“Chi vuol essere milionario?”, o prima ancora “miliardario”. Una domanda lunga più di un decennio, ormai, che si è insinuata nella nostra vita televisiva instaurando un nuovo modello di quiz, creando uno strano e semplice paradigma di divertimento intelligente del quale, ahinoi, si finisce per avere sempre troppa nostalgia. Quindici domande, ognuna con quattro risposte: l’apparente ombra di una trappola per una definizione, un gioco di parole capace di farci perdere il nostro assegno o di farci salire ancora un po’, accompagnati da tre ‘scialuppe di salvataggio’, i nostri aiuti, per quattro lettere, prime nell’alfabeto, capaci di fare la differenza tra la vittoria e la disfatta. Tante volte questo format è stato trasportato sulle nostre console o sui nostri computer: queste “Edizioni Speciali” si porranno come risposta definitiva? Vogliamo ‘accenderle’?

Dimenticare un’evoluzione In “Chi vuol essere miliardario? – Edizioni Speciali” ritroviamo, di nuovo, la classica e già citata formula: ogni partita si imposta come una riproposizione di una normale puntata dello show, con un concorrente che, dopo aver vinto la sfida del ‘dito più veloce’, deve farsi strada lungo una scalata di quindici domande, fino a raggiungere il tanto bramato milione, che sia di dollari, euro o sterline (il cambio della valuta è una delle impostazioni presenti). Ad accompagnare il giocatore troviamo un presentatore, il quale, una per volta, lo introdurrà alla domanda del turno di gioco, sostenendolo con uno sguardo rassicurante, fingendo timore per le risposte e rassicurandolo sulla totale disponibilità di tempo, avviso che dovrebbe essere in grado di farci restare calmi e concentrati sul nostro obiettivo. Sono presenti, come da copione, i tre aiuti: il ’50:50′ eliminerà due risposte sbagliate tra le quattro presenti, la ‘telefonata da casa’ ci fornirà un piccolo e forse incerto suggerimento su una risposta altrettanto incerta e l’aiuto del pubblico’ ci permetterà di osservare una percentuale di sicurezza che ci suggerirà il pubblico virtuale il quale, guardingo, presiede alla nostra avventura culturale. E’ possibile vincere tutto o perdere tutto, a meno che non si raggiunga uno dei due punti fermi, checkpoint presenti alla quinta e alla decima domanda, che fisseranno il montepremi raggiunto preservandolo da una nostra futura mossa incauta. Se la nostra memoria non ci inganna, tuttavia, nelle ultimissime edizioni di questo spettacolo globale erano stati aggiunti due nuovi elementi: il cambio della domanda e la possibilità di scegliere un proprio punto dove fissare la salvezza del proprio montepremi, esulando dai due normali ‘perni’ che il gioco ha sempre imposto. Questa evoluzione, purtroppo, è stata apparentemente trascurata, lasciando al giocatore soltanto la, pur funzionale, formula basilare. Sarà possibile affrontare la scalata al milione da soli o con la compagnia di quattro giocatori in locale: tuttavia, tutte le fasi di gioco (addirittura la competitiva fase del ‘dito più veloce’ – insensatamente presente anche nella partita in singolo) saranno giocate alternativamente; la scelta più intelligente sembra essere, quindi, l’imitazione della fruizione televisiva… La bellezza del chiamare i propri amici e di percorrere insieme una unica scalata verso il miliardo con un solo profilo giocatore!

Una opaca semplicità strutturale La presentazione e la struttura tecnica di queste “Edizioni Speciali” sembrano non distaccarsi eccessivamente dalle vecchie riproposizioni videoludiche di questo show. Lo studio di gioco ritorna, rappresentato nel dettaglio, gremito di un pubblico stereotipato nascosto nell’ombra; le interfacce, i movimenti delle luci, i colori bui e calmi: tutto riesce a richiamare perfettamente la intrigante atmosfera dello studio televisivo, come sempre è avvenuto. Un ulteriore passo nella costruzione della tensione sarà compiuto grazie alla leggendaria colonna sonora, da dieci e più anni sempre riconoscibile ed estremamente accattivante, pronta a scandire la nostra camminata come una compagna reattiva ed entusiasmante. Il giocatore, prima di iniziare, potrà scegliere di percorrere la normale via verso il milione con una serie di domande a tema misto o potrà utilizzare i pacchetti speciali (per ora disponibili quelli a tema musicale e calcistico) disponibili separatamente come DLC: ovviamente, la qualità delle domande può essere preventivamente selezionata, scegliendo se utilizzare un pacchetto da solo o mischiarlo ad altri, aumentando la varietà di gioco, correndo però il rischio di incappare in alcune domande troppo specifiche, che esulano, a volte, in modo eccessivo dal più comune concetto di ‘cultura generale’. Da ultimo è necessario menzionare la classifica dei punteggi online, e purtroppo solo per constatarne una curiosa “inutilità”: in un era dove quasi tutti hanno a disposizione Google sempre nelle proprie tasche, una classifica basata su un gioco culturale non potrà che finire per essere ‘deturpata’ da coloro che, computer alla mano, percorreranno la via verso il milione in un nanosecondo e, paradossalmente, senza rispondere a nessuna domanda, lasciando tutto in mano alla rete. Una modalità di gioco online, ahinoi, avrebbe davvero giovato: peccato che non ve ne sia la minima traccia.

La trascurata dimensione dell’appeal Basta fissare negli occhi il presentatore di questo nostro show ludico per capire subito che qualcosa non va. Basta, di nuovo, voltarsi, guardare la propria ludoteca e osservare, da lontano, una vecchia copia di “Chi vuol essere miliardario?” per essere attanagliati da una nostalgia che ha solo dell’oggettivo. Questo quiz, nelle menti di chi lo ha vissuto, più o meno fisicamente, in tutti questi anni è diventato un vero e proprio fenomeno culturale: è una parte della nostra vita, che ci piaccia o no ammetterlo, e quindi tutti i suoi aspetti, tutti i suoi infiniti dettagli si sono ormai introdotti nella nostra abitudine; una abitudine che, nonostante tutto, riesce a essere smossa solo con il rispetto di certe regole non scritte. Si storce il naso di fronte allo squilibrio evidente di alcune domande, mentre il presentatore insiste troppo spesso sulla nostra libertà di pensare all’infinito, per tutto il tempo che vogliamo: ma qui non siamo di fronte a un comune party game; si assiste a un tradimento delle logiche culturali stesse quando si guarda a dei sottotitoli (disattivati di default) tradotti con poco entusiasmo, al rimbombo inglese di una voce non familiare, mentre gli amici si voltano perchè poco presi, perchè l’impostazione di quelle voci di gioco non è convincente, affabile, ma è divoratrice di aspettative. La naturalezza di Gerry Scotti aveva reso intriganti tutte le vecchie versioni di questa riproposizione videoludica, e non si tratta dell’unico elemento malgestito: perfino la telefonata da casa, prima una vera telefonata mascherata a una persona inesistente (ma comunque capace di trasmettere qualcosa in un tentativo fasullo, ma estremamente apprezzabile, di emozione) e ora solo un insieme di grugniti, di muggiti sconsolati o di urletti correlati a immaginarie lampadine che si accendono, in un inaspettato colpo di genio. Per questo, in queste “Edizioni Speciali”, gli amici diventano l’essenza vera: il giocatore singolo non è accompagnato, è abbandonato a un simulacro con lo charme di una pagina di Wikipedia. E il sentimento di abbandono stride con una costruzione culturale tanto consolidata da farsi regina del gioco, più del gioco stesso: la vittoria di un divano in compagnia, la sconfitta di una sedia da gioco.

Conclusioni

“Chi vuol essere miliardario? – Edizioni Speciali” è un titolo affascinante per il suo essere la versione aggiornata di un ludo-format che vive, da anni, di grandi stile e fascino. La nostra esperienza e la voglia di compagnia, tuttavia, si rivelano ingredienti fin troppo necessari, in una ricetta che cerca di offrire una competitività per il singolo con una classifica poco sensata. Sono tutte sbavature importanti in una ricetta di base che resta, comunque, granitica ed estremamente efficace: forse il party game definitivo per il nostro cervello, ma la sua vita, purtroppo, è destinata a spegnersi qualora l’ossigeno di una stanza smetta di essere condiviso. Dovrebbero cambiare tutto, e mettere nello studio un divano, al posto della sedia: così assisteremmo a un esponenziale incremento di senso.

CI PIACE
- E' una interessante versione aggiornata di un gioco-show di culto!
\n- Tante domande disponibili e molte di più ne arriveranno
NON CI PIACE
- Discutibili scelte stilistiche
\n- Manca completamente di appeal "socio-culturale"
\n- Classifica dei punteggi insensata
6.5Cyberludus.com
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