Alzi la mano chi non era curioso di vedere cosa ne sarebbe uscito; per lo meno, lo faccia chi ha visto e apprezzato almeno una delle tre pellicole del celeberrimo Zemeckis. E ora? Eccolo qui, un autentico tuffo nel passato – è proprio il caso di dirlo – pronto a resuscitare una saga che, salvo il suo recente debutto in blue-ray, è rimasta praticamente “inviolata” per un intero ventennio, dopo l’uscita del terzo capitolo della trilogia cinematografica.
Grande Giove!
Non è la prima volta che nei videogiochi accade una cosa simile, ma di sicuro questa verrà ricordata tra le più emblematiche, riuscite e – soprattutto – fedeli all’opera originale a cui fa capo. Lo si può affermare con sfacciata tranquillità, dal momento che, sin dalle prime battute, Back To The Future: The Game, pur avendo semplicemente esordito con un singolo, primo episodio (in una saga che ne sarà composta da cinque), si presenta nel migliore dei modi: strettamente imparentata con le pellicole, originale, solida nelle meccaniche.
In effetti, a qualcuno sarà venuto da chiedersi cosa sarebbe successo ‘dopo’ (e mai la parola ‘dopo’ fu usata così impropriamente!) gli eventi narrati nei tre film. Back To The Future: The Game comincia col confonderci le idee, mostrandoci – attraverso un flash-back – come il primissimo esperimento effettuato da Marty e Doc (sì, quello nel parcheggio del drive-in) abbia avuto un esito non esattamente congruente a quello sperato: la DeLorean non torna nel famoso ‘minuto dopo’, e Doc svanisce nel nulla. L’unica speranza del giovane McFly è raccogliere indizi nel presente, cercare di capire in quale epoca lo svampito scienziato sia finito e trovare un modo per riportarlo sano e salvo nel futuro.
D’altro canto non potevamo aspettarci nient’altro che il meglio. Oltre che la garante firma di Telltale Games, dietro Back To The Future ci sono anche nomi di grande prestigio, come quello di Bob Gale, sceneggiatore della trilogia, e, nondimeno importanti, quelli di Christopher Lloyd (che presta voce e aspetto a Doc) e di Alan Silvestri, storico compositore musicale della serie. Michael J. Fox, dal canto suo, ha dato il via per una riproduzione tridimensionale di Marty, ma per ovvie ragioni (diversi anni fa l’attore fu colpito da una forma grave del morbo di Parkinson) la sua voce è stata rimpiazzata da quella di A.J. LoCascio, che – strano a dirsi – è vicinissima (per timbro ed espressività) all’originale.
Funziona! Ho inventato qualcosa che funziona!
Il prolisso e doveroso preambolo con cui abbiamo presentato Back To The Future: The Game è perfettamente funzionale alla sua natura in quanto videogioco. Telltale ha reincarnato l’opera di Zemeckis in un punta e clicca di stampo piuttosto classico, in cui però si respira tutta la dinamicità rocambolesca e l’atmosfera disorientante che avevano reso il primo film un vero capolavoro. Le scene non mancano di citazioni, personaggi, ambienti assolutamente familiari: tutti elementi che, coesi tra loro, contribuiscono a ricreare fedelmente Hill Valley e tutti gli eventi che la coinvolgono (in passato, presente e futuro). Per tutta la durata del primo episodio vestiremo i panni di Marty e, per ragioni che non stiamo qui a svelarvi, ci ritroveremo a dover collaborare con un Emmett Brown appena diciassettenne, attraverso una serie di enigmi paralleli delle nature più svariate: da quelli basati sui dialoghi (vivaci ed esilaranti, tra l’altro), al semplice uso dell’oggetto giusto nel posto giusto, all’esecuzione di determinate azioni in un ordine particolare. Il gameplay si basa, dunque, su nulla di particolarmente trascendentale; tra l’altro, ciascun enigma è indipendente dall’altro – nel senso che la risoluzione di un particolare enigma non è mai propedeutica a quella di un altro, se non successivo – e questo rende impossibile che si creino situazioni realmente complesse o problematiche; a questo si aggiunge una scarsa quantità di ambienti esplorabili, spesso privi di grande interattività. Ciononostante, la qualità insita nelle singole situazioni da affrontare, combinata alla loro varietà e al modo in cui esse sono state integrate nel gioco, non può che costringere a chiudere un occhio sulla loro relativa semplicità (probabilmente dedita ad abbracciare una maggior quantità di utenti). Difatti, i principali pregi di Back To The Future sono la regia di cui ha goduto e la fedeltà che esso professa ai film a cui è ispirato; gli enigmi stessi, nella loro (naturale) meccanicità vi divertiranno quanto le cinematiche: è qualcosa che raramente si vede, in un’avventura grafica. Tutto, dal punto di vista stilistico, brilla estrosamente: dalla scelta delle inquadrature, alle gag, alle singole battute dei personaggi, alla loro stessa realizzazione grafica.
L’unica critica che ci sentiamo di muovere seriamente a It’s About Time è da imputarsi ad un piccolo bug che impedisce l’attivazione di uno script (nella Soup Kitchen) indispensabile per proseguire nel gioco: siamo riusciti ad attivarlo gironzolando per la stanza in lungo e in largo, ma per accorgercene abbiamo impiegato mezz’ora!
Conclusioni
C’è ben poco d’altro da dire, anche perché, in realtà, It’s About Time (questo il nome del primo episodio) non dura più di un paio d’ore. Si tratta di due ore intense, ma pur sempre due. Tuttavia, è anche vero che poco tempo ci separa dall’uscita di Get Tennen!, che, considerando la celebre puntualità di Telltale, sarà su tutti gli scaffali digitali entro la fine di febbraio. Le premesse per una saga originale e memorabile, nonché degna dei suoi predecessori (sia di licenza, che di sviluppo), ci sono tutte: It’s About Time, nel frattempo, è una delle migliori cose che vi possano capitare tra le mani, specialmente se, oltre ad essere fan della saga, apprezzate il genere dei punta e clicca. Insomma, “siamo sul pesante!”.