Nato negli studi di Swordtales, Toren è un “indie” da poco disponibile su PC e PS4 e proveniente da una terra difficile ma ricca di storia, il Brasile… Da ciò ne consegue un titolo dalle atmosfere particolari, diremmo “mistiche”, e per questo dall’impatto emotivo che può variare di giocatore in giocatore. Tuttavia, c’è una premessa da fare: si può giudicare un gioco come Toren soltanto se si è disposti ad approfondire la sua storia e coglierne i messaggi più reconditi. Essendo nel complesso tutto fortemente soggettivo, da qui in avanti l’uso della prima persona singolare è d’obbligo.

Vieni, figlia dell’uomo

La storia di Toren comincia con l’introduzione della protagonista, una ragazza nota come Moonchild, alle prese con un drago malvagio. Dallo scontro mostratoci nel filmato introduttivo la ragazzina ne esce sconfitta… almeno in apparenza, perché subito dopo entriamo in scena noi, nei panni della protagonista quando ancora in fasce. Un salto all’indietro, pensereste, eppure sappiate una cosa: in Toren lo scorrere del tempo non esiste, o meglio, non si percepisce; semplicemente, tutto è nel caos e l’umanità è stata spazzata via da un Male supremo e, con essa, anche il tempo per come lo intendiamo normalmente. Ecco, una cosa che mi ha colpito di questo coraggioso indie è che fino alla fine ho avuto soltanto “sensazioni”, intuizioni (non so ancora se corrette o meno) e dubbi, questi parecchi. Proprio perché tutto è intriso di un tale alone di mistero e misticismo da farmi pensare che potesse essere persino casuale, non voluto; ma che, per quanto mi riguarda, ha funzionato.

Nel momento in cui prenderete le redini del gioco (o sarà il gioco ad impossessarvi di voi, punti di vista), vedrete come l’obiettivo sarà quello di risalire in cima ad una torre, Toren appunto, per far sì che la piccola Moonchild, attraverso svariate prove da superare, riconquisti la libertà, sconfiggendo (ancora una volta?) il drago malvagio. Ma libertà di cosa? Direi la libertà di scelta, offerta da colui che nel frattempo vi seguirà per tutto il “viaggio”: un vecchio saggio e stregone, nonché guardiano della torre. Egli comunicherà con la ragazza per mezzo di visioni e sogni, vere e proprie esperienze oniriche, ciascuna delle quali con significati precisi.

E’ tutto così apparentemente confusionario: una torre, un drago, un vecchio saggio, una ragazza pura e innocente, il tempo sprofondato nel caos? eppure qualcosa, pian piano, comincia comunque a quadrare. Il vecchio stregone, proprio nella fase introduttiva, è stato il primo a darmi un indizio: la torre, o meglio Toren, era stata costruita in un tempo imprecisato dall’Uomo come dimostrazione di forza, un modo per sentirsi al pari con Dio. Per questo motivo l’umanità è stata punita e condannata a dissolversi nel caos. Che sia forse un rimando alla “metafora” presente nella leggenda della Torre di Babele? A modo suo sì, potrebbe?

Al centro di Toren poi, al suo interno, vi è un albero, il cui seme viene piantato (ripiantato?) dalla ragazza ad inizio gioco: questo è l’albero della Vita. Nel corso della storia, come vi ho anticipato, bisogna risalire la torre; ciò, di fatto, comporta il dover risalire lungo l’albero della Vita; e un albero, come ben sapete, non cresce velocemente, ci vuole un po’ di pazienza. Ecco quindi che, con l’avanzare nella storia, la ragazzina diventa di pari passo più matura e consapevole; un’immagine, questa, che ho apprezzato e sulla quale si potrebbe discutere ore ed ore?

Quindi, ricapitolando, abbiamo: una ragazzina, nota come Moonchild, che deve risalire in cima ad una torre, Toren, all’interno della quale cresce l’albero della Vita. Nel frattempo ci saranno un drago da una parte, che rappresenta il Male da sconfiggere, e un vecchio stregone canuto dall’altra; egli rappresenta la via del Bene, rendendosi al contempo promotore della Libertà, tanto personale quanto universale.

Al termine di questo breve riepilogo introduttivo sono costretto a fermarmi qui, sperando di aver reso l’idea di come si presenta Toren: apparentemente confusionario all’inizio ma, via via, sempre più chiarificatore (o quasi) una volta assemblati i pezzi iniziali. Inoltre voglio aggiungere un particolare, che tanto particolare non è: dovendomi fermare qui, per evitare di innescare spoiler ingiusti sulla trama, ammetto che potreste aver avuto l’idea di un titolo banale, intriso di cliché arcinoti (il Bene contro il Male). In realtà, e qui potete solo fidarvi, non credo basti una singola sessione di gioco (dalla durata di circa due ore) per carpirne tutti i significati; oltretutto c’è un personaggio che non ho citato volutamente, poiché parecchio influente ai fini della (semi)comprensione finale. Non vi nego, comunque, che sto trovando difficoltà nel descrivervi il gioco rispettando la forma tipica delle nostre recensioni?

Ciò che senz’altro mi sento di dirvi è che toccherà a voi, se mai giocherete a Toren, portarlo a termine facendovi un’idea vostra, intima, che potrebbe farvi riflettere su temi e pensieri già avuti in passato o che avrete nel futuro prossimo. Ho vissuto questo piccolo indie come un vero e proprio viaggio introspettivo, soprattutto nelle fasi di dialogo con il vecchio stregone, che pian piano svela i suoi piani attraverso sogni e visioni, che richiamano a sé valori e virtù quali Pietà e Giustizia. Persino i titoli di coda mi hanno spinto a riflettere, grazie alla presenza di illustrazioni emblematiche e in linea con il concetto di “ciclicità” degli eventi nel nostro Mondo, forse anche nell’Universo. “Chi o cosa rappresenta la ragazza?”: anche questa è una domanda dalla risposta non proprio scontata. Dipende. Dipende dallo spirito con il quale si affronta un titolo di questo tipo, che non penso proprio si debba giudicare per la grafica o per lo stile di combattimento, giusto per citare elementi che considero di assoluto contorno. Piuttosto, Toren fa della simbologia il suo cuore pulsante e basta questo per far passare tutto il resto in secondo piano.

E’ contro chi lotti ciò che conta

Partendo dal gameplay, per esempio, Toren non brilla certo per varietà o precisione dei comandi quando saltiamo o attacchiamo i nemici che popolano la torre e i sogni della protagonista (minuscole creature demoniache dall’aspetto alquanto anonimo). L’unica arma a nostra disposizione è una spada, la stessa che useremo per affrontare l’onnipresente drago durante alcuni scontri di intermezzo, prima di quello conclusivo. Nelle fasi di “esplorazione”, invece, il gioco ci pone di fronte a semplici puzzle da risolvere per avanzare nella storia. Le fasi “platform” si presentano maggiormente nel corso dei sogni, corrispondenti a luoghi spirituali completamente diversi tra loro, con “piattaforme” sospese nel vuoto e affini. Per il resto, Toren ha una struttura piuttosto semplice e lineare, che si sviluppa sia in verticale che in orizzontale.

Arte educativa

Dal punto di vista artistico, anche in questo caso entra fortemente in gioco il fattore soggettivo: Toren alterna mondi onirici e paradisiaci ad altri più oscuri e ricchi (metaforicamente piuttosto che fisicamente) di insidie, di demoni invisibili e di occhi che scrutano da lontano, immersi nell’ombra. L’intero mondo di gioco è realizzato con uno stile unico, ricco di colori e scorci panoramici, a tratti davvero ispirati. Le scelte artistiche particolari conferiscono al gioco una certa personalità, rischiando magari di sembrare fin troppo surreali. Tuttavia, l’aver osato è un merito che va riconosciuto a questo piccolo team che risponde al nome di Swordtales, senz’altro più coraggioso di ben altri più blasonati, interessati ormai a monetizzare piuttosto che ad emozionare. E titoli catalogati come “indie”, vedi “Gone Home” o “Dear Esther” (due titoli che ho amato profondamente), hanno dimostrato come ciò che conta realmente, per rendere “tripla A” un gioco, sono esclusivamente passione e fantasia.

Una nota dolente riguarda i dialoghi, in quanto purtroppo manca completamente il doppiaggio in italiano, sia nei sottotitoli che nel parlato; il che rende Toren pressoché inaccessibile a chi non mastica bene l’inglese.

Concludendo

In conclusione, definisco Toren un’esperienza dai molteplici volti e significati, che potreste amare o odiare profondamente, con davvero poche vie di mezzo. E’ vero, non è affatto perfetto, ma i difetti che minano in parte la giocabilità li colloco in secondo piano. Consiglio a prescindere di giocarlo perché reputo abbia un modo tutto suo di farvi recepire il messaggio. Il fatto che al termine della storia abbia ripercorso con la mente alcuni eventi per tentare di creare un filo conduttore e darne un senso logico, mi spinge ad assegnare a questo piccolo indie un voto che va oltre la sufficienza. Inoltre, il finale è stato piuttosto sorprendente e ha saputo regalarmi, con una certa eleganza, emozioni sincere. Mi spiace, però, poterlo consigliare soltanto a coloro che conoscono un minimo la lingua inglese.

CI PIACE
+ Valore artistico notevole\n+ Mi ha trasmesso emozioni, anche contrastanti tra loro\n+ Per alcuni potrebbe risultare troppo semplice, ma la semplicità spesso è un valore aggiunto
NON CI PIACE
- Nessun supporto alla lingua italiana\n- Dura solo 2 ore, ma non è detto che bastino per comprendere a fondo il gioco
Conclusioni
Toren è un piccolo indie che amerete o odierete senza mezze misure. Un'esperienza originale e poetica, che vi porterà a riflettere su temi profondi con una certa eleganza.
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Ho iniziato con una Amiga 500. Da allora non ho più smesso.