesso che ci aspettavamo decisamente di peggio, Resident Evil: Operation Raccoon City si rivela un’esperienza totalmente diversa e lontana anni luce dai tempi d’oro della serie, tutta atmosfera e tensione. In questo spin-off, l’azione senza respiro e pause di riflessione regna sovrana dall’inizio alla fine, alle volte purtroppo raggiungendo alti livelli di monotonia.
Sfortunatamente, la nuova veste ” frenetica e ignorante”, cosi tanto promossa e agognata da Capcom, a tal punto da essere disposta a stravolgere un brand leggendario senza intenzione di fermarsi nel nome del portafoglio gonfio, di certo non ha giovato a questo prodotto, penalizzato da personaggi stereotipati, un comparto grafico sotto la media e da un’intelligenza artificiale penosamente imbarazzante.
Il titolo potrebbe essere oggetto di interesse ( a prezzo budget o a noleggio) per gli amanti dell’esperienza multiplayer, dato che in compagnia l’approccio con questo titolo cambia radicalmente e in meglio per fortuna. La consigliamo sempre come ultima scelta, dato che nel vasto mare magnum degli sparatutto in terza persona, Operation Raccoon City fa davvero fatica a restare a galla. Che stiano alla larga naturalmente i puristi della “vecchia scuola” e gli appassionati della serie, dato che di Resident Evil questo prodotto vanta solo il nome e l’orrore si avverte solo quando si realizza che il brand ha interrotto una strada per seguirne un’altra zoppicando già dai primi passi. Ci auguriamo vivamente, ma senza sperarci troppo, che Capcom prenda atto di questo imbarazzante mezzo passo falso, dato che il 2 ottobre e Resident Evil 6 si avvicinano sempre di più.