È bello, una volta tanto, ritrovarsi di fronte ad un prodotto che non tratta i propri acquirenti come completi imbecilli. In un’epoca in cui a farla da padrone sono le vite infinite, l’impossibilità di Game Over, i tutorial onnipresenti ed un level-design che guida il giocatore con il cucchiaino, completamente a sorpresa spunta fuori questo The Witness. Lo sviluppo travagliato – del resto, i lavori sono proseguiti per più di mezzo decennio – aveva acceso più di qualche campanello d’allarme, ma con il pacchetto completo davanti agli occhi, possiamo già confermarvi come ogni dubbio sia stato letteralmente spazzato via. Non solo ci troviamo di fronte ad un puzzle-game di elevatissima qualità, proprio ciò che ci si aspettava da una mente illuminata del calibro di Jonathan Blow, ma basterà anche solo un’ora di esplorazione per capire che “elevatissima qualità” è anche solo un eufemismo.

Parole di tempi andati

Partiamo da un presupposto: The Witness non parla. A meno che non si tratti dei rari audiolog nascosti nei luoghi più disparati, la nuova creazione di Blow non fa assolutamente nulla per “farsi piacere” ai più. Non ha un menù, non ha un addestramento, non ha indicazioni, né obiettivi né qualunque altra cosa possa farvi vagamente capire cosa stia accadendo, chi impersoniamo e – soprattutto – quale sia il nostro scopo finale. The Witness premia il piacere della scoperta in un modo assolutamente innovativo; l’isola che fa da sfondo all’intero gioco non ha strade predefinite o barriere di alcun genere (a parte, ovviamente, il mare) e non costringe nessuno a seguire un unico percorso. Può sembrare strano, ma anche già solo svelare di cosa tratta, o di che tipologia siano gli enigmi che andremo a risolvere, è considerabile “spoiler”. Anche perchè, come dicevamo, fa della “non-comunicazione” il suo perno portante, e del trial&error l’unico metodo per raggiungere qualche risultato. Vi anticipiamo che, in linea di massima, tutto ruoterà attorno queste griglie touch-screen in cui, per proseguire, dovremmo trovare il giusto percorso. Il come farlo, starà totalmente a noi: guardarsi attorno, cercare indizi vicini, aguzzare vista ed ingegno sono le basi per non uscirne continuamente sconfitti. Segni particolari, disegni ricorrenti, strane ombre e coincidenze fin troppo palesi possono essere i primi di una lunga serie di “consigli”; consigli che, per una volta, non vengono dati da alcuna voce fuori campo o da una comoda didascalia a schermo, ma dallo stesso ambiente circostante. Ogni angolo, ogni centimetro di mappa nasconde un rompicapo – che, spesso, faticheremo persino a riconoscere come tale – e le varie risoluzioni sono tanto fantasiose quanto geniali. Nonostante il succo sia sempre quello di interagire con il medesimo sistema a griglie, è incredibile notarne la varietà intrinseca e il come raggiungere la (spesso sudata) soluzione si traduca in voli cerebrali assolutamente da non sottovalutare. Osservazione, materia grigia e intuito: il modo in cui questi tre fattori si mescolano ha davvero dell’incredibile.

Cervello che suda

Un parere soggettivo? The Witness è duro, come la roccia. E, chiaramente, non se ne preoccupa neanche un po’. E’ palesemente progettato così, per farsi odiare, per costringerti a spremere le meningi anche per giorni interi su un solo puzzle e, perchè no, per farci arrendere e fuggire con la coda tra le gambe. Ed è proprio adesso che ringraziamo la sua estensione, il fatto che non esista alcun vicolo chiuso e che ogni enigma irrisolto potrà essere momentaneamente accantonato per passare ad altro. Ironicamente, è proprio il “passare ad altro” che spesso si tradurrà in un’inaspettata vittoria; non solo allontanarsi da un ostacolo insormontabile ci aiuterà a liberare la mente, ma indizi sulla sua risoluzione potrebbero anche essere nascosti dall’altro capo dell’isola. Chi lo sa dove potremmo essere colpiti da una folgorante illuminazione? C’è anche da precisare come l’ambiente di gioco sia tutt’altro che ampio e dispersivo; è un mondo aperto, vero, ma non aspettatevi la grandezza di un GTA o Just Cause. L’isola di The Witness, più che per estensione, sorprende per densità. Correre da un capo all’altro dello “scoglio” potrebbe non richiedere più di tre o quattro minuti, ma sarà davvero raro fare anche solo due passi senza incappare in qualche mistero da risolvere. Senza considerare che buona parte della sua estensione è nascosta nel sottosuolo o ai piani più alti. La sua durata? Impossibile sancirne una precisa. Mai come prima d’ora, la bravura del giocatore è arrivata a modificare così tanto la lunghezza di un normale play-through. Tra l’altro, il 100% non è segnalato in alcun modo, ed è anche possibilissimo essere convinti di aver risolto tutto il risolvibile, per poi scoprire casualmente un mondo nuovo ed immacolato in cui immergersi per qualche altro giorno. Mediamente, comunque, è legittimo credere che possano servire tra le 40 e le 50 ore. Come dicevamo, però, prendete i numeri con le pinze, perchè strettamente personali. Ai giocatori più smaliziati potrebbero bastare anche 20 ore, mentre chi faticherà ad entrare nella sua ottica potrebbe restare incastrato anche per 50, 100 o 200 ore. La possibilità di non vederla mai, una fine, è comunque altrettanto forte.

Bravo e bello

Graficamente, siamo di fronte ad un prodotto ben impacchettato. Non eccezionale, ma comunque ben impacchettato. Il comparto artistico essenziale e dai colori saturi colpisce nel segno, e riesce a farci chiudere un occhio anche sulla draw-distance irrealisticamente nitida, su texture in bassa definizione, qualche sporadico pop-up e soprattutto ombre in bassa definizione. Niente su cui non si possa sorvolare, tranne in quei casi in cui sono proprio alcuni limiti tecnici a rendere più difficili le risoluzioni degli enigmi, proprio come quelli basati sulla forma e la posizione delle ombre. Per il resto, fila tutto abbastanza liscio, anche sull’aspetto del frame-rate. Molti altri difetti, come riflessi eccessivamente nitidi sugli specchi d’acqua, non sono neanche considerabili tali. The Witness mette la funzionalità prima di ogni tipo di realismo, e proseguendo con l’avventura non sarà raro ricredersi su piccole sviste che, in realtà, erano lì per un motivo preciso.

Concludendo…

Se non fosse già abbastanza chiaro, lo ribadiamo una volta per tutte. The Witness è un capolavoro: geniale, fantasioso, fresco, vario, appassionante, carico d’atmosfera, visionario. L’unico problema è che, prima o poi, deve pur sempre finire. Il senso di tristezza e di vuotezza raggiunto dopo decine di ore di sacrifici è senza pari, e questa – per lo sviluppatore – non può che essere una grande vittoria. L’amore per la qualità lo si legge in ogni anfratto, in ogni griglia, in ogni trovata, e il fatto che The Witness stia vendendo abbastanza da permettere a Blow di mettersi nuovamente al lavoro, ci fa tirare un sospiro di sollievo. Il mondo dei videogiochi, dopotutto, è un posto migliore anche grazie a persone come lui. Non adatto a tutti, ma consigliatissimo a chiunque ami mettersi alla prova con sfide uniche, impegnative e sempre sorprendenti. A patto che riusciate a sorvolare su un prezzo (40 Euro) non propriamente in linea con il panorama indipendente.

CI PIACE
  • Ingegnoso e incredibilmente fantasioso
  • Decine e decine di ore di enigmi
  • Comparto artistico ispiratissimo
NON CI PIACE
  • Prezzo di lancio un po’ alto
  • Per qualcuno, potrebbe essere fin troppo difficile
Conclusioni

Non adatto a tutti, ma consigliatissimo a chiunque ami mettersi alla prova con sfide uniche, impegnative e sempre sorprendenti.

9Cyberludus.com

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