Ho sicuramente fatto un errore di valutazione quando mi son ritrovato per la prima volta di fronte a Old World (precedentemente conosciuto con il titolo di 10 Crowns), ritenendolo una mera copia di quello che senza ombra di dubbio è il mio gioco preferito di sempre, ovvero quel Sid Meier’s Civilization VI che, praticamente in modo unanime, è considerato vero e proprio benchmark per chiunque voglia misurarsi con il genere delle 4 X. Non a caso questo sarà il titolo che utilizzerò costantemente come metro di paragone durante la disamina di un gioco che, alla fine, si è rivelato qualcosa in più.
Probabilmente il mio è un errore nel quale sarebbe potuto incappare chiunque, vuoi per un aspetto significativamente simile, vuoi per un gameplay a esagoni che non lascia spazio a dubbi sulla fonte di ispirazione, vuoi per l’ambientazione genuinamente storica, ma soprattutto a causa del curriculum vitae di un certo Soren Johnson, già co-designer di Civilization III e lead designer di Civilization IV, dal 2013 uno dei fondatori di Mohawk Games, casa che ha curato lo sviluppo dell’oggetto della nostra recensione.
Tuttavia è bastata davvero una manciata di turni per farmi ricredere sulla personalità e sul carattere di un prodotto che, nonostante abbia ancora tutto da dimostrare, si è rivelato molto più di un semplice “more of the same” rispetto al titolo Firaxis, al quale certamente si ispira ma ne rielabora i concetti in modo totalmente nuovo e interessante.

Una semplice variazione sul tema?

Innanzitutto c’è da dire che Old World è un gioco che vira pesantemente sulla componente economica.
Laddove le dinamiche proprie del gioco di Sid Meier portino spesso a scontri militari tra fazioni nelle fasi più avanzate della partita, il fulcro del titolo di Mohawk Games pone l’accento sul recupero, sulla lavorazione e sullo scambio di risorse, un meccanismo da governare necessariamente pena il game over prematuro, una differenza che però si configura come una piccola modifica degli equilibri di gioco che in alcun modo farà sentire spaesato l’appassionato del genere.
Infatti sono presenti più o meno gli stessi tipi di risorse e gli stessi tipi di miglioramenti a cui siamo abituati, tanto per le materie prime quanto per gli elementi sovrastrutturali: per quanto riguarda le prime le miniere permetteranno lo sfruttamento del metallo, le fattorie e i pascoli quello del cibo, le caselle con le foreste permetteranno l’approvvigionamento di legname e così via; per quanto riguarda le seconde la costruzione di templi o edifici particolari permetterà l’acquisizione di punti cultura il cui funzionamento appare non dissimile a quanto visto nella serie di Sid Meier, così come i miglioramenti militari permetteranno di accrescere il serbatoio di punti “training” che concederanno al giocatore di spremere le potenzialità delle proprie unità esplorative e militari, consentendone anche la promozione e le conseguenti migliorie prestazionali.

Anche per quel che concerne l’interfaccia ci troviamo di fronte a un prodotto che restituisce un forte senso di familiarità. Chiunque abbia giocato ad almeno un titolo della serie di Civilization saprà benissimo dove e come reperire le informazioni a schermo al fine di gestire la grande quantità di variabili che Old World mette a disposizione. Purtroppo l’impressione è quella di una rifinitura leggermente più spartana ma è bene non considerare molto questi aspetti di “finitura” come definitivi, soprattutto alla luce del fatto che ci troviamo di fronte a un titolo in “Early Access”, seppur completo e godibile in ogni suo aspetto.

Le dinastie e gli affari di famiglia

Ma è nelle novità e nelle differenze rispetto al canone che si celano i reali aspetti di forza dell’intera produzione.
Una volta fondato il vostro impero – scegliendo il vostro capofazione da un roster di sette civiltà antiche, forse un po’ poche, ma ognuna con la propria peculiarità a livello di gameplay – vi renderete conto di quanto diverso sia rispetto a un qualsiasi Civilization: innanzitutto non ci sarà un leader che governerà per svariati millenni e per il quale sarà necessaria la sospensione dell’incredulità per poterne godere a pieno, bensì una dinastia che andrà tutelata anche in termini di discendenza. Ogni turno equivale a un anno, e lo scorrere del tempo determinerà la maturazione, l’invecchiamento e la dipartita dei sovrani che si susseguiranno. Quest’ultimo aspetto rimanda molto da vicino quanto offerto dalla serie Crusader Kings di Paradox, ma in Old World è implementato in modo decisamente particolare, quasi narrativo, mettendovi di fronte scelte che ricadranno pesantemente sui turni successivi: sarete chiamati a decidere una buona quantità di cose, dalle persone da sposare alle promozioni dei generali, dal tipo di educazione della vostra prole alla nomina di un erede, passando attraverso una serie di aspirazioni da soddisfare.

I sovrani che si succederanno al trono avranno i loro personalissimi tratti di partenza a cui si aggiungeranno altri che svilupperanno durante il corso della loro relativamente breve vita: se liberare i prigionieri civili di un accampamento barbaro appena distrutto vi permetterà, oltre a ottenere il titolo di “Magnanimo”, di ricevere punti considerazione utili alle relazioni diplomatiche, vi farà contemporaneamente perdere punti “legittimità” agli occhi della propria nazione e del proprio entourage più belligerante e incline alla sottomissione dei nemici. Questa scelta caratterizzerà in maniera irreversibile la vita del personaggio che in quel momento si troverà a regnare, un aspetto che va a rafforzare la componente narrativa in modo realmente sorprendente.
L’impressione è che la buona – ma non miracolosa – intelligenza artificiale, unita a tutte queste peculiarità in termini di gameplay, riesca anche ad aumentare l’imprevedibilità delle partite, senza che l’aggiunta di queste variabili intacchino l’immediatezza più del dovuto.

Un prodotto decisamente ben bilanciato dunque, le basi canoniche vengono sapientemente mixate con una serie di aggiunte nelle meccaniche di gioco, ben implementate e mai eccessive e che sicuramente farà la gioia degli appassionati di strategia.

La bellezza della storia

Il gioco di Mohawk Games è un prodotto innegabilmente ben sviluppato anche dal punto di vista grafico. Le mappe e le unità, benchè mutuino più di un elemento dalla serie Firaxis, risultano sempre ben leggibili, anche quando gli elementi cominciano ad affollare la mappa, senza lesinare su una quantità di dettagli che rende decisamente piacevole il colpo d’occhio. Il prezzo da pagare per cotanta lussuria visiva è rappresentato da una discreta pesantezza in termini di richieste hardware, abbordabilissime sulla carta ma che, all’incremento dei dettagli nelle impostazioni, vedono un parallelo aumento di “fame” di risorse: consigliamo caldamente di non scendere sotto gli 8 GB di RAM nonostante bastino 4 per farlo girare, e di dotarvi di una scheda video con almeno 2 GB di VRAM, preferibilmente di fascia media. Stare al di sotto di questa configurazione significa comunque poter godere, anche se con difficoltà, un gameplay che di certo non richiede un numero alto e stabile di fps per essere apprezzato, ma è pur sempre snervante doversi muovere su una mappa scattosa quando le unità e le città cominciano a superare la ventina. E succederà, credetemi…

Artisticamente ci troviamo di fronte a un lavoro piuttosto anonimo. Procedendo con il solito paragone con il suo più illustre competitor, scordatevi quel tipo di caratterizzazione che contraddistingue i protagonisti della serie Civilization, in Old World i ritratti dei leader sono piuttosto anonimi, alcuni neanche bellissimi da vedere, mentre la colonna sonora (composta prevalentemente da temi classici e fanfare) alterna tracce piacevoli, in grado di donare spessore al momento ludico, ad altre assolutamente dimenticabili. Scordatevi dunque pure Christopher Tin insomma, ma qui il paragone è davvero impari.

Concludendo…

Old World è un gioco decisamente interessante, in grado di dire la sua nonostante le notevoli similitudini in superficie che intercorrono con il gioco di Firaxis. Al suo interno nasconde un’anima maggiormente orientata al controllo delle risorse economiche, sapientemente miscelata a un aspetto narrativo in grado di regalare un certo peso alle scelte operate in nome dei reggenti del vostro impero, con tutte le ovvie ricadute sul fattore rigiocabilità, già oggi mostruosamente alta. Non va dimenticato neanche il notevole impatto grafico che una produzione relativamente piccola è stata in grado di mettere in piedi.
D’altro canto esistono delle piccole imperfezioni, a partire da un lato artistico non ispiratissimo e da una certa pesantezza del motore di gioco (probabilmente causata da una scarsa ottimizzazione dell’engine), passando per un’interfaccia sì leggibile, ma spartana e poco accattivante. Nulla che però non può essere limato, migliorato, perfezionato prima del completamento del titolo che, è bene ricordare ancora una volta, ora è in Early Access.
Il gioco è completamente in inglese è consigliato masticarlo a dovere per godere a pieno i numerosi testi che interesseranno le vostre sessioni di gioco.

Perfettibile ma assolutamente consigliato.

2 Commenti

    • Ciao, innanzitutto sono felice ti sia piaciuto l’articolo. Per quanto riguarda una possibile conversione sappiamo che non è stata annunciata altra versione che quella per PC (ad oggi un’esclusiva dello store di Epic). In caso di novità lo faremo sapere sulla nostra pagina.

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